La situazione italiana vista dall'Europa
Il compromesso raggiunto dal Consiglio Europeo il 23 aprile non poteva implicare dei vincitori e dei vinti. Non si può dimenticare che l'agenda sul tavolo della discussione non era solamente nuova, ma straordinaria; inoltre ricordiamo le iniziative della BCE (750 miliardi) e della BEI, la sospensione del Patto di stabilità, l'assicurazione per la disoccupazione SURE, il MES senza condizionalità per le spese sanitarie, e soprattutto il nuovo Fondo per la rinascita, il Recovery Fund, di 1000 – 1500 miliardi.
Apparentemente, malgrado oscillazioni ed esitazioni, la UE vuole uscire dalla crisi tramite due decisioni politiche radicalmente innovative: a) finalmente il “keynesismo europeo”, esaltato da Delors dopo la rottura con Chevènement del 1983, ritorna in primo piano; b) come? con il rafforzamento del budget europeo comunitario che passa dall'1% al 2% del Pil dei paesi membri, misura questa sempre richiesta da Altiero Spinelli. L'innovazione potrà variare a seconda di importanti dettagli sui mezzi di finanziamento, ma il terreno di negoziazione è comunque molto avanzato e senza precedenti. Questa grave crisi, al prezzo di terribili sofferenze, potrà aprire una nuova fase dell'integrazione economica e politica europea.
Per i commentatori italiani, a parte Salvini e l'estrema destra, in pieno scompiglio, questi fatti dimostrano che le scuse esplicite della Presidente Von der Leyen non erano formali, ma preludevano a decisioni concrete e coerenti: questa volta l'Europa è a fianco dell'Italia! E questo non era affatto scontato, per tre ragioni che hanno richiesto non poco sforzo pedagogico alle forze politiche , sociali ed intellettuali (compreso il pontefice) che combattono la deriva populista di estrema destra in Italia:
a) La proposta di eurobond o coronabond era stata presentata male dai suoi sostenitori, quando era necessario, fin dall'inizio, chiarificare che tale proposta non riguardava affatto i debiti precedenti alla crisi sanitaria, per non offrire argomenti ai populisti di estrema destra in Germania, nei Paesi Bassi, in Finlandia e in Austria, e ciò aveva provocato la rottura del 25 marzo;
b) Il premier italiano Conte, sostenuto nel 2018 dal movimento populista 5Stelle, aveva condiviso in passato una retorica esagerata sugli errori commessi dalla Unione Europea in occasione della crisi greca e sull'egoismo dei paesi del Nord che, ancora recentemente, lo aveva portato a rifiutare il Meccanismo europeo di stabilità (MES), presentato come uno strumento obsoleto e malefico, mirante a schiacciare l'autonomia dell'Italia e ad affamare gli italiani. Gradualmente poi Conte ha cambiato la sua posizione e, dopo la rottura con Salvini e la formazione del nuovo governo di coalizione con il Partito Democratico nel luglio del 2019, ha maturato una convinzione a favore della UE, dando prova così di flessibilità;
c) L'euroscetticismo è largamente radicato in Italia negli ultimi anni a causa di motivi profondi legati all'isolamento che il paese ha sofferto per la crisi dei migranti e ad altre delusioni. Ciò ha provocato un senso di tradimento e la caduta del consenso europeo sotto il 50% in un paese che nel 1989 aveva votato col 90% a favore del progetto federale europeo (proposto nel 1981-84 da Altiero Spinelli). A volte i più euro-entusiasti diventano i più euro-scettici: la manipolazione populista delle paure e dei sentimenti di incertezza si accompagnano alla condanna dei “paesi ricchi del nord”, accusati di approfittare del loro potere per arricchirsi e attirare solo su di essi i capitali internazionali a spese delle vittime italiane del coronavirus.
In questo difficile contesto, in vista del Consiglio del 23 aprile, il merito del governo Conte è stato non solo l'alleanza di ferro con Macron e con Sanchez (ed altri 5 paesi), ma anche il ritrovato contatto con la coalizione CDU-SPD di Berlino. Il duro approccio sia dei populisti italiani sia dei Paesi Bassi e della destra tedesca si è dimostrato suicida e incoerente rispetto alla accettazione del mercato unico e della moneta unica. Inoltre hanno pesato la mancanza di alternative per l'Italia e le conseguenze negative di un eventuale crollo della terza economia della zona euro per sua stessa mano.
Infine abbiamo avuto la conferma di una realtà di fatto: ancora una volta, se le posizioni delle due Europe si sono riavvicinate, ciò è stato possibile grazie alle istituzioni sovranazionali. Anche se con ritardo le due donne, Lagarde per la BCE e Von der Leyen per la Commissione, hanno saputo costruire una convergenza innovativa.
Tutto bene dunque? No, per nulla.
La credibilità e la riuscita di questo grande progetto politico solidale di ricostruzione post-pandemia si giocheranno: a) nell'immediato, sulla capacità di precisare il finanziamento del programma e di strutturare bene la fase di transizione verso il nuovo bilancio dell'Unione Europea (2021); b) sul coordinamento e sulla qualificazione delle spese di questa enorme quantità di risorse pubbliche e, sfida particolare per l'Italia, sulla efficacia attuativa della amministrazione e sulla coerenza delle politiche di bilancio.
Sarà in particolare necessario legare la rinascita economica con il grande disegno, identitario, del Green deal annunciato nel 2019 e inoltre rilanciare a livello geopolitico il modello del capitalismo europeo e della globalizzazione regolamentata attraverso rinnovate istituzioni multilaterali. E' a questo livello che la mobilitazione appassionata dei cittadini, degli esperti, delle opinioni pubbliche di ciascuno Stato membro potrà giocare un ruolo cruciale. Il dilemma per l'Europa è questo: potranno una recessione del 10% o 15% e i rischi di marginalizzazione internazionale rendere gli europei coscienti delle loro responsabilità interne e mondiali? Un sentimento di appartenenza comune, un nuovo patriottismo europeo, compatibile con i patriottismi nazionali rinnovati, basato su solidi interessi comuni, possono affermare la propria sovranità, in un mondo instabile, in cui né gli Stati Uniti né la Cina hanno l' autorità politica e morale per assumere da soli la leadership?
Mario Telò (Bruxelles)