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Parola di Václav Havel
Teatro, Rock e resistenze
Dietro il muro di Berlino
di Paolo Verlengia
Chieti, Solfanelli, 2020, pp.200
«Parlare di Havel è difficile, e forse per questo non lo si fa», scrive Paolo Verlengia a proposito del primo presidente della Cecoslovacchia post comunista nel 1989 e poi primo presidente della Repubblica Ceca nel 1993. Tuttavia «è necessario per una meditazione maturata sul crollo del comunismo e della guerra fredda a cui sono riconducibili molti fenomeni d'oggi (come l'immigrazione di massa) [...], strumentalizzati dalla vulgata politica».
In questo quadro storico si colloca l'esperienza di Havel come uomo politico ma prima ancora come scrittore e uomo di teatro. Ed è sulla base di questo intreccio inscindibile che Verlengia fonda l'intreccio che unisce la pratica teatrale, declinata nelle sue molteplici forme e intesa come motore per l'analisi della realtà, e in senso dell'azione politica, come del resto aveva suggerito lo stesso Havel in un testo autobiografico del 2006, Un uomo al Castello.
Dalla minuziosa ricostruzione storico-letteraria emergono i meccanismi di controllo e di censura del regime affidati alla DILIA (Ufficio Letterario e Teatrale di Stato), che colpì a più riprese Havel, ma anche le isole di resistenza artistica come il Teatro alla Ringhiera di Praga, noto per avanguardistici allestimenti beckettiani. Non mancano situazioni contraddittorie e di respiro kafkiano soprattutto quando il drammaturgo Havel inizia a suscitare un certo interesse presso la prestigiosa Royal Shakespeare Company di Londra, tanto che Vera Blackwell, figura fondamentale per la diffusione europea del repertorio, traduce Festa in Giardino.
Con Memorandum, seconda commedia, si entra nella dimensione dell'assurdo ma riconducibile alla logica delle relazioni politiche dell'epoca: il National Theatre di Londra si rifiuta di produrre il testo mentre la severa DILIA lo protegge, considerandolo patrimonio nazionale da lanciare all'estero. Per effetto dell’invasione russa del '68 scatta la repressione, dura e spietata, che colpisce anche Havel, intanto tradotto e pubblicato in Germania da Rowohlt. Al mercato tedesco il drammaturgo propone L'Oper dello Straccione ma nessuno è interessato, forse per la presenza ingombrante de L'Opera da Tre Soldi di Brecht e Weill. Tuttavia il capolavoro debutta nel 1975 in forma clandestina presso il praghese Teatro in Movimento, dove avviene il varo anche de L'Udienza.
Il rapporto tra politica e teatro vive un altro passaggio cruciale nel 1977 quando Havel lancia la Charta 77, il documento sottoscritto da molti intellettuali che dimostra il mancato rispetto dei diritti umani da parte del governo, pur sottoscritti nei trattati di Helsinki. Havel finisce in carcere per quattro mesi. Intanto il suo successo aumenta negli Stati Uniti: dopo i trionfali allestimenti di Memorandum al Public Theatre di New York nel 1966, che trasforma l'autore in un'icona hippy alternativa e pacifista, e di Difficoltà di Concentrazione al Lincoln Center, nasce un'amicizia profonda e duratura con Tom Stoppard. In questa girandola di relazioni, a tante altre soni ben raccontate da Verlengia, si muovono gli ingranaggi della guerra fredda con retroscena culturali che sanno di spionaggio e di resistenze civili al regime comunista, come del resto lo stesso Havel ha palesato nei suoi testi teatrali costruendo storie vagamente ascrivibili al genere del Teatro dell'Assurdo.
Nella seconda parte del libro Verlengia sceglie il tema del rapporto tra intellettuale e potere per guidare il lettore alla conoscenza di tre testi esemplari: L'Udienza (1975), Largo Desolato (1984), Tentazione (1986). Che importanza abbia avuto la musica rock nella cultura e azione politica del futuro presidente, segnatamente Velvet Underground e Fugs, Verlengia lo spiega nell’ultimo e illuminante capitolo di questo libro importante, assai documentato, scritto con passione trasferita in un linguaggio tra il saggio e il romanzesco, capace di riportare alla memoria un grande personaggio troppo presto dimenticato e assai poco rappresentato sui palcoscenici italiani.
di Massimo Bertoldi
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