l profeta della deportazione e del canto dell’esiliato
Jacques Attali ammira questo profeta: “Ezechiele è il primo dei profeti dell’esilio, il primo a esprimere in una lingua semplice la speranza possibile: il primo a indicare il cammino del ritorno e della libertà” 1.
A 25 anni fu deportato con sua moglie in Babilonia insieme al re Geoconia e a circa 7000 uomini dopo la seconda occupazione della città da parte di Nabucodonosor (2Re 24,10-17). I deportati furono sistemati in un campo di concentramento presso il canale Chebar come addetti ai lavori agricoli; il campo era chiamato «Tel-Aviv» (collina delle messi) come più tardi sarà chiamata la capitale dello stato di Israele (Ez 3,15): prime prove di lager già oltre duemila anni fa.
Ed è a Babilonia che cominciò la sua vocazione di profeta. È di questa deportazione il celebre canto “va pensiero”, che era cantato in Italia dai patrioti del risorgimento come canto di tutti gli italiani che erano ancora senza una patria libera e unita.
Il Salmo 137 2 riporta questa struggente poesia di dolore per la patria perduta, un vero e proprio canto degli esiliati:
“Sui fiumi di Babilonia,
là sedevamo piangendo
al ricordo di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
canzoni di gioia, i nostri oppressori:
«Cantateci i canti di Sion!».
4Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
5Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
6mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Il poeta Quasimodo ha scritto una stupenda poesia 3 ispirata al testo del profeta Ezechiele: “Farò cessare le tue armoniose canzoni né s’udrà più il suono delle tue cetre”:
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento
Testimone degli orrori della Seconda guerra mondiale, in particolare del massacro dei civili sotto i bombardamenti e della violenza nazifascista, soprattutto contro gli ebrei con la Shoah, il poeta si sente partecipe della sofferenza di tutti gli uomini e, spinto dalla pietà, cerca di ricomporre i frammenti di un’umanità e di una civiltà offese e distrutte dalla violenza, nella speranza che dopo tanto orrore possa rinascere una nuova patria libera.
Profeta e sceneggiatore
Nel rappresentare la presenza di Dio e gli eventi, Ezechiele si dimostra un abilissimo “sceneggiatore”, quasi un produttore filmico molto potente e affascinante: la scena delle ossa e delle pelli che si rinnovano con il soffio di Dio e altre visioni appaiono descritte in modo molto vivace e dinamico.
Non è chiaro se, coprendosi il volto con il braccio davanti agli occhi, voleva far capire che Sedechia non avrebbe potuto vedere dove stava andando, perché sarà accecato da Nabucodonosor, o se simboleggi invece la vergogna per la sua fuga ignominiosa o ancora esprima la viltà del principe che non ha il coraggio di guardare il paese che abbandona.
Certo è che l'accenno all'accecamento è piuttosto esplicito: “lo condurrò a Babilonia, il paese dei Caldei. Egli non la vedrà, ma là morirà” 4.
Il profeta recita la fiction: per comunicare le sue profezie, Ezechiele usava qualcosa di molto simile a youtube o a un video virale, con elementi visivi e acustici, che rendono molto efficace la sua comunicazione.
Questo stile “figurativo e immaginifico” di Ezechiele è riconosciuto dallo stesso Dante, quando descrive l’apparizione dei 24 “seniori, evocando proprio una visione di Ezechiele (Ezechiele 1,1-14):
“Sotto così bel ciel com'io diviso,
ventiquattro seniori, a due a due,
coronati venien di fiordaliso”
(Purgatorio XXIX, 82-84)
E poco più innanzi riprende:
“S’ì come luce luce in ciel seconda
Vennero appresso a lor quattro animali,
coronati ciacun di verde fronda
Ognuno era pennuto di sei ali;
le pinne piene d’occhi e gli occhi d’ Argo,
se fosser vivi, sarebber cotali”
(Purgatorio XXIX 91-96)
E sollecita esplicitamente il lettore a far riferimento ad Ezechiele:
“Ma leggi Ezechiel, che li dipigne
Come li vide da la fredda parte
Venir con vento e con nube e con igne”
(Purgatorio XXIX 100102)
La satira sul potere
La satira contro il potere può essere considerata una azione “predittiva” equivalente: infatti, quasi tutti i politici (salvo eccezioni) cominciano con promesse seduttive e finiscono in farse tragicomiche, allora come sempre.
Per mimare una dura condanna verso i capi d'Israele, il profeta è portato da un vento verso la porta orientale del Tempio, dove c’era la sede del Parlamento e lì riferisce ad alcuni notabili della nomenclatura governativa il verdetto che li attende.
Non appena egli termina di parlare, uno di essi, un certo Iaazanià, che era stato salvato dal carcere dalla Consiglio per le immunità, muore all'istante 5.
Ezechiele, infine, come Dante con la lupa e altre figure presenti nella Divina Commedia, ricorre spesso all’immagine della “prostituzione” per dipingere il comportamento diffuso di servilismo e di accondiscendenza: “Aprendo le tue cosce al primo che passava e prostituendoti in continuazione…tu ti prostituisti agli egiziani, tuoi vicini dal membro vigoroso” 6.
Il profeta degli effetti speciali
Il libro di Ezechiele comincia proprio con molti effetti speciali e uno script perfetto, impeccabile da grande regista:
“Mentre mi trovavo fra i deportati del lager vicino al fiume Chebar, si aprirono i cieli e vidi visioni di Dio” 7.
E subito dopo ci sono le riprese di uno dei fenomeni visivi più emozionanti della Bibbia:
“Vidi un tornado venire dal nord, nuvole e fuochi che si avvolgevano su sé stessi ed emettevano lampi tutt’intorno. In mezzo al tornado qualcosa splendeva come ambra e al suo centro apparve la sagoma di quattro esseri viventi, ciascuno con quattro fattezze e quattro ali, con fattezze di leone alla destra, fattezze di toro alla sinistra, fattezze di aquila”.
E sulla scena Ezechiele descrive bagliori, ruote, cerchi pieni di occhi, sullo sfondo qualcosa di simile alla volta celeste con lo splendore di un cristallo, e le loro ali facevano il rumore dell’oceano, finché appare una figura splendida di un essere in forma umana su un trono di zaffiro.
La bravura di Ezechiele nel creare suspence e fare le riprese al rallentatore di quello che poi si è manifestato come Yahweh in persona è assolutamente straordinaria e ne fa sicuramente il patrono del cinema e della televisione.
La prima cosa che Yahweh gli fa fare è un “modellino” della città, per simulare una fiction dell’assedio di Gerusalemme.
Dante e Ezechiele: messaggi di speranza
Tuttavia, Ezechiele aggiunge subito dopo un messaggio di speranza: all’immagine della vite (popolo eletto) che avrà la punizione della deportazione (“svellerla dalle radici”), sostituisce l’immagine stupenda del cedro 8 e fa dire a Yahweh una serie di strofe poetiche con un esordio molto assertivo:
“Io prenderò dalle cime del cedro, svellerò dai suoi germogli più alti un tenero ramoscello e lo pianterò io stesso su un monte alto ed elevato…alzerà rami metterà fronde e diventerà un cedro maestoso” 9.
Anche Dante ha immagini stupende per rappresentare la presenza di Dio e l’aspirazione alla patria celeste dei “pellegrini” o esuli di questa valle di lacrime.
Ezechiele aggiunge una frase tipica del suo spirito critico:
“Io sono Yahweh che abbasso l’albero alto e innalzo l’umile pianta, faccio seccare la pianta verde e germogliare l’albero inaridito” 10.
E un poco più avanti, Ezechiele elenca i peccati che fanno “seccare la pianta verde”, ossia che disgustano Yahweh al punto di abbassare l’albero alto.
Anche nel Magnificat, l’inno che la Vergine canta a Yahweh, si ripropone l’essenza delle profezie “critiche” sia di Ezechiele, che di Geremia e degli altri profeti: “Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” 11.
Invettive contro la casta e il film delle anime morte
“I suoi principi, come leone ruggente che dilania la preda, divorano persone, si impadroniscono di ricchezze e di cose preziose, moltiplicano in essa le vedove. I suoi sacerdoti hanno violato la mia legge, profanato le mie cose sante, non distinguono tra cose sante e profane, non insegnano la differenza tra puro e impuro. I suoi capi come lupi sbranano la preda e versano il sangue, uccidono persone per fare turpi guadagni. I suoi profeti mettono sugli illeciti guadagni l’intonaco” 12 (come per nascondere o legittimare le malefatte).
Questa contaminazione tra un clero, con i suoi traffici e le coperture ipocrite, e il potere politico, con le sue predazioni, diventa l’oggetto costante delle staffilate di Ezechiele.
E come conclusione del suo film ricco di colpi di scena e di fotografie simboliche illuminanti, ci offre la visione delle ossa inaridite, che riempivano una pianura.
La colonna sonora di questo thriller è degna di Kubrick:
“Subito si sentì un rumore, poi un grande frastuono: le ossa si avvicinarono ciascuno all’altro corrispondente. Vidi su di esse apparire i nervi, salire la carne e la pelle ricoprirle, ma mancava l’alito vitale…Profetai come Yahweh mi aveva comandato e subito entrò negli uccisi il soffio vitale ed essi rivissero e si drizzarono in piedi: era un esercito molto, molto grande” 13.
Ezechiele si sente intimamente e tragicamente coinvolto nel destino doloroso della sua gente, solidale con il dolore del suo popolo esiliato e oppresso: sentimento che Dante prova sulla propria pelle.
E Dante sa che la conclusione dell’esilio è nella patria celeste, che è la vera patria definitiva: patria che Ezechiele chiama il “vostro suolo”:
“Vi prenderò dalle genti,
vi radunerò da ogni terra
e vi condurrò sul vostro suolo”
(Ez. 36,24).
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1Jacques Attali, Dizionario innamorato dell’ebraismo, Fazi editore 2013.
2Oppure 136, secondo altre classificazioni.
3Da “Giorno dopo giorno” (1947).
4Ezechiele 12, 13.
5Il contesto in cui avviene questo avviene è in Ezechiele 8, 6 e ss.: Yahweh “mi disse: «Figlio dell'uomo, vedi che fanno costoro? Guarda i grandi abomini che la casa d'Israele commette qui per allontanarmi dal mio santuario! Ne vedrai altri ancora peggiori…e vidi ogni sorta di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d'Israele raffigurati intorno alle pareti e settanta anziani della casa d'Israele, fra i quali Iaazanià figlio di Safàn, in piedi, davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d'incenso… Hai visto, figlio dell'uomo, quello che fanno gli anziani del popolo d'Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo?”.
6Ezechiele 16, 25-26.
7 Ezechiele 1, 1
8Questa immagine ritorna spesso in Ezechiele, sia per descrivere la bellezza del paesaggio che per fare una clip immaginifica sulla grandezza dei sovrani e dei regni.
9 Ezechiele 17, 22-23
10 Ezechiele 17,24.
11 Luca 1, 46 e ss
12 Ezechiele 22, 27 e ss. Ho citato “le anime morte” di Gogol per evocare una rappresentazione caustica del potere, impersonato da Pavel IvanoviÄ ÄŒiÄikov, che si arricchisce sulla compravendita delle anime morte, con lo stesso cinismo che caratterizza la maggior parte degli uomini di potere, sia economico che politico. A ÄŒiÄikov è dedicata anche una delle lettere dell'opera “Illustrissimi” del papa Albino Luciani intitolata Il Tempo degli Impostori.
13 Ezechiele 37,7-10.