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Educazione e Libertà
Atti del convegno di Castel Bolognese (22 ottobre 2017)
a cura di Andrea Papi
Ragusa, La Fiaccola, 2018.
Da sempre il movimento libertario propone non solo e non tanto “scuole” (dove già l'espressione è connotata in modo radicalmente diverso, vista l'origine carolingia, dunque imperiale della schola) ma forme di educazione (in cui il termine riguarda anche quello di “istruzione”) alternativa, “altra” rispetto alle forme di educazione-istruzione classica. Tali forme di educazione sono, come insegna e documenta il pedagogista e storia della pedagogia, Francesco Codello, principi di educazione libertaria. Sono presenti da sempre nella storia, culminando nell'esperienza tolstojana di Jasnaja Poljana e in quella di Summerhill di Alexander Neill, che sussiste tuttora.
Come rileva dal canto suo il coordinatore del convegno Educazione e Libertà da cui questo libro nasce, Andrea Papi, saggista per anni attivo quale educatore e artista nell'Asilo Nido di Forlì, “Apprendere fa parte del patrimonio genetico con cui nasciamo ed è uno strumento formidabile di affinamento costante della relazione con l'altro da sé, il mondo con cui entriamo in rapporto” (p. 14). Aggiunge inoltre: “"Non ha perciò senso supporre di insegnare ad apprendere. Avviene già naturalmente […]. Semmai, dal momento che per farlo al meglio c'è bisogno di una condizione di libertà per potersi manifestare e muovere, si potrà favorire e aiutare affinché ci sia effettivamente, sapendo che limitazioni e condizionamenti imposti sono anche limitazioni dell'apprendimento” (ibidem).
A questo punto il problema del “come” educare-insegnare rimane, certo volutamente, aperto. Replica in maniera non peregrina (tutt'altro) Raffaele Mantegazza, docente di scienze umane e pedagogiche presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Milano Bicocca: “L'educazione è tutta intrisa di società: di questa società. E in un contesto sociale caratterizzato dal potere, l'educazione è una relazione di potere” (p. 28), tanto che “aprire una comune per ragazzi, iscrivere i propri figli a una scuola libertaria, è un atto asimmetrico, presuppone una scelta sulla nostra società […] non contrattata con i bambini e i ragazzi; diciamolo fino in fondo: una scelta imposta” (p. 30).
Fatti salvi i principi sanciti attualmente dalla Costituzione, che garantiscono a “enti e privati” il diritto di “istituire scuole e istituti di educazione” (art.33), ma nel contempo prevedono Esami di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole e per la conclusione di essi e “per l'abilitazione all'esercizio professionale” (ibidem). Si tratta, in altri termini, della continua spinta-morsa verso l'utopia (Otto Ruehle, volendo, ma in tutti i pensatori variamente definibili come “libertari”) e la realtà che, bene o male, contempla limitazioni e determinazioni precise, che regolano la vita sociale: un dilemma cui, francamente, appare difficile sottrarsi, specialmente in un contesto sociale che, lo si voglia o meno, risulta essere sempre più complesso.
di Eugen Galasso
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