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Tino Carraro
Attore di regia

a cura di Giacomo Della Ferrera e Francesca Rigato

Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2023, pp. 229.

È vincente l’iniziativa di Mimesis di affidare ad un gruppo di giovani e competenti studiosi provenienti dagli atenei di Milano e Firenze la stesura del volume Tino Carraro Attore di regia inserito nella collana “Quaderni degli attori milanesi”. «Più che una ricostruzione biografico-critica – si legge nella Premessa – si tratta, per usare una metafora teatrale, di una sequenza di ‘scene madri’ della vita del Carraro attore, che ne evidenziano le scelte professionali, il rigore metodologico nello studio e nell’approccio al mestiere, la dimensione artistico-recitativa e, non ultimo, il contributo umano».

Sono importanti gli esordi del milanese Carraro (classe 1910) caratterizzati – come racconta Francesca Rigato – da percorsi artistici ora legati a compagnie private di derivazione ottocentesca ora al nascente teatro di regia praticato da Gorgio Strehler e Luchino Visconti. Perciò l’attore cresce conservando le lezioni della tradizione e acquisendo, in parallelo, nuovi metodi espressivi e interpretativi a livello di approccio testuale.
Dal 1952 al 1962 diventa primo attore al Piccolo Teatro di Milano e l’esperienza lascia un segno indelebile per la sua crescita e carriera, come si legge nel saggio di Giacomo della Ferrera incentrato, tra l’altro, sulla partecipazione di Carraro a El nost Milan di carlo Bertoluzzi.

«Tutto mi viene da Bertolt Brecht. Mi sono ‘sposato’ con Brecht o meglio con il suo metodo» assimilato da Carraro in occasione della celebre messinscena strehleriana dell’Opera da tre soldi (1955-56) ricostruita con particolare attenzione da Martina Guerinoni: impegnato nei panni del gangster Mackie Messer, è applaudito dallo stesso Brecht presente al Piccolo; come altrettanto rilevante risulta l’esibizione accanto a Mina del collage Io, Bertolt Brecht, n.2 (1974-75).

Altra leva artistica fondamentale per Carraro risulta l’incontro con il repertorio di Cechov, soprattutto con Il giardino dei ciliegi in tre distinti momenti, come illustra Giacomo Della Ferrera: nel 1955, guidato dalla regia storico-filologica di Strehler veste i panni del mercante Lopachin, ruolo assunto anche nell’edizione, tra farsa e vaudeville, firmata da Luchino Visconti nel 1965; infine nel 1969 Mario Ferrero gli affida la parte dell’abulico e inetto Gaev.

Il dettagliato contributo di Chiara Boatti ripercorre il copioso impegno di Carraro per la televisione e i cinema a partire dal 1952 fino agli anni Ottanta. Generalmente interpreta la parte del cattivo come ne Il mulino del Po di Sandro o in Cadaveri eccellenti di francesco Rosi.

Carraro definisce «seconda giovinezza d’attore» la sua versatile attività a seguito della momentanea rottura con Strehler: lavora, secondo quanto racconta Giulia Bravi, con molti registi, tra i quali Orazio Costa e Ruggero Jacobbi. Esaurita la non trascurabile parentesi con la Compagnia dei Quattro diretta da franco Enriquez, nel 1967 Carraro è scritturato dal Piccolo di Milano per Lulu di Frank Wedekind secondo la regia di Patrice Chéreau. Si tratta di una sorta di preludio al ritorno nel 1971, di un anno anteriore a quello del rigenerato Strehler, ora intenzionato a rileggere i classici in «chiave contemporanea poiché per lui – spiega la Ligato – il teatro e il palcoscenico rappresentano la vita e il mondo».

Si apre un ciclo di spettacoli di superlativa bellezza come Re Lear considerato dallo stesso Carraro «il più matto dei personaggi scespiriani». E l’attore risponde con una prova magistrale, «struggente e esaltante» come la definisce Paolo Grassi. È l’indice del suo totale splendore artistico che si conferma ne La tempesta del 1978 nei panni di Prospero, «uno di quei personaggi magici – ricorda Carraro – che obbligano a rinnovarti ogni sera, è come se fosse sempre una ‘prima’, scattano intonazioni, ricordi, pensieri diversi».

Con la messinscena de Il temporale di August Strindberg del 1980, altro grande successo di Carraro, si conclude questo interessante ed esaustivo volume, arricchito da una raccolta di testimonianze che impreziosiscono la conoscenza di questo fondamentale attore italiano del Novecento che abbandona la scena nel 1994 (morirà l’anno dopo) con la partecipazione alla quinta edizione dei pirandelliani I giganti della montagna sempre con Strehler.


                              di Massimo Bertoldi

 

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