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Teatro
di Saverio La Ruina
con contributi di Rodolfo di Giammarco,
Franco D’Ippolito, Thomas Simpson
Imola (Bo), Cue Press, 2022, pp. 109
Mancava un’antologia dei testi teatrali di Saverio La Ruina, anche apprezzato attore e regista, già fondatore nel 1992 della compagnia Scena Verticale nella nativa Castrovilli, per poi avviare un’importante carriera artistica puntellata da premi e riconoscimenti prestigiosi capaci di garantirgli risonanza nazionale e internazionale. A colmare la lacuna soccorre il progetto editoriale dell’imolese Cue Press diretta da Mattia Visani con la pubblicazione del Teatro, dal quale emergono con chiarezza le traiettorie drammaturgiche, stilistiche e poetiche, seguite dall’autore.
Per la freschezza del linguaggio e per le tematiche trattate, il repertorio di La Ruina è marcatamente contemporaneo, lucido ed efficace, anche perché «ogni mia ricerca è preceduta da ricerche sul campo».
Difatti Polvere. Dialogo tra un uomo e una donna, testo del 2015 in cui si affronta la violenza dell’uomo sulla donna, si basa su reali testimonianze di ambo i sessi tradotte in un dialogo essenziale, plasmato su un italiano piatto e quotidiano. Si tratta di una violenza sottile, costruita su una serie di gesti apparentemente banali, commenti pungenti e domande ossessive, che progrediscono verso la volontà di annichilimento emozionale della donna. Il dialogo tra i due amanti assomiglia ad un incontro di box.
Qualche passaggio significativo: lui la accusa di essere arida nei sentimenti, di non averla presentato ad una festa come suo fidanzato; oppure la interroga con insistenza su una violenza carnale subita dalla donna alludendo ad una suo possibile complicità, per poi torchiarla sulle sue relazioni passate; l’uomo contesta, inoltre, un quadro di un nudo perché i ginocchi esprimono cattiveria e per l’erotismo trasmesso; con toni da interrogatorio poliziesco chiede perché è stata spostata una sedia.
Non mancano momenti di felicità e di leggerezza, anche se a nulla serve l’invito finale a fare l’amore inteso come volontà di superamento di questa tormentata dinamica sadomasochista vissuta dall’uomo con isteria verbale marcatamente misogina.
Se Polvere è un testo inquietante e viscerale, altrettanto lo è Masculu e fiammina del 2015, di cui è protagonista un gay di provincia, Peppino, impegnato in un lungo e intenso monologo sulla tomba, coperta di neve, della cara madre, alla quale ha sempre nascosto la sua condizione. Dalle sue parole si sprigiona una dolcezza tutta umana, delicata e a tratti imbarazzata. Con dolore pungente e vene di umorismo il protagonista racconta i segreti della sua vita votata allo stesso sesso: si passa dall’abbaglio per un coetaneo vicino d’ombrellone quando Peppino era bambino alla certezza adolescenziale della sua omosessualità; dal suicidio del compagno per vergogna in quanto scoperto mentre si toccava con altri amici al rapporto sentimentale con Vittorio ucciso da uno sconosciuto mentre facevano l’amore in macchina.
Significativamente alla fine di questo appassionante monologo della solitudine e della diversità Peppino scrive sullo scontrino della rosticceria che aveva in tasca: «Svegliatemi in un mondo più gentile»; poi accarezza la foto della madre, raccoglie della neve da terra e si imbianca capelli e vestito, simulando un’auspicata ibernazione.
Dalla discriminazione sessuale si passa con Saverio e Chadli vs Mario e Saleh a tematiche legate al razzismo contemporaneo. All’indomani di un terremoto, in una tenda allestita per sfollati si ritrovano Mario, portatore di valori occidentali e cristiani, e il mussulmano Saleh. Il dialogo parafrasa l’incontro-scontro tra culture e mentalità diverse sostenuto da una scrittura metateatrale che riporta i dialoghi dell’autore-attore con il compagno di scena Saleh. Si sviluppano discorsi, tra i tanti, sul Ramadan e il digiuno, e soprattutto sull’11 settembre e il conseguente terrorismo islamico vissuto come spartiacque dal quale derivano pregiudizi ed etichette razziali alimentate dai media, perciò, in grado di trasformare gli esseri umani simili a marionette del linguaggio. «Siamo diventati dalle mille e una notte tutti terroristi», dice Chadli che poi chiude il testo con un discorso, simile ad un appello, che racchiude tutto il messaggio della commedia:
«Io sono il musulmano. Io sono quelle cose là. E io so cosa vorrebbe quel mondo lì. Ma, ripeto, in questo caso specifico, consegnandogli quella realtà, io penso che se c’è una persona che abbia, un briciolo di sensibilità si interroga. Il fatto di dire: minchia, è vero, cioè questi sono convinti che noi pensiamo di loro che sono tutti terroristi, attenzione, forse dovremmo capire chi sono, o capire chi siamo».
di Massimo Bertoldi
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