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Gianna Giachetti, attrice. Intervista con il teatro
a cura di Enrico Zoi
Firenze, Leonardo Libri, 2023, pp. 102
Per Gianna Giachetti il teatro è il Teatro, là dove la lettera maiuscola significa «motore trainante ed esclusivo della sua esistenza», come sottolinea Fabrizio Borghini nella Postfazione a questo intrigante e appassionante volume Gianna Giachetti, attrice. Intervista con il teatro, a cura di Enrico Zoi.
Nata a Sesto Fiorentino nel 1935 e attiva sui palcoscenici italiani dal 1954 al 2018, annovera anche importanti esperienze cinematografiche. La narrazione di questo percorso artistico – ordinato in senso cronologico e basato su ricordi e aneddoti dal palco ai camerini, curiosità e profonde riflessioni – compone un quadro storico delle trasformazioni della vita teatrale e culturale italiana.
Pur figura di prestigio a fronte di un repertorio assai lusinghiero, dell’attrice colpisce l’umiltà artistica («ho sempre saputo di non avere una cultura ufficiale e di essere un’autodidatta e ho la consapevolezza di non essere un genio, ma un’artigiana seria e lavoratrice sì») declinata lungo una carriera assai luminosa a contatto con il teatro considerato «porta magica che si spalanca su tutta la storia dell’uomo».
Nell’intervista a Zoi le parole della Giachetti diventano una sequenza fotografica che immortala, attori, registi, spettacoli a partire dagli anni formativi presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, dove risulta allieva di Orazio Costa, al debutto in Ifigenia in Tauride nel 1957 recitando al fianco di Lilla Brignone ed Enrico Maria Salerno. Si prosegue con il trasferimento al Teatro Stabile di Torino dove Gianfranco De Bosio la inserisce, tra l’altro, nel cast del brechtiano Arturo Ui che al Teatro Valli di Roma irritò «i fascisti [che] con alcuni microparacaduti, dal loggione lanciarono nella platea topi vivi!».
Siamo all’inizio degli anni Sessanta durante i quali la Giachetti si esibisce con attori prestigiosi quali Oreste Lionello, Sergio Tofano, Franco Parenti, Lia Zoppelli, Annibale Ninchi, Corrado Pani. Inoltre colleziona altri spettacoli fondamentali, come Le tre sorelle per la regia di Giorgio De Lullo, accompagnati da un dinamico girovagare che la porta all’Aquila e al Teatro Stabile di Bolzano, fino al grande incontro con Romolo Valli e Tino Biazzelli nel biennio 1977-1978.
La morte di Luchino Visconti nel 1976 e di Valli nel 1980 è destinata a lasciare un segno indelebile. È vissuta come il declino di un’epoca: finisce la stagione dei Maestri e inizia quella delle nuove generazioni che «recidendo il tutto (la tradizione) con il motto “morte al teatro borghese”. Ma se togli le radici, togli l’anima», commenta amaramente l’attrice che continua l’attività fino al 1994 con Luigi Squarzina, Glauco Mauri, Pino Micol, Massimo Castri, per poi vivere una pausa di silenzio dalle scene fino al 2001. Si congeda definitivamente dal teatro nel 2016 con il pirandelliano “Il berretto a sonagli”.
In questa “Intervista con il teatro” c’è anche lo sguardo del mondo dell’attrice anziana secondo considerazioni amare relative anche al teatro: «Si sono fatte avanti orde di incompetenti, solo per vanità, perché è affascinante collocare il proprio “io” e la sua espansione, per cui tutti sono attori e tutte attrici, tutti politici e ministri». A monte di questa trasformazione, ancora oggi viva ed evidente, la Giachetti individua il declino del grande teatro borghese e, di riflesso, quello dell’attore di tradizione con l’avvento della drammaturgia postmoderno a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Il risultato produce una sorta di dispersione e banalizzazione della cultura dello spettacolo che mortifica le abilità artistiche di «un numero enorme e tragico di persone affascinate dalla droga di “io farò, io regista, io qui, io là, cioè di vite rovinate che non faranno mai nulla».
Questo e altro sostiene Gianna Giachetti, attrice per nulla celebrativa di sé, sincera e diretta nell’avanzare critiche anche severe al teatro contemporaneo che non è più il suo Teatro.
di Massimo Bertoldi
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