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Marco Boato
Il lungo '68 in Italia e nel mondo. Cosa è stato, cosa resta
Brescia, La scuola, 2018, pp. 350.
Non è un titolo scelto a caso quello che l'autore dà al saggio in questione, ma indica una ben precisa periodizzazione: l'anno 1968 fu l’anno cruciale di una fase lunga che nasce prima e finisce dopo e che va dai primi anni Sessanta alla fine dei Settanta. Il bilancio per Boato è positivo e l’eredità storica del 68, nonostante errori ideologici, contraddizioni politiche, ingenuità e slanci utopici, resta fondamentale soprattutto per alcuni mutamenti di costume e istituzionali che hanno trasformato la società italiana.
Il lungo 68 osserva e comprende in un orizzonte più ampio vicende e persone del passato (da padre Camillo Torres a Mao Tse Tung…). Boato non dà nulla per scontato. Spiega, ragiona e interpreta, in quella che egli stesso ha definito una “ricostruzione storico-critica del 68”. In queste pagine vibra ancora, non spenta, la fiamma della convinzione e anche della passione, peraltro mai abbandonata dall'autore anche nella sua attività politica contemporanea.
La realtà del 68 italiano è indagata nei prodromi delle lotte sociali e delle inquietudini intellettuali dei primi anni sessanta, nelle ragioni legate ai cicli economici del dopoguerra, nelle ventate di ribellione che venivano dalle generazioni beat americane e dalle lotte di liberazione nel terzo mondo, fino alle innovazioni profonde che si agitavano anche nel dissenso cattolico post-conciliare. Inoltre la mappa del 68 tocca paesi dall’Africa all’Asia, dalla Germania agli Stati Uniti, dalla Francia (il maggio francese) alla Turchia, alla Spagna, ai paesi dell'Europa orientale, al Brasile, al Messico, alla Cina della rivoluzione culturale ecc.
Nel libro di Boato le ricostruzioni e le argomentazioni sono articolate con precisione e rigore, supportate da un apparato di note e riferimenti bibliografici documentatissimi. Un capitolo ad esempio ricostruisce un aspetto che potrebbe sembrare “obsoleto” o marginale: “I partiti della sinistra e il movimento del 68”. Si racconta la complessa dialettica di posizioni assunte via via dai partiti della sinistra storica verso le lotte del 68, e la ragione è evidente: nel movimento il difficile rapporto coi partiti, e soprattutto col Pci, era un tema cruciale. Altrettanto accurato è il capitolo su un altro tema poco visitato, ma importante per comprendere certi meccanismi che portarono alla formazione di una nuova “élite sessantottina”, e cioè il passaggio dai cosiddetti “organismi rappresentativi”, i parlamentini delle vecchie rappresentanze più o meno partitiche degli universitari, al movimento di massa, che partiva dal basso e rifiutava le precedenti sigle.
Nella seconda parte del libro l'autore si scioglie verso una narrazione più memorialistica, misurata ed attenta. Non senza indulgere ad un ricordo cui si dimostra particolarmente affezionato e che rivela, già dieci anni dopo il 68, il suo atteggiamento antiretorico: si tratta di una “poesia nel decennale” intitolata Il 68 è morto: viva il 68! scritta nel gennaio del 78 per il settimanale diocesano “Vita Trentina” e che diede il titolo anche all'omonimo volume edito da Bertani. Boato ricorda altri incontri di profondo interesse con poeti e intellettuali tra cui Pasolini, Herbert Marcuse, Carlos Franqui, Mauro Rostagno, Renato Curcio.
Il secondo capitolo di questa seconda parte raccoglie le più frequenti domande che oggi e negli anni passati le generazioni più giovani hanno posto a Boato in dibattiti e assemblee; e le sue risposte, un po’ da studioso e da prof e un po’ da protagonista e militante, che ancor oggi dà o cerca di dare, in primo luogo a se stesso. Inevitabile quella se ci sarà un nuovo 68, originale quella se Papa Francesco è un “sessantottino”. Alla domanda se il terrorismo possa considerarsi una conseguenza diretta del 68la risposta dell’autore è particolarmente netta: dall'analisi delle diverse formazioni clandestine in campo, degli atti di violenza armata compiuti e delle diverse fasi, l'autore esclude che la violenza terroristica nasca dal 68 e afferma che il terrorismo fu la tomba dei movimenti collettivi del 68.
di Carlo Bertorelle
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