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LIBRI

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Teatro III

di Marivaux

a cura di Paola Ranzini
prefazione di Monica Pavesio e Stephane Kerber

Lo stratagemma riuscito
Il quiproquo
La gioia imprevista
L’isola degli schiavi
L’isola della ragione
La colonia

 

(Imola Bo), Cue Press, 2023, pp. 262

La pubblicazione di Teatro III di Marivaux che segue i primi due volumi editati nel 2021 e 2022, risponde ad un ambizioso e prezioso progetto di Cue Press finalizzato alla divulgazione del repertorio, conosciuto in Italia solo attraverso poche e irreperibili traduzioni, di questo grande commediografo francese molto legato al Théâtre Italien di Parigi, dove nel Settecento si esibivano le compagnie dei Comici dell’Arte e dai quali apprese lezioni stilistiche e tematiche.

Il volume in questione è diviso in due blocchi testuali. Il primo occupa tre opere scritte per gli attori della Comédie Italienne guidata da Luigi Riccoboni e catalogate come pièces d’été, ossia rappresentate, anche se con poco successo, durante i mesi estivi. Lo stratagemma riuscito (1733), Il quiproquo (1734) e La gioia imprevista (1738) condividono la modalità compositiva incentrata sull’esplicazione dei meccanismi della finzione per meglio indirizzare la concentrazione dello spettatore verso le peculiarità dei personaggi animando, in questo modo, una sorta di autorappresentazione, come spiega nei dettagli Monica Pavesio nell’Introduzione.

Ne Lo stratagemma riuscito si anima l’intreccio comico della doppia infedeltà praticata dalla Contessa e dalla Marchesa e, nella sfera dei servi, da Lisetta, fidanzata di Arlecchino, che accetta il corteggiamento di Frontino.
All’epoca conobbe solo tre rappresentazioni Il quiproquo, commedia ricca di equivoci, travestimenti e di scambi di persone tra due sorelle anche loro coinvolte nelle dinamiche dei corteggiamenti, prima caotici e ambigui poi a lieto fine.
Il protagonista de La gioia imprevista è un giovane provinciale arrivato a Parigi con il servo Pasquino per comperare una carica nobiliare e per cercare moglie, poi trovata nella bella Costanza, dopo tante complicazioni provocate tra l’altro dal padre che, mascherato, intende controllare di nascosto il figlio.
Spetta a Paola Ranzini la meticolosa ricostruzione della fortuna e interpretazione scenica dal ‘700 al oggi di queste tre commedie che risultano assai controverse in sede critica e alle quali mancava la versione italiana ora offerta dalla traduzione della Pavesio.

La seconda parte di Teatro III contiene il cosiddetto trittico delle Isole, ovvero i «mondi alla rovescia, isolotti di pensieri, spazi di immaginazione, fantasie politiche» di Marivaux, secondo quanto si legge nella luminosa introduzione di Stephane Kerber. Ne L’isola degli schiavi (1725) domina il tema dell’uguaglianza sociale come vissuta da Arlecchino e dal padrone Ificrate sbarcati su un’isola dove tutto è lecito, compreso il rovesciamento dei ruoli tra uomo e donna; il fondamento della ragione informa di sé L’isola della ragione (1727), in cui otto viaggiatori europei entrano in contatto con un’altra civiltà e dovranno esibire dimostrazioni di ragioni e bontà.

Queste Isole sono semplici divertimenti con elementi carnevaleschi oppure trasmettono messaggi e istanze politiche? «Sono certamente l’uno e l’altro. E molto altro ancora», risponde in merito Kerber ricordando l’educazione morale e sentimentale soprattutto presente tra le pieghe narrative de L’isola degli schiavi. Non solo: nella celebre edizione del 1994 Giorgio Strehler, cui spetta il merito di aver diffuso con successo la commedia in Italia, aveva creato un gioco finemente allusivo per fantasticare, pur con piglio storico-filologico, «il suo primo allestimento da parte di una compagnia di comici italiani attivi a Parigi», ricorda Paola Ranzi nelle pagine dedicate alla ricostruzione storico-artistica dei tanti allestimenti che si sono susseguiti fino ad oggi, compresi quelli de L’isola della ragione, opera meno fortunata, e de La colonia inedita per l’Italia fino alla recente messinscena curata da Beppe Navelli a Firenze per il  Teatro della Toscana nel novembre-dicembre 2022.   

Lo stesso regia, che aveva allestito nel 2015 Il trionfo del dio denaro, si sofferma sui contenuti della commedia ripercorrendone la trama e soffermandosi sullo sfortunato debutto del 1729 cui seguì, come raccontano le cronache dell’epoca, un Divertissement in cui «si cantano i vantaggi che l’amore offre alle donne rispetto agli uomini per ricompensarle del rifiuto di associarle al governo». Composto da Charles-François Pannard e accompagnato dalla musica di Jean-Joseph Mouter, il testo e lo spartito chiudono questa corposa e fondamentale raccolta marivaudiana che restituisce al drammaturgo francese tutta la sua grandezza creativa alla quale manca ancora adeguata visibilità sui palcoscenici italiani.

Difatti si contano sulle dita di una mano i testi allestiti: oltre a quelli citati, si ricordano le tre rappresentazioni de Il gioco dell’amore e del caso per le regie di Massimo Castri nel 1993 (cui compete anche La disputa nel 1992), di Antonio Syxty nel 2001 e di Giuseppe Manfridi nel 2012; de Gli amanti sinceri da L’assemblea degli amori e I sinceri (regia di Claudio Beccari, 1997) e de Il principe travestito a cura di Cristina Pezzoli nel 1997.
Infine ha il sapore della scommessa pionieristica la rappresentazione da parte di Marco Bernardi nel 1988 di Arlecchino educato dall’amore di cui è protagonista un Arlecchino non più maschera scanzonata ma figura galante e scaltra, mossa da ragionamenti di matrice illuministica nel rapporto con la Fata di cui è innamorato. 
 

                                    di Massimo Bertoldi

 

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