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Dire luce.
Una riflessione a due voci sulla luce in scena
di Cristina Grazioli e Pasquale Mari
Imola (Bo), Cue Press, 2021
Nell’ambito della storiografia delle discipline dello spettacolo sono veramente pochi gli studi dedicati all’illuminazione scenica. Probabilmente incide il prevalere storico della concezione testocentrica che orienta l’attenzione primaria sulla parola e sul movimento degli attori all’interno di una cornice scenografica. Tuttavia nel corso del Novecento sono maturate fondamentali esperienze artistiche che hanno trasformato il supporto illuminotecnico da accessorio a componente drammaturgica nella sintassi dello spettacolo (per esempio i percorsi creativi di Josef Svoboda, Robert Wilson, La Fura del Baus).
Da queste sommarie indicazioni deriva in un certo senso Dire luce. Una riflessione a due voci sulla luce in scena, un libro importante e assai originale perché a scriverlo sono Cristina Grazioli, docente di Storia ed Estetica della Luce in Scena e Teatri di Figure all’università di Padova, e Pasquale Mari, affermato Disegnatore Luci e Direttore della Fotografia. I due autori, l’uno da una prospettiva storico-teorica e l’altro da un’ottica pratica, animano una sorta di dialogo di ascendenza platonica per riflettere e argomentare in che modo la “grammatica del vedere” sia strettamente legata alla “grammatica della rappresentazione”, e come la luce e il colore producano, nella loro impaginazione estetica, uno stretto rapporto di interdipendenza, capace di rendere autonomo lo spettacolo visivo.
Il tema della luce si declina in dodici ‘voci’ in corrispondenza dei mesi dell’anno con i loro effetti cromatici in quanto, come afferma il menzionato V. Pogacar, “le interpretazioni del colore percepito […] interferiscono con il campo delle valutazioni psicologiche e simboliche che hanno principalmente origine dalle nostre esperienze e raffronti con i cicli naturali quotidiani e annuali”.
In questo modo queste ‘voci’ – Invisibilità, Materia, Scrittura, Polvere, Buio, Colore, Movimento, Voce, Trasparenza, Atmosfera, Botanica, Aria – rinviano a corrispettive situazioni di uso della luce sul palcoscenico.
Il libro è corredato da un imponente e fondamentale apparato iconografico con riproduzioni fotografiche di materiali di varia natura che bene e con coerenza visualizzano il discorso dei due autori: sono opere d’arte, oggetti, fotografie di spettacoli di prosa, di lirica e cinematografici, anche locandine.
Dire luce è un libro interdisciplinare che pone le arti visive su una scacchiera con le pedine che si muovono continuamente, animando un lucido e intrigante gioco capace di abbattere i confini dei vari ambiti dello spettacolo e nel contempo creare una rete di brillanti connessioni espressive.
di Massimo Bertoldi
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