|
L’alfabeto delle emozioni
di e con Stefano Massini
Produzione Savà srl
La M è la lettera di avvio de L’alfabeto delle emozioni di Stefano Massini che la mostra in formato ligneo visibile al pubblico accorso all’Arena TSB nell’ambito della rassegna “Fuori! 2021” curata dal Teatro Stabile di Bolzano. A questa lettera, e altre ne seguiranno estratte da una scatola appoggiata su un tavolino, lo scrittore e drammaturgo fiorentino associa un breve racconto legato ad un’emozione secondo un preciso assunto: l’uomo percepisce in modo sbagliato le proprie emozioni, improvvise e incontrollate, si confonde, si impaurisce.
Così alla M si associa la Malinconia raccontata dalla parabola del pittore Annibale Carrocci caduto in letale depressione per il mancato riconoscimento artistico da parte dei suoi mecenati romani.
Altrettanto significativa è la lettera I combinata a Ira e Irrazionalità. Massini racconta, con eleganza e compostezza, il misterioso accoltellamento di una donna, poi attribuito ad una persona insospettabile animata dal voler «vedere dentro la vita di qualcuno che l’aveva fatta» a differenza della sua piattezza esistenziale.
Illuminante è anche il racconto piuttosto macabro La favola del fuoco che ringiovanisce dei fratelli Grimm, con la quale si parla della L come Logica, intesa come contrapposizione tra ragione e sentimento. Altrettanto appassionanti e graffianti risultano le riflessioni che ruotano intorno alla lettera T di Tristezza, riconosciuta da Massini come sostanza indelebile della natura umana e letta in nobile contrapposizione alla «dittatura della felicità» contemporanea. L’alfabeto delle emozioni prosegue con l’analisi della Paura e della sua distinzione dalla fobia, e dell’Empatia di cui è protagonista Kitty Genovese accoltellata a morte nel 1964 a New York al cospetto di molti presenti che non intervennero in sua difesa perché catturati dall’«effetto spettacolare» dei movimenti assassini tanto da diventare manifestazione simbolica di un fenomeno psicologico noto come il «complesso del cattivo samaritano» o anche la «sindrome Genovese».
Uno dei momenti più appassionanti dello spettacolo è quando Massini sviluppa la Bontà, trasformata da attributo qualificante proprio dell’eroe classico in slittamento nella nostra contemporaneità come attributo di banale buonismo. In merito è geniale e significativo l’abile gioco linguistico con cui si rivisita Biancaneve e i sette nani attraverso l’adozione di sinonimi là dove la parola originale evocherebbe altro: così, per esempio, il nome della principessa della favola, che oggi richiama la cocaina, è alterato in «farina».
L’alfabeto delle emozioni è uno spettacolo costruito con l’ausilio di minimi supporti scenici, ridotti ad uno sgabello e a un tavolino su cui poggia la scatola delle lettere, ad un uso essenziale delle luci, come è centellinato e appropriato il supporto musicale.
Massini privilegia il dominio comunicativo della parola accompagnata da un registro espressivo essenziale e ordinario, senza fronzoli e artifizi, nell’esibizione del repertorio gestuale. È come se l’interprete raccontasse quelle storie, che sono acuta e amara radiografia dell’uomo moderno, ad un gruppo di amici non ad anonimi spettatori, tanto è marcato il tono della comunicazione colloquiale, nella sua genuina semplicità artistica.
di Massimo Bertoldi
|