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SPETTACOLI E MOSTRE

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In fondo agli occhi

di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari
regia César Brie

 

Luci e audio Andrea Bracconi
Elementi scenici Franco Casini Roberto Spinaci
Collaborazione musicale Giancarlo Pagliara
Produzione Compagnia Berardi-Casolari

 

In fondo agli occhi di Gianfranco Berardi, attore non vedente, e Gabriella Casolari, spettacolo proposto al Teatro Cristallo di Bolzano nell’ambito della rassegna “Corpi Eretici” curata dal Teatro La Ribalta, non cerca nel pubblico reazioni di commiserazione o di buonismo morale verso la condizione di vita provocata dalla cecità. Vuole invece essere provocatorio, deridere tutto e tutti, smaschera il banale, abiurare visioni rassicuranti. Questa è la sua forza accattivante.

L’inizio è il sigillo connotativo della performance: Casolari posizionato su un cubo si agita, si dimena, scandisce frasi ritmiche quasi a ritmo rap e giocate sulla contrapposizione accettazione/rifiuto della sua malattia, che culmina in un chiaro invito al pubblico: “Ripetete, ripetete in coro con me: Cieco di merda!... Cieco di merda!”. Poi l’attore, con altrettanto gesto di sottile provocazione, indossa una maglia della nazionale di calcio con il numero dieci e la scritta Tiresia, il nome del mitico indovino cieco dell’Edipo. Usa un simbolo pop(olare) per rendere il suo discorso metaforica radiografia della situazione di un paese malato, incapace di vederne sintomi ed effetti.

Subentra poi un altro nodo narrativo cruciale: Casolari-Tiresia entra in contatto con Italia, donna abbandonata dal marito, con la quale apre il Bar Italia con la scritta tricolore illuminata dal neon. Sulle note di Va’ pensiero inizia un percorso che dall’amicizia passa alla cura affettiva da part4e della donna. Questa dimensione relazionale apre il mondo dell’interiorità e dell’intimità dove di annida il disagio e dove si alimentano i sogni in un delicato e toccante gioco di rimando alla dimensione autobiografica, a tratti con il sapore della confessione di un segreto-tesoro rivelato a immaginari e amichevoli destinatari.

In fondo agli occhi è un susseguirsi di scene montate con abilità drammaturgica e rigore espressivo grazie alla regia dell’esperto e qualificato César Brie che disegna nel movimento dei due attori e nel loro contatto con gli oggetti, il senso più profondo della poetica del testo. Casolari-Italia, per esempio, si presenta con un’anguria che Berardi-Tiresia, toccandola, confonde con la pancia di una donna in cinta. Poi, dopo un dialogo con il pubblico sul tema dei bambini, divora le fette del frutto con tocchi grotteschi.

Il momento clou attiva nel finale quando, abbandonati l’urlo a volte simil punk, il virtuosismo del corpo e la gestualità convulsa, Berardi si calma, si siede, si guarda intorno nel vuoto e rivela che la sua è “anche un’astuta malattia che mi vuole prigioniero, che mi blocca e giustifica ogni errore”. Non si tratta di un malinconico canto solitario. È la dichiarazione di quello che siamo anche noi, vedenti, nel mondo, ossia incapaci di vedere la vita e le sue sfumature, privi di prospettive, perciò asserragliati in isole protettive in cui stazionano pensieri banali e stereotipati molto simili a quelli dei clienti del Bar Italia ricordati nel bel testo di In fondo agli occhi che Cue Press, intraprendente casa editrice di Imola molto attenta alla drammaturgia contemporanea, ha pubblicato proprio in questi giorni in un volume antologico che comprende anche Amleto take away e Io provo a volare.

 

                                di Massimo Bertoldi

 

 

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