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LIBRI

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Thornill

di Pam Smy

Crema, UovoNero, 2017, pp. 538

Il genere “graphic novel” è nato poco più di un decennio fa in contesto anglosassone, ed anche nell’editoria italiana si è ormai consolidato, in particolare fra i lettori più giovani, con un proprio profilo e propri autori di riferimento (Zerocalcare, tanto per fare un nome). La letteratura per ragazzi comincia a registrare anche qui un interesse specifico, e la recente uscita di un importante lavoro ad opera di Pam Smy testimonia l’accresciuta rilevanza che sta assumendo tale genere di letteratura.

L’autrice inglese, che insegna illustrazione alla Cambridge School of Art presso la Anglia Ruskin University, ha creato un prodotto dal titolo Thornhill, in cui testo ed immagini si alternano in una narrazione continua e cadenzata, dove la forza del testo si incrocia con quella del potere descrittivo dell’illustrazione: la gamma degli effetti grafici è controllata appieno attraverso una potente padronanza tecnica, una favola “nera” in cui la scelta della gamma dei grigi, dei neri, ed un bianco di luce accecante, si alternano fino a costringere il lettore ad entrare in un universo visivo e letterario completamente controllato dall’autrice.

La storia si svolge lungo un duplice binario temporale, sospesa fra il 1982 della vicenda tragica di Mary, ragazzina abbandonata dal mondo in una casa-accoglienza che non si accorge della sua sofferenza, e il 2017, il contemporaneo isolamento di Ella, adolescente sola con un padre invisibile, anch’essa in discesa verso la distruzione. Le 530 pagine del libro si leggono d’un fiato, le sospensioni prodotte da un foglio implacabilmente nero indicano una forza narrativa di genere tutta da esplorare. L’impressione però è quella di un’opera incompleta: è la prima volta di una notevole illustratrice con una prova narrativa anche di tipo letterario, e spesso si vede. Anche se il notevole Philip Pulman ha tenuto a battesimo il libro, una maggiore densità e maturità di scrittura avrebbe giovato alla narrazione, che qualche volta ripercorre con eccessiva frequenza luoghi comuni narrativi, che indeboliscono la struttura.

Rimane l’impressione che il genere sia ancora da sviluppare nella sua pienezza; e che risulti estremamente raro trovare autori in grado di controllare appieno la complessità della scrittura, e la competenza tecnica dell’illustrazione. Risulta evidente come in Inghilterra lo stile del disegno si posizioni su una grande tradizione di illustrazione, e molto meno di fumetto, a differenza del contesto italiano, dove il modello di riferimento dominante pare essere la strip. È un modo nuovo di creare una massa narrativa coinvolgente, e forse occorre possedere una cultura visiva – per potere godere appieno del genere – che in Italia appare un po’ offuscata, essendosi smarrita quella grande tradizione di disegnatori che si poteva vantare fino a 30 anni fa.

parere di chi scrive, per un breve, denso ed incredibile periodo siamo stati in cima alla capacità narrativa internazionale – aspra, lirica, sgradevole anche – per testo e disegni, con un autore passato come una meteora indimenticabile, che giusto 30 anni fa ci ha lasciato con un vuoto mai più colmato: e il cui nome era Andrea Pazienza. Il libro di Smy non è a quel livello meteorico. Ma rimane un prodotto interessante, ricco, bello da sfogliare. Nero e splendente.
 

                                                       di Andrea Felis

 

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