IL CRISTALLO, 2011 LIII 2-3 | [stampa] |
Il geniale ingegnere-scrittore-organizzatore culturale Jacques Spitz (1896-1963), ora riscoperto anche in alcune traduzioni italiane (recentissima quella di "L'oeil du Purgatoire" e "La guerre des mouches", romanzi apocalittico-esistenzialistici, se proprio vogliamo definirli, in "L'occhio del Purgatorio", Milano, Mondadori, 2011), riemerge ora in questi testi "Parèrga kài Paralipòmena", ossia tralasciati e inediti, dove questo "repertoire"attento su giornali, riviste, cinema, emissioni radio, teatro, musica, arti visive, libri durante l'Occupazione e subito dopo la Liberazione (il testo è stato steso nel 1945, appunto, quasi contemporaneamente al primo dei romanzi sopra citati), ci pone di fronte a una ricognizione mai solamente quantitativo-numerico-statistica (pur se questo aspetto è presente, anche in maniera solidamente significativa) ma anche qualitativo-valutativa, da cui emergono alcuni tratti di fondo:
A) L'importanza dei fattori economico-produttivi della cultura: per rovesciare una celebre frase dell'ex-ministro dell'Economia italiano Tremonti, potremmo dire "senza cibo non si dà cultura", perché i conflitti mondiali tolsero alla Francia come a tutta Europa le disponibilità finanziarie per fare cultura, da cui una risalita molto lenta in questo settore (i dati sono impressionanti e parlano di per sé);
B) La situazione della Francia con l'Occupazione che a Nord proibiva tutto e al Sud lasciava una zona di "libertà parziale", spesso ben sfruttata da chi riusciva a far passare "cavalli di Troia" (per es. la rivista "Confluence", nella quale Louis Aragon nel saggio "La leçon de Ribérac" spiega con dovizia di elementi come i troubadours riuscissero a far passare, in forma di poesie amorose, una critica larvata e "criptata", ma forte ai poteri del loro tempo -chiara allusione alla situazione allora attuale. Una prova di forza che, aggiunge Spitz, mostra come "la poesia si trovi, nelle ore gravi, di per sé, all'avanguardia del pensiero militante" (op. cit., pp. 38-39). Opera che va sempre al di là del mero "répertoire", dunque, al tempo stesso, ad integrazione e (solo parziale, però) correzione di quanto affermato sopra. Un testo importante, una ricognizione critica, da cui emerge, per dire solo un elemento, da cui però si può indurre molto, che il giornale più letto, al momento della Liberazione, era "L'Humanité", organo ufficiale del Parti Communiste Français, allora disperatamente (mi sia consentito l'avverbio, scelto non a caso) stalinista, sotto la direzione-guida di Maurice Thorez; non a caso il PCF, allora maggioritario (aveva da solo più del 26% dei voti, nel 1947), diviene un partito meno forte di quello socialista solo nei tardi anni Sessanta, mentre la sua vocazione dura, "sovietica" permarrà fino alla fine dell'esperienza dell'URSS stessa (cfr. a tal proposito la parabola del segretario storico Georges Marchais). Da leggere per capire più di un passaggio di storia e non solo di mera storia della politica culturale, già di per sé importante, senza dubbio.