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IL CRISTALLO aprile 2020 - light edition

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  Carlo Bertorelle     Fare tesoro dell'esperienza   

Con queste note nel nostro sito internet cerchiamo di supplire alla mancata edizione cartacea del primo numero del 2020 del “Cristallo”, che doveva uscire alla fine dello scorso aprile.
Speriamo di fare comunque una cosa gradita al pubblico dei nostri lettori e li rinviamo al numero doppio che uscirà (speriamo regolarmente) nel prossimo settembre/ottobre, ad emergenza Covid-19 finita.

Questa necessità è stata imposta dalle strette norme di lockdown partite ai primi di marzo, che hanno impedito incontri, riunioni (l'ultima volta che ci siamo visti come redazione è stato il 9 marzo, e già bisognava stare a debita distanza gli uni dagli altri...), contatti con autori ed enti vari, attività in qualche modo indispensabili alla preparazione della rivista. Con l'editore, che ha fatto presenti anche ulteriori problemi per la impaginazione, la stampa e la distribuzione, abbiamo quindi concordato questo rinvio al momento in cui potremo dirci tornati, in qualche modo, alla normalità.

Un pensiero va anzitutto alle molte vittime che hanno sofferto o hanno perso la vita, spesso in condizioni di solitudine, negli ospedali e nelle case di riposo, tra cui anche amici, parenti e conoscenti. E un saluto, col rinnovato augurio che “andrà tutto bene”, a tutti noi che abbiamo vissuto i sacrifici e i tormenti della clausura non ancora superata, con le paure, le restrizioni nei movimenti e nelle relazioni sociali, le ansie in campo professionale ed economico.

Le migliori menti di tutto il mondo hanno già esposto in questi ultimi due mesi acute e meditate riflessioni sulle conseguenze politiche, sociali, economiche, filosofiche e personali da trarre durante e dopo questa inaspettata esperienza planetaria. Cambierà qualcosa? Cambierà tutto? Non cambierà niente? Non vale la pena quindi aggiungere altri pareri, che rischierebbero di assomigliare a mediocri scimmiottature.

Da parte mia ricorderei solo, se vogliamo avere uno sguardo lungo, le infinite calamità e pestilenze mortali succedutesi nei secoli, che hanno tormentato il genere umano, talvolta anche con una qualche sua complicità, come sembra essere, a causa delle devastazioni ambientali, anche questa ultima pandemia. In epoca più recente, esattamente un secolo fa, nel 1918-1920, una epidemia influenzale sconosciuta, detta poi “spagnola” mietè 50 milioni di morti nelle varie parti del mondo, con circa 500 milioni di contagiati. Quasi ogni famiglia italiana ha avuto una vittima di “spagnola” tra i propri antenati. Era una coda della “grande guerra”, un lutto generale che si aggiungeva alle tante altre perdite. Ho provato a guardare in alcuni manuali di storia in uso oggi nei licei, e questo drammatico evento (che potrebbe avere una vaga, anche se infinitamente più grave, somiglianza con la attuale pandemia da coronavirus) non viene neppure citato, a riprova che anche la memoria storiografica è molto relativa. Nell'insieme ci siamo trovati scoperti dinanzi alla suprema indifferenza con cui la Natura ha colpito i suoi figli. Il che mi riporta al Leopardi del Dialogo della Natura e di un Islandese, allo sbigottimento del povero uomo che scopre la sua fragilità estrema. Ma anche al Leopardi della Ginestra che incita ad una comune alleanza tra gli uomini per curare assieme i mali che loro vengono dalla natura. Forse proprio di questa comune alleanza e volontà ci sarebbe bisogno, unendo le forze per trasformare le cose che non vanno. E che sono tante.

Tra queste, e a livello domestico, la crisi ha scoperto, portandole alla luce, alcune malattie insite nelle scelte politiche e nel modello di sviluppo nell'Italia degli ultimi venti, trenta anni, oltre all'immenso debito pubblico che penalizza tutto e ad una burocrazia ottusa e nemica che rischia di neutralizzare ogni positivo intervento, come nel caso della liquidazione di prestiti e sussidi vari: nel campo della sanità ad esempio, dove tagli e privatizzazioni hanno lasciato scoperti dinanzi al fabbisogno, nella precarizzazione dei lavori, nelle aree immense di lavoro nero, nello scarso controllo ed equità fiscale, nelle disuguaglianze tra lavoratori e pensionati in qualche modo garantiti e tanti altri che non lo sono, nella necessità di fonti emergenziali di reddito per aree di povertà crescenti ecc. Ma ci sarà modo di tornare con maggior precisione su questi accenni di analisi.

Nelle scelte in provincia di Bolzano, il Cristallo ha da sempre sostenuto un atteggiamento di valorizzazione delle autonomie regionali. Anche in questo caso pertanto non si può che essere a favore di un ragionamento articolato in base all'andamento del virus nei vari territori. Quello che anche in Europa è accaduto tra i vari paesi, con le conseguenti responsabilità e i possibili errori, che si sono assunti i singoli stati e le singole entità decentrate. Dato che non c'è un vertice unico e centralizzato che decide per tutti, e per fortuna.

Bisogna però capire se nelle competenze speciali della Provincia di Bolzano ci sia anche quella di governare un problema di salute pubblica e di sicurezza di queste dimensioni e se ne abbia la capacità. Se fosse confermato che nelle competenze primarie, secondarie, concorrenti ci sta anche questa, allora molto bene, giuste le ordinanze e le leggi provinciali che si differenziano da quelle statali, salvo verificarne l'efficacia e la funzionalità senza correre i rischi di una ricaduta nel morbo. E c'è da pregare davvero che tutto vada bene anche con la anticipazione delle aperture. Nella Provincia si sono rivelate alcune criticità in questa emergenza sanitaria (vedi acquisti e rifornimenti di presidi sanitari, protezioni degli operatori delle Asl, uso dei tamponi ecc) e non può mancare il sospetto che questa corsa frenetica alla “riapertura” sia dovuta alle pressioni molto forti di lobby economiche e ad una generica ricerca di consenso dal basso, oltre che al classico orgoglio del “Mir sein mir”, cioè ci differenziamo e siamo più bravi di tutti gli altri. Peccato che su questo piano la Calabria ci abbia battuti, con il primato della apertura anticipata di alcuni servizi, e che tutto lo sforzo della corsa sia finalizzato a guadagnare in fondo un pugno di giorni o poco più.

                                                                                                                                                  Carlo Bertorelle

 

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