IL CRISTALLO, 2012 LIV 1 | [stampa] |
A volte la validità del catalogo di una mostra sta nella sua semplicità, virtù strettamente congiunta con il principio della divulgazione che, in questo caso, significa organizzazione e valorizzazione in un numero contenuto di pagine di un preciso tema culturale, offrendo materiali e documenti esaustivi e suggerendo stimoli per la ricerca scientifica. È il caso del volume Uberto Bonetti un futurista a Bolzano, a cura di Claudio Giorgetti e Silvia Spada Pintarelli, inserito nella collana Quaderni di Storia Cittadina n. 5, Città di Bolzano/Archivio Storico, nonché catalogo dell'omonima mostra recentemente allestita nella Galleria Civica del capoluogo. La semplicità della struttura del libro si dimostra funzionale alle conoscenze. Il contributo di Claudio Giorgetti, Uberto Bonetti biografia, offre notizie essenziali dell'artista di Viareggio: dai contatti con Luigi Pirandello e Filippo Tommaso Martinetti, Fortunato Depero e Curzio Malaparte, ai rapporti con autorevoli quotidiani italiani dell'epoca; dai rapporti con il fascismo alla militanza partigiana, fino all'attività svolta nel dopoguerra, dove si segnala, oltre alla pratica della pittura, un proficuo dialogo con il cinema. Lo stesso Giorgetti firma il saggio centrale del libro-catalogo: Bonetti a Bolzano - Viaggi di un futurista in Trentino Alto Adige, avvenuti negli anni Trenta in un periodo ricco di fermenti creativi. Dipinti secondo il linguaggio figurativo del secondo futurismo, i paesaggi prevalentemente urbani realizzati su carta o cartoncino e inseriti nel corpo delle Aeroviste d'Italia, sorta di bozzetti preparatori per pannelli decorativi destinati agli uffici diplomatici delle colonie, riflettono la visione simbolica e "ideologica" della realtà locale secondo la visione di un osservatore esterno non estraneo alle suggestioni della propaganda fascista. Bonetti fu infatti incaricato dal regime di raffigurare le città di nuova fondazione, tra queste primeggiò Bolzano quale esempio di stile "nuovo italico". Così, nella primavera del 1934, viaggiando per il Nord Italia, l'artista toscano arrivò in Trentino Alto Adige «animato da una insaziabile curiosità e dal bisogno di verificare di persona quello di cui aveva sentito parlare». La modernità era rappresentata, per esempio, dalle case per i ferrovieri realizzate dall'architetto Angiolo Mazzoni a Chiusa e Merano e, più marcatamente, dalla "nuova Bolzano" che stava prendendo forma in quel periodo. Nella copiosa produzione di schizzi sintetici appaiono la Stazione ferroviaria e il Monumento alla Vittoria che Giorgetti analizza con particolare cura evidenziando l'affinamento di una tecnica sempre più orientata verso l'approfondimento dei canoni del futurismo.
Quando Bonetti ritorna a Bolzano, nella primavera del 1936, la città ha completato la sua opera di espansione voluta dal regime e così per l'artista le nuove realizzazioni diventano oggetto di interessanti produzioni figurative. Nelle Aeroviste trovano posto: il palazzo della G.I.L., lo stadio Druso, il Tribunale, il Palazzo delle Poste.
Il breve ma puntuale contributo di Carlo Vanni Menichi, Note sulla fotografia e sul suo utilizzo nelle espressioni artistiche delle avanguardie storiche del Novecento, futurismo e aereofuturismo, affronta le foto aeree scattate dallo stesso Bonetti, che poi usò nella composizione delle celebri e citate tavole delle Aereoviste d'Italia.
In che misura la "grande Bolzano" voluta dal regime affascinasse ed entusiasmasse un artista futurista, emerge con estrema chiarezza dal saggio di Hannes Obermeir, La città e il suo Icaro: Uberto Bonetti a Bolzano nel 1934. Lo studioso inquadra l'operato dall'artista in una città in trasformazione urbanistica e architettonica secondo i dettami totalitari. Fu un'esperienza in un certo senso bifronte: nelle fantasie aeree Stazione+treno+velocità=Bolzano, Simultaneità della Stazione di Bolzano, Bolzano, ecc., le forme futuriste celebrano il mito della velocità marinettiana calata in una realtà di confine, sorta di «tabula rasa che si prestava alla perfezione come palcoscenico per la grandiosità fascista». In questo modo le Aereoviste del 1934 enfatizzano il decollo di un progetto di grandi proporzioni locali in un contesto nazionale e imperialistico. Nel 1936 Bonetti ritorna a Bolzano, ma, come bene scrive Obermair, «l'Icaro si era talmente surriscaldato dato che le sue improvvisate ali di cera iniziarono a sciogliesi, ma invece di precipitare in mare atterrò morbidamente su un prato alpino e incontrò con sguardo affascinato i costumi tradizionali del Renon, di cui creò eleganti modelli da cucito per la Haute-Volée». Argomento questo trattato anche dal conclusivo scritto di Paola Bassetti Carlini: Uberto Bonetti stilista a Bolzano. Un suggestivo rapporto tra moda e tradizione. L'artista eclettico e poliedrico si dimostrò uno "stilista ante litteram" che, colpito dai colori vivaci dei costumi popolati e dai tessuti come il loden e il feltro, a lui sconosciuti, adottò per elaborare schizzi e modelli unici ed esclusivi «secondo un'ottica di produzione seriale industriale o anche di atelier».