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LIBRI

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Arte e passione
Gli attori nel teatro europeo del XIX secolo

di Paola Degli Esposti


Roma, Dino Audino, 2023, pp. 192
 

Il titolo dato da Paola Degli Esposti, Arte e passione, contiene in sé la cifra connotativa de Gli attori nel teatro europeo del XIX secolo, come detta il sottotitolo di questo libro propositivo di una panoramica assai efficace e ragionata relativa ad un periodo di grandi trasformazioni, nella scrittura drammaturgica e nel mestiere dell’attore, secondo percorsi che si incrociano, si allontanano, si sviluppano di luce propria.
Si tratta di esperienze maturate in età romantica, o a esse legate, dalle quali si enucleano – secondo quanto afferma l’autrice - «diversi tipi di battaglie, politiche, culturali, artistiche, ideali», in precise aree geo-culturali.

Un clima battagliero e turbolento si respira sui palcoscenici francesi dalla rivoluzione del 1789 all’età napoleonica. Spicca l’estro innovativo di Francois-Joseph Talma, oscillante tra classicismo e preromanticismo tragico con soluzioni espressive vicine al realismo, che rapidamente fanno scuola e trovano in Mademoiselle Mars e Marie Dorval due eccellenti seguaci capaci di adattare il modello al linguaggio comico.
La tensione creativa mossa dalla volontà di cambiamento informa di sé anche la scena inglese a cavallo tra Sette e Ottocento: il fulcro è la rivalità tra Philip Kemble – attore formalista, tecnico, poco emotivo – ed Edward Kean, interprete tragico e romantico, dall’atteggiamento ferino e dalla gestualità animalesca.

Nell’area tedesca dominano i modelli offerti prima da Ludwig Schröder con la sua ricerca verso la verosimiglianza armoniosa tra gesto e dizione derivata dallo studio attento del personaggio e del testo; poi da Ludwig Devriert, figura iconica del romanticismo molto apprezzata da ETA Hofmann per l’equilibrio espressivo nell’orchestrazione del linguaggio comico e drammatico, come evidenziato nel suo celebre Shylock dello shakespeariano Mercante di Venezia.

Preziosi contributi di rinnovamento arrivano anche dall’Italia grazie all’operato di Gustavo Modena, attore dal pensiero mazziniano, convinto sostenitore della funzione educativa del teatro, sensibile ai coevi orientamenti europei tanto da preludere alla figura del regista e anticipare i tratti del Grande Attore.
Altrettanto fondamentale è l’attività svolta da Adelaide Ristori sostenuta dalla «partecipazione sentimentale» verso il personaggio del testo, per raggiungere la bellezza artistica svincolata dal verismo considerato «incolore, freddo». Di non trascurabile importanza è il tentativo di scardinamento della compagnia di tradizione attraverso una attenta e meticolosa attenzione verso le abilità attorali dei componenti, come sperimentato nella Compagnia Drammatica da lei stessa diretta.

Se in Italia il teatro del secondo Ottocento risulta dominato dal Grande Attore, in gran Bretagna risulta centrale l’actor-manager, ossia lo stesso attore capocomico impegnato nella messinscena e nella gestione amministrativa e promozionale della compagnia, che la Degli Esposti riconosce nell’attività dell’intraprendente Henry Irving.

Il primo Grande Attore analizzato è Ermete Novelli che si caratterizza per l’adozione di un’improvvisazione derivata dallo studio meticoloso delle peculiarità interiori del personaggio, per arrivare ad una recitazione, sobria frutto di «manipolazione artistica dei dati reali».
Ci si avvia verso il Novecento con due attori shakespeariani di grandi doti tecniche e dotati di un grande bagaglio mimico-gestuale, uniti dalla drammaturgia delle emozioni declinate nell’arte scenica pur con esiti contrapposti: da un lato si anima il classicismo filtrato nel positivismo di Tommaso Salvini, dall’altro lato il romanticismo di Ernesto Rossi, attore molto apprezzato da Josef Kainz, stella del viennese Burgtheater caratterizzata da una recitazione limpida, vicino al naturalismo dei Meiningen ma intrisa di tratti nervosi e elettrici.

Il cerchio si chiude con due fondamentali e divergenti signore della scena, Sarah Bernhardt ed Eleonora Duse, che aprono definitivamente le porte al Novecento, con le loro inquietudini e utopie, in un dialogo artistico oscillante tra rottura e continuità con le eredità del teatro ottocentesco radiografato e raccontato da questo intrigante contributo della Degli Esposti.
 

                              di Massimo Bertoldi  

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