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Giallo e nero
di Umberto Gandini
Torino, Robin Edizioni, 2022, p. 149
Giornalista di razza dalla schiena diritta e dalla penna raffinata, traduttore pluripremiato, critico teatrale seguitissimo, apprezzato scrittore di gialli, Umberto Gandini ha lasciato in Alto Adige –andandosene nel marzo del 2021 a pochi mesi dalla scomparsa dell’amatissima moglie – una importante eredità culturale: il suo esempio ai colleghi che lo hanno affiancato per anni al quotidiano “Alto Adige” e per una breve parentesi al Giorno, le dozzine di romanzi testi teatrali tradotti dal tedesco e firmati da autori prestigiosi quali Thomas Bernhard, Walter Benjamin, Werner Fassbinder, Walter Moers, sette romanzi gialli usciti per i tipi di Sperling Kupfer e Robin Edizioni.
Una eredità che si è arricchita nei mesi scorsi, a sorpresa, di un romanzo postumo: tra i files del suo computer il figlio Leonardo ha rinvenuto alcuni racconti inediti e ha dovuto insistere davvero poco per convincere l’editore Robin a pubblicarli assieme a un monologo già finalista a un premio letterario nel 2014 e ad altri racconti coi quali aveva collezionato premi e segnalazioni. Si tratta di un assortimento di inediti e di scritti già conosciuti ma mai pubblicati, riuniti in un volume intitolato Giallo e nero e inserito da Robin nella collana Giraffe Noir. Con una piccola ma preziosa anteprima: a poche settimane dalla sua scomparsa, il figlio di Umberto aveva regalato un primo file al giornale “Alto Adige”, che aveva così pubblicato la storia di un geniale spacciatore di biglietti per saltare le fila nelle code all’ufficio postale.
Chi conosceva il Gandini cronista di razza, editorialista senza peli sulla penna, rispettatissimo critico teatrale, aveva già scoperto nel Gandini pensionato un giallista pieno di ruvida ironia, capace di sbozzare personaggi di gran profilo come l’investigatore Marlòve. A quell’improbabile detective privato coi suoi modi spicci e con la “licenza” assai poco ufficiale di scandagliare la cronaca nera, lo scrittore aveva dedicato nel 2009 Le indagini abusive di Marlòve, investigatore precario, con cui aveva vinto il premio Giallo Limone, e Tutte le indagini abusive di Marlòve nel 2016.
In questa nuova raccolta di racconti non c’è più Marlòve ma gli investigatori sono ancora precari e talvolta involontariamente buffi, mentre il resto della fauna umana che popola queste piccole storie più divertenti che paurose sono individui non meno precari e improbabili, eppure umanissimi e realistici. Con questi racconti rimasti in parte nella memoria del suo computer e dei quali non aveva parlato ancora con nessuno e con nessun editore, Umberto Gandini ci racconta otto storie fra giallo e nero di cui almeno cinque ambientate in Alto Adige. E questo è un valore aggiunto, per il lettore locale. Per quanto riguarda il titolo, va detto poi che il giallo prevale sul nero, nel senso che Umberto Gandini amava la letteratura gialla ma evitava lo splatter, il sangue, insomma. Tanto che il suo giallista preferito era l’americano Stuart Melvin Kaminsky, un modello al quale si era ispirato e col quale condivideva il fatto di intingere la penna anche nell’ironia oltre che nella suspense. Gli anni di cronaca giudiziaria e di nera nei quali Gandini si era formato prima di curare le pagine quotidiane di Interni-Esteri e di Cultura, gli avevano lasciata intatta e fertile la passione per quei piccoli intrighi di provincia, per quei minuscoli ma molto umani personaggi protagonisti oppure vittime di Carabinieri che spesso sembrano usciti dalle classiche barzellette.
In questa raccolta postuma, l’intreccio del primo racconto, La schedina, è un meccanismo perfetto come quelle commedie francesi (alla Feydeau) che Gandini applaudiva in teatro. Meccanismi che l’autore conosceva alla perfezione, dopo cinquant’anni di frequentazione di testi teatrali e di spettacoli. Si tratta di una vicenda che, con una sceneggiatura irrobustita, diventerebbe una irresistibile commedia noir anche al cinema: due coniugi anziani cercano di fregarsi a vicenda in una escalation di colpi di scena che alla fine vede buggerati entrambi, anche se con diversi gradi di fregatura.
Entriamo poi in territorio altoatesino con il secondo e con il terzo racconto: il primo, Zio Ilario, è un noir che sfocia in farsa, tutto ambientato sulla scena di un delitto con sorpresa finale. Il secondo, Sporco cane, è ambientato in centro a Bolzano e coinvolge i carabinieri di via Dante costretti a risolvere il caso di un pregiudicato che dovendo entrare in galera molla il cane a una vecchietta di passaggio. Magistrale, qui, la descrizione del personaggio della vecchia e delle sue ansie. Un piccolo capolavoro psicologico è poi Riscriverà, protagonista un uomo di una diffidenza maniacale alle prese con una lettera che presuppone possibili imprevisti e che dunque va maneggiata per l’appunto, con diffidenza... Ne La lezione di Mao, che forse non è la migliore delle otto storie, Gandini ci trasferisce in Bassa Atesina per risolvere il mistero di un cadavere scomparso, in un intreccio piuttosto complesso. In Misure di sicurezza, il protagonista è uno di quegli improbabili rapinatori che l’autore faceva muovere con sgangherata imperizia anche nei romanzi.
di Fabio Zamboni
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