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Valentina Cortese
Un’attrice multimediale
a cura di Cristina Formenti
Sesto San Giovanni (Mi), Mimesis, 2019, pp. 273
Fissare in un libro la figura di un’attrice è operazione storiografica molto importante: da un lato concorre alla conservazione della memoria, dall’altro, se l’analisi è condotta secondo criteri scientifici e analitici piuttosto che encomiastici, restituisce anche il quadro materiale del “fare spettacolo” con le sue tensioni artistiche e creative, connesse alla realizzazione di uno spettacolo del quale, noi pubblico accomodato in sala, percepiamo solo la punta di un iceberg.
Significativo in merito è il volume Valentina Cortese. Un’attrice multimediale curato da Cristina Formenti che raccoglie una serie di preziosi contributi dai quali emerge una visione a tutto tondo della celebre attrice milanese (1923-2019), capace di affermarsi sulla scena nazionale e internazionale anche per la sua disinvolta dote di confrontarsi con il teatro e il cinema, la televisione e la radio.
Correttamente definita dalla stessa Formenti nel capitolo introduttivo al libro L’ultima vera diva italiana, la Cortese avvia il percorso verso la leggenda tra gli anni ’40 e ’50, quando da Cinecittà entra nell’empireo hollywoodiano dove si ritaglia – come spiegano i saggi di Raffaele De Berti e ancora Formenti – l’immagine della brava e semplice ragazza italiana dai tratti sensuali, prossimi a diventare sex symbol, emigrata per lavoro ma fortemente nostalgica della madre patria.
Al saggio di Paola Valentini, Je suis comme je suis, dedicato all’impegno nel piccolo e grande schermo, segue l’intrigante ricostruzione della lunga e intensa esperienza teatrale iniziata al Piccolo di Milano per interessamento dei Paolo Grassi, che nel 1959 segnala l’attrice a Strehler per la parte di Nina ne El nost Milan di Bertolazzi, studiata con attenzione e rigore in uno specifico saggio del volume da Alberto Bertoglio. Con il regista nasce un connubio artistico e una relazione sentimentale dagli esiti esplosivi su entrambi i fronti. Sul palcoscenico Cortese rivela le sue straordinarie doti espressive e concorre alla riuscita degli spettacoli storici del maestro, dalla quarta edizione del goldoniano Arlecchino servitore di due padroni (1963) ai pirandelliani Giganti della montagna (1966), da Santa Giovanna dei Macellai di Brecht al Giardino dei ciliegi di Cechov (1974), ultima fatica condivisa con Strehler.
Tuttavia l’esperienza al Piccolo continua e per l’attrice si aprono nuovi percorsi di recitazione, a dimostrazione della sua poliedricità, che la impegnano al fianco di registi prestigiosi come racconta il contributo dettagliata di Mariagabriella Cambiaghi. Risulta protagonista, per esempio, nella scandalosa Lulù di Wedekind per la regia “politica” di Patrice Chéreau. Altro passaggio cruciale è l’incontro con Luchino Visconti che nel 1973 la scrittura per Tanto tempo fa di Harald Pinter, spettacolo in scena al Teatro Argentina di Roma e passato alla storia anche per il duro scontro tra il drammaturgo inglese e il regista italiano, come bene ricostruisce Federica Mazzocchi analizzando gli interventi testuali di Visconti e le dinamiche della messinscena.
Non passa in secondo piano l’impegno della Cortese nel musical e nel melodramma (vedi il saggio di Cambiagi), come è approfondito da Simone Soranna il capitolo relativo alla collaborazione artistica con Franco Zeffirelli, contenuto per il teatro solo a Maria Stuarda di Schiller, più duraturo nel cinema con la realizzazione di Fratello sole, sorella luna, Gesù di Nazareth, Storia di una capinera.
Questo interessante e esaustivo omaggio a Cortese si completa con le testimonianze di Maurizio Porro e di Fabrizio Ferri pubblicate in Appendice.
di Massimo Bertoldi
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