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Quaderni di regia e testi riveduti
Aspettando Godot
di Samuel Beckett
Edizione critica di James Knowlson e Dougald McMillan
a cura di Luca Scarlini
Imola (Bo), Cue Press, 2021, pp. 453
«Dare forma alla confusione» dice Beckett a proposito di Warten auf Godot che si accingeva ad allestire per lo Schiller Theater di Berlino nel 1975, ventidue anni dopo il debutto al Théâtre de Babylone di Parigi. Per l’edizione tedesca il drammaturgo-regista rivede e corregge il testo di Aspettando Godot adattandolo al pubblico e agli attori tedeschi. A questi ultimi suggerisce di recitare immaginando di trovarsi su una barca con una falla impossibile da tappare. È quanto riporta James Knowlson, amico e biografo dello scrittore irlandese, nella nota introduttiva a Quaderni di regia e testi riveduti. Aspettando Godot, un volume di fondamentale importanza, per contenuti e rigore scientifico, che conduce il lettore in un labirinto creativo mosso da una visione dinamica e permeabile della parola teatrale.
Si legge una nuova e inedita traduzione, di grande fedeltà al testo originale di Aspettando Godot, impreziosita dalle aggiunte e dai tagli apportati dallo stesso Beckett per l’edizione originale inglese del 1954. La punta di diamante di questa pubblicazione di Cue Press è il Quaderno di regia dello Schiller Theater: sono fogli a quadretti, scannerizzati, scritti con calligrafia rapida e sicura che alterna le parti e le parole del testo in tedesco a descrizioni in lingua inglese dei più piccoli e particolareggiati movimenti degli attori, specificati anche da disegni e schemi circa le loro posizioni e spostamenti in scena. Abbondano le cancellature, con penna nera; non mancano le correzioni e le aggiunte di colore rosso. Significative risultano le didascalie: rivelano silenzi ancora più prolungati e dilatati di quelli canonici, movimenti di millimetrica precisione che riguardano personaggi e oggetti.
Il sofisticato e ricco apparato di note predisposto da Luca Scarlini diventa strumento basilare per cogliere le dinamiche espressive dell’allestimento berlinese, il cui sottotitolo è «una tragicommedia in due atti».
Così questo Warten auf Godot contiene in sé soluzioni sorprendenti e inconsuete. Basta qualche esempio. Nella scena iniziale Vladimir non raggiunge Estragon, è già in scena «a destra vicino all’albero, per metà nell’ombra»; oppure mentre lo stesso personaggio dorme, Vladimir non si muove «irrequieto avanti e indietro», come detta la didascalia del testo originale, ma cammina in senso antiorario lungo un percorso prima seguito da Estragon in senso invece orario.
Si tratta di accorgimenti – annota Knowlson – non banali: rivelano un accurato e minuzioso lavoro di regia basato su «suggestioni piuttosto che affermazioni», creando in questo modo «immagini che si rimandano a vicenda e risuonano nell’immaginazione» animata da anime spoglie guidate dall’ansia di cercarsi e poi distruggersi, appoggiandosi a dialoghi caratterizzati da intercalari secchi e ripetitivi, quasi ossessivi. Prende forma un labirinto teatrale di parole, gesti e movimenti, silenzi e sussulti, espressi da attori quasi grotteschi e imprigionati in una sequenza inconcludente di avvicinamenti e di allontanamenti. Del resto, lo stesso Beckett sosteneva che era «impossibile dipingerli in maniera naturalistica». Ossia Warten auf Godot «deve essere fatto in maniera artificiale, come un balletto» perché «è un gioco alla sopravvivenza».
Questo volume di Cue press è il primo tomo di un ambizioso progetto editoriale che prevede la pubblicazione, tra l’altro fresca di stampa, dei Quaderni di regia e testi riveduti - Finale di partita, edizione critica di Stanley E. Gontarski a cura di Luca Scarlini, per proseguire con L’ultimo nastro di Krapp e gli appunti sui Drammi brevi.
di Massimo Bertoldi
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