Prefazione
Sento una forte emozione nel presentare questo libro su Dante, il dispatriato o l’esiliato più celebre del nostro paese, perché moltissimi italiani, fra i quali annovero anche me stesso, hanno lasciato la loro patria, spinti dal bisogno, oppure sono stati costretti all’esilio per ragioni politiche, come indesiderati o perseguitati.
Alla fine del libro l’autore ci ha messo un lungo elenco, sia pure indicativo e non esaustivo, di personalità dell’arte, della letteratura, della musica, della scienza o della politica che hanno subito il dolore dell’esilio. Eppure, hanno saputo sublimare questo dolore e questa sofferenza della lontananza o della estradizione con un lavoro creativo, con la maturazione di pensieri, poesie, romanzi, opere musicali o artistiche che traggono, proprio da questa sofferenza, lo stimolo per raggiungere una profondità struggente e imperitura. Dante è solo la punta più alta di questa elaborazione del lutto, come dicono gli psicoanalisti, restituendo in forma di messaggio d’amore patrio, di fraternità universale e di intelligenza critica dei fatti e delle persone, commisurandole con il metro della storia e dell’eternità.
La mia stessa esperienza è quella di un espatriato dalla mia terra natale per poter dare alla mia vita una prospettiva dignitosa e creativa, libera dai vincoli secolari di povertà e marginalizzazione nei quali molta nostra gente, soprattutto del sud, si trova prigioniera. Ma è proprio questa condizione di necessità che mi ha dato una motivazione così forte, determinata e tenace, da riuscire a superare grandi sacrifici, con umiltà e paziente progressione, fino a raggiungere e realizzare il mio sogno, per il quale ora opero con grande soddisfazione umana e professionale. Non solo: ho cercato di dare un contributo, con la Fondazione Filitalia, a diffondere il sentimento di amore per la patria di origine, come dice la parola stessa, quasi con la stessa intuizione che ebbero i pellegrini di Campanius e di Penn, i quali, espatriati dall’Europa della miseria, della peste e delle guerre di religione e giunti in questo paese di adozione, diedero al loro primo insediamento il nome di Filadelfia, che in greco antico significa “amore di fratelli”, così come Filitalia significa “amore per l’Italia” e i miei fratelli di questo meraviglioso paese.
È ad esso e a tutti gli italiani che dedico questo libro, scritto con grande profondità letteraria e religiosa dal teologo e filosofo Romano Toppan, ed esprimo la mia stima per i fratelli Carlo e Andrea Mazzanti, che con coraggio hanno saputo mettere a disposizione la loro casa editrice per un’opera che non ha nulla di ammiccante alle mode e ai giochi di prestigio letterari così spesso fasulli, ma fa molto riflettere.
È un caso fortuito che questa pubblicazione avvenga all’indomani di una grande sofferenza mondiale dovuta alla pandemia, ma il suo tema di fondo ci dice che la vera essenza della nostra vita è come quella di Dante, un pellegrino che considera l’esilio e il dolore come motivo di fraternità universale e di riflessione del cuore e dell’intelligenza, che spesso dimentichiamo travolti dall’euforia effimera di miti e di egoismi accaniti e pomposi.
Dott. Prof. Pasquale Fabrizio Nestico
Fondatore e Presidente della FILITALIA INTERNATIONAL FOUNDATION
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