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Teatro
Personaggio e condizione umana
di Guido Paduano
Roma, Carocci, 2020, pp. 209
Il teatro non rispecchia la realtà, al contrario ne è «verifica, attraverso uno sguardo capace di scendere nel profondo, più addentro alle istanze primarie dell’umanità», così scrive Guido Paduano nella bella Premessa a Teatro. Personaggio e condizione umana, precisando che da questo nesso si sviluppa quella decisiva identificazione emotiva e poi culturale capace di unire l’attore allo spettatore. Sostenuto da una rigorosa e approfondita lettura dei testi teatrali, lo studioso indaga capitoli fondamentali della storia del teatro europeo. Il filo rosso è dato dal rapporto tra necessità e libertà, con i suoi limiti e impedimenti.
Al centro del teatro greco, interpretato da Paduano come manifestazione laica e politica, segnatamente nella tragedia, si riconosce la volontà di scelta dell’uomo, a partire dagli eroi tragici di Eschilo, di Sofocle soprattutto – il suicida Aiace e Elettra si contrappongono individualmente ai principi della conservazione – e di Euripide, la cui Medea, dopo aver uccido i figli, rimane in vita per lo stesso motivo di lotta a difesa della sua libertà di scelta. Anche l’eroe comico greco esprime marcata individualità in una società conservatrice, come Paduano dimostra nel luminoso commento alle opere di Aristofane, da Uccelli a Cavalieri.
Il teatro latino adatta invece la figura del servo abile interprete degli strumenti dell’inganno, per affermare libertà e giuste cause. Così successe in nel teatro comico di Plauto e poi nelle rivisitazioni di Terenzio, mentre in Seneca la lotta contro il potere diventa più radicale e, come si riscontra in Medea, intreccia le pulsioni dell’eros.
Se la vetrina degli eroi classici esibisce tratti specifici e connotativi della condizione umana, quelli shakespeariani contengono in sé la totalità del linguaggio in senso universale. Il lungo capitolo dedicato al Bardo prende in considerazione la profondità dei personaggi, con le loro insanabili e profonde inquietudini che parafrasano la lotta per la ricerca di sé. «Tutti gabbati: irride / l’un l’altro ogni mortal», dice in chiusura Falstaff di Verdi, quasi a voler sintetizzare con una battura la loro intima essenza.
All’analisi del classicismo francese, caratterizzato dal dominio del super-io in Corneille e Racine e in versione comica in Molière, segue l’inquadramento della tensione per la libertà in una dimensione che riscrive il rapporto tra uomo e cosmo, tra individuo e collettività, secondo i percorsi tracciati da Beaumarchais (Le nozze di Figaro), Schiller, Büchner (La morte di Danton), Kleist, Ibsen, Cechov, Wagner.
Si arriva alla rivolta anti aristotelica del Novecento attraverso la formula del “teatro nel teatro” che, a partire da Pirandello e proseguire con Brecht e il teatro dell’assurdo, pur con esiti drammaturgici molto diversi tra di loro, produce lo smantellamento della consistenza poetica del personaggio inteso come portatore di valori assoluti e di proiezioni anche tendenti all’utopia. Emblematico, in merito, è Aspettando Godot con cui Paduano conclude questo suo affascinante e originale viaggio teatrale.
di Massimo Bertoldi
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