Virgilio, Ovidio, Boccaccio, Marlowe, Metastasio, Ungaretti, Brodskij
DIDONE
La tragedia dell’abbandono
Variazioni sul mito
a cura di Antonio Ziosi
Venezia, Marsilio, 2017, pp. 337
Prosegue il progetto “Variazioni sul mito” di Marsilio con volumi che assemblano testi antichi e moderni trattanti lo stesso soggetto. Ai libri dedicati a Medea, Fedra, Romeo e Giulietta, Antigone, Elettra e Orfeo, ora si aggiunge Didone. La tragedia dell’abbandono.
Nell’Introduzione Antonio Ziosi illustra il percorso e le visioni letterarie dell’esule regina fenicia Didone, fondatrice di Cartagine che accoglie Enea in fuga da Troia, se ne innamora e, abbandonata, si uccide per aver tradito il defunto marito Sicheo. È quanto racconta Virgilio nel IV libro dell’Eneide qui antologizzato e dal quale emerge la forza irrazionale e i travolgente dell’amore che poi si trasforma in dolore tragico causato dalla partenza di Enea. Il poeta latino aveva rivisitato il mito originario secondo il quale Didone si sarebbe gettata tra le fiamme per non cedere a nuove nozze in nome della fedeltà.
Queste “due Didoni” tracciano le traiettorie seguite dalla letteratura. In merito Ziosi pubblica la Lettera di Didone a Enea, ossia la settima delle Epistole di eroine di Ovidio in cui la protagonista è descritta come donna, non più regina tormentata dal conflitto tra dignità e furor: si presenta nelle vesti dell’amante coinvolta in una storia di autentica passione e perciò disposta a tutto per trattenere Enea.
Le “variazioni” medievali disegnano la donna come mirabile esempio precristiano di martirio e castità. Citata nell’Inferno dantesco e difesa da Petrarca nel Triumphus Pudicitie, è in Didone o Elissa, regina di Cartagine da De mulieribus claris di Boccaccio (il testo si legge in questo volume) che si riconosce una mirabile convergenza tra il racconto virgiliano e le riletture medievali. La donna pagana muore a difesa della sua pudicitia e per paura di abbandonarsi ad uno “sconosciuto”.
La fortuna di Didone esplode nel Rinascimento e alimenta soprattutto la creatività dei commediografi. A titolo esemplificativo nel volume di Marsilio si legge La tragedia di Didone, regina di Cartagine di Christopher Marlowe. Scritta nel 1586, l’opera del giovane drammaturgo inglese si enuclea dal modello virgiliano con evidenti contaminazioni derivate dalla poesia ovidiana. Vittima degli effetti dell’amore distruttivo, la donna diventa figura laica e sedotta dal potere dei sentimenti e della bellezza.
Questa amante moderna dotata di marcato impatto scenico irrompe nel melodramma e non solo: dà avvio alla rivoluzione librettistica moderna inaugurata da Didone abbandonata scritta da Pietro Metastasio nel 1724 e presente nel volume in questione. Ottenne un successo straordinario sui palcoscenici italiani e europei. La totale rielaborazione dell’intreccio virgiliano produce una catena di amori conflittuali e non corrisposti, che riguardano e coinvolgono anche Enea e Didone nel prevedibile finale drammatico.
Si arriva al Novecento e Ziosi si concentra sulla poesia. Propone i Cori di stati d’animo di Didone da La Terra Promessa di Ungaretti che trasforma l’eroina in un luminoso simbolo poetico del dramma dell’abbandono della giovinezza e della memoria di segmenti di vita passata, come se nelle sorti della regina africana si nascondano vicende biografiche dello stesso poeta. Soprattutto nella visione ungarettiana il tramonto della vita si consuma in parallelo al declino della civiltà. Infine Didone e Enea di Iosif Brodskij, ovvero pochi ma intensi versi sulle conseguenze distruttive dell’amore intrecciate al destino della città di Cartagine.
di Massimo Bertoldi
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