|
Marco Tutino
Il mestiere dell’aria che vibra
Una visita guidata nei segreti della musica e dell’opera lirica
Firenze, Ponte alle Grazie, 2017, pp. 256.
«La musica non è un oggetto, accade (…) Si manifesta, sempre diversa, veste il tempo di un suono, oppure torna in un luogo immanente e invisibile. In mano, tangibile, solo una partitura, piena di segni che non sono che piccole tracce misteriose che dovrebbero consentire agli interpreti, vocali e orchestrali, di far vibrare l’aria» (M.T)
Per tutti gli appassionati di opera, come per gli spettatori occasionali, per i teatranti di ogni ordine e grado, ma anche per chi della scena ha solo un vago sentore, Il mestiere dell’aria che vibra è un libro curioso appassionante, in cui l’autore, ripercorrendo la propria biografia che lo ha portato a essere uno dei più acuti e sensibili compositori della lirica contemporanea, e rendendo al contempo omaggio ai “mestieri della scena”, accompagna in un viaggio incantevole attraverso i multiformi sentieri della composizione e dell’evoluzione musicale e culturale di un’epoca e di un Paese.
Lo stile narrativo limpido e ironico, ammiccante ma mai autocelebrativo, rispecchia il profondo amore per il proprio lavoro e per il proprio linguaggio espressivo e conquista il lettore sin dalle prime pagine, permettendogli di insinuarsi nelle pieghe artistiche e umane del processo creativo, dei suoi meccanismi intuitivi, dell’elaborazione sensibile di una materia, di quegli scarti interiori che portano la ratio a dialogare con una regione più fonda, più nascosta, più sottile, che alberga nel nucleo pulsante dell’artista e lo fa traduttore di una realtà universale cui il compositore dà forma e suono.
Tutino racconta e raccontando crea davanti ai nostri occhi uno scenario vivo e vitale, che chi conosce la sua musica non può non legare all’intensità del suo suono, all’assoluta teatralità delle sue composizioni – i cui libretti attingono a piene mani e con grande fedeltà dalla letteratura contemporanea e le donano una veste inedita, spesso spiazzante, sempre incredibilmente viva – capaci di rendere, nella trasposizione lirica, tutto il corpo drammatico di capolavori come La Ciociara o Miseria e Nobiltà (un’emozione assoluta, quest’ultimo, per tutti gli appassionati di teatro, un tributo a Scarpetta e al grande Eduardo come se ne vedono pochi), così come l’incanto fiabesco di un Pinocchio, un Gatto con gli Stivali o di un Peter Pan nel “dialogo concertante” Peter Uncino (con una strepitosa Milva nella parte di Capitan Uncino), il verismo intenso e tragico de La Lupa, o ancora la purezza drammaturgica di un Cirano.
Ponendosi in una franca relazione dialettica col lettore, l’autore parte dagli esordi, non facili, e dal confronto con quell’urgenza che lo ha portato a definirsi, assieme ad un nutrito gruppo di altri giovani colleghi con cui poi ha condiviso il proprio manifesto culturale, “neoromantico”, orientandosi verso un tipo di composizione musicale che potesse recuperare i valori del grande passato operistico inglobando allo stesso tempo i multiformi linguaggi (e metalinguaggi) del presente con la loro ricchezza espressiva e vitale, in contrapposizione a una temperie culturale e artistica – quella degli anni Ottanta – che tendeva a criticare aspramente e a rigettare la connotazione melodica per spingersi in territori decisamente più avanguardistici, elitari, spesso autoreferenziali. In lucida analisi retrospettiva, su cui a tratti sospende il giudizio, Tutino mette il suo silente interlocutore a confronto con il coraggio delle scelte – le sue, le molte, spesso sofferte – e con la necessità di rimanere fedele alla sua chiamata creativa (al suo “Angelo”, come il Maestro la definisce), traghettandolo con onestà e senza piaggerie attraverso il variegato mare delle sue battaglie e dei suoi trionfi.
Luca Ronconi, Gabriele Salvatores, Giorgio Gallione, Valter Malosti, Pierluigi Pizzi, Gabriele Lavia, Leo Muscato, Hugo De Ana, Damiano Michieletto, Giancarlo Cobelli, Francesca Zambello, Rosetta Cucchi tra i registi che hanno messo in scena le sue opere, acclamate e rappresentate in tutto il mondo. Il mestiere dell’aria che vibra è un tributo d’amore alla musica e al teatro, e a tutti coloro che ne fanno parte e che ne rendono possibile la magia, pur in un Paese – il nostro – dove la bellezza e la cultura devono spesso arduamente lottare per vedersi riconosciute, incoraggiate e sostenute.
di Alessandra Limetti
|