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Teatro contemporaneo 1989-2019

di Valentina Valentini

 

Roma, Carocci editore, 2020, pp. 195

«Il fenomeno che chiamiamo “teatro”, è diventato un termine anacronistico, sostituito nell’ultimo decennio con “arti performative” che, con dizione conciliante e leggera, oltre il teatro, convoca la performance, la danza e la musica». Così scrive Valentina Valentini in apertura di questo interessante studio dedicato al teatro degli ultimi trent’anni, durante i quali si afferma questo intreccio drammaturgico ed espressivo di forme trasversali, quale prodotto della crisi identitaria delle varie discipline coinvolte.

Nella cornice del declino dei pilastri ideologici e culturali ante 1989 – la lotta di classe, le utopie rivoluzionarie, l’arte intesa come tramite per prospettare un mondo diverso – e con la successiva affermazione delle tecnologie digitali e del neoliberismo globale, il linguaggio teatrale si enuclea dal rifiuto della rappresentazione della realtà, continuando a percorrere quella strada di decostruzione del personaggio e del contesto tracciata dalle avanguardie nella seconda parte del Novecento. Oggi, in un’epoca caratterizzata dal dominio del tempo del presente, è legittimo e più appropriato parlare di «soggettività frammentata e moltiplicata».

Venendo meno il concetto di unità narrativa, si sviluppano variegati percorsi di ricerca espressiva che la Valentini ordina e analizza proponendo una mappatura di fondamentale utilità per seguire le varie traiettorie secondo gli esiti degli artisti interessati.

Una di queste è l’assunzione della dialettica tra storia personale e storia collettiva fondata su inchieste relative a fatti storici, sociali e di cronaca, attraverso il ricorso a testimonianze dirette, secondo la linea seguita, tra i tanti, da Robert Lepage, Teatro delle Albe, Alvis Hermanis. Precisa la Valentini che non si tratta di teatro documentario perché il materiale letterario è filtrato nell’esperienza rivissuta dal soggetto.

Si passa poi alla verifica del teatro quale potenziale oppositore alla realtà contemporanea. L’attenzione cade sull’America latina, dove gli spettacoli affrontano questioni legate alla storia locale per denunciare le violenze dei governi (Pinocchio della compagnia La Troppa). Posizioni di dissenso politico attraversano anche il linguaggio degli artisti russi, da Lev Dodin a Eimuntas Nekrošius, e da Oskara Koršunovas, per poi diramarsi in Polonia con Krystian Lupa.

In questo appassionante viaggio nel teatro contemporaneo mondiale trova ampio spazio anche lo spettacolo italiano, analizzato in una specificità propria e denominata «scuola italiana di vocalità» per il fatto di conferire al suono e alla voce una funzione drammaturgica primaria.

Ricerca avviata da Carmelo Bene e da Franco Scaldati, proseguita tra i tanti da Leo De Berardinis, Marion d’Amburgo e Mimo Cuticchio, la drammaturgia sonora contemporanea è spiegata dalla Valentini attraversi una dettagliata analisi dei paesaggio vocali di Chiara Guidi della Socìetas Raffaello Sanzio, di Ermanna Montanari di Teatro delle Albe e di Roberto Latini di Fortebraccio Teatro.

Teatro contemporaneo 1989-2019 – di cui sono protagonisti anche Milo Rau, Motus, Rimini Protokoll, Belarus Free Theatre, ecc. – si completa con una bibliografia aggiornata che offre al lettore una ricca gamma di studi italiani e internazionali, ultimo dei quali questo prezioso e documentato lavoro della Valentini.

 

                                  di Massimo Bertoldi

 

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