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Antologia del grande attore
di Vito Pandolfi
prefazione di Goffredo Fofi
Imola (Bo), Cue Press, 2020
Per meglio inquadrare l’importanza dell’Antologia del grande attore è necessario connotare il suo autore: figura poliedrica, Vito Pandolfi si distingue nel Secondo dopoguerra in qualità di regista di grandi attori, commediografo, critico teatrale, fondatore della compagnia “I comici della strada” – composta, tra gli altri, dai giovani Tino Buazzelli, Rossella Falk, Paolo Pannelli, Arnoldo Foà – e autore di libri fondamentali come La commedia dell’arte (1956), Il teatro drammatico dalle origini ai giorni nostri (1959), Teatro tedesco espressionista (1965), Teatro borghese dell’Ottocento (1967), Regia e registi nel teatro moderno (1973).
Spetta a Cue Press il merito di aver rieditato un testo in parte dimenticato ma fondamentale come è l’Antologia del grande attore (1954) che Goffredo Fofi nella sua Prefazione definisce: «Il monumento che Pandolfi ha eretto alla nostra tradizione attoriale, alle sue figure più rappresentative, alle sue varianti, alle sue potenzialità di ieri e, indirettamente, per quanto hanno consegnato e in vario modo insegnato alla storia dello spettacolo, di oggi». Il volume in questione è un’opera di grande erudizione e di ampia conoscenza delle variegate declinazioni e evoluzioni artistiche dell’attore come si sono manifestate dall’Ottocento alla meta e oltre del Novecento che l’autore ripercorre attraverso una sequenza di voci monografiche relative ai vari protagonisti della scena modellate con il ricorso agli scritti degli attori, a testimonianze di spettatori autorevoli e personaggi e critici illustri come Gramsci e Gobetti, Bracco e Marinetti, d’Amico e Simoni, Alvaro e Zavattini.
Quello che emerge è la storia della figura del grande attore, dalla sua affermazione al suo declino, lungo un intrigante percorso che si enuclea da estratti dalle lezioni di declamazione d’arte drammatica di Antonio Morrocchesi agli scritti e lettere del mazziniano Gustavo Modena alle pagine di Anton Giulio Bragaglia dedicate al napoletano Antonio Petito.
Sono esemplari le pagine tratte dai Ricordi e studi storici di Adelaide Ristori a proposito di Mirra di Alfieri, suo cavallo di battaglia; come colpiscono per profondità analitica le parole di Tommaso Salvini su Re Lear e sul carattere di Jago.
Dopo fondamentali attori del calibro del napoletano Edoardo Scarpetta, Ermete Novelli, Virgilio Talli, Ermete Zacconi, si incontrano Eleonora Duse descritta da Pirandello («in lei tutto è interiormente semplice, spoglio, quasi nudo»), il trasformista Leopoldo Fregoli immortalato dall’autorevole Silvio d’Amico, e Ruggero Ruggeri che segna l’inizio del declino del vecchio interprete («ci dà l’immagine di un passato svanito, è come uno specchio offuscato», sostiene lo stesso Pandolfi), con Giovanni Grasso e Angelo Musco si entra in contatto con il teatro siciliano.
Se Ettore Petrolini sposta il baricentro dell’attenzione sul versante dell’ambito romano, Raffaele Viviani ci fa conoscere il varieté di stampo napoletano.
L’Antologia del grande attore si conclude con una serie di documenti che indicano, da un lato, l’esaurirsi del filone del teatro di prosa di tradizione e interpretato dal grande attore, dall’altro lato, la parallela affermazione del musical-hall e del cinema, come indicato dall’attività artistica de I Fratellini, di Totò raccontato da Cesare Zavattini, dalle dichiarazioni di Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Anna Magnani di cui parla Corrado Alvaro.
di Massimo Bertoldi
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