IL CRISTALLO, 2011 LIII 2-3 [stampa]

CLARA KAISERMANN, Voci d'amore da una locanda, 2011

recensione di RENZO FRANCESCOTTI

Quando Clara Kaisermann esordì nel 2007 con la sua prima raccolta di versi Pensieri in poesia, passata inosservata (una raccolta dignitosa ma niente di più), nessuno penso, a cominciare da me, avrebbe scommesso su un così rilevante salto di qualità di questa poetessa di Mezzolombardo, che lavora al Museo di Usi e Costumi della Gente Trentina. Poi è evidentemente successo qualcosa di importante. Da un paio d'anni Clara frequentava i corsi di poesia (e ha continuato a farlo) condotti da chi scrive a Villa S. Ignazio di Trento, giunti quest'anno al loro 13°. I corsi - gratuiti ma limitati al massimo di venti ammessi - hanno come primo obiettivo quello di "leggere" la poesia, ovvero annusarla, riconoscerla, penetrarla, metabolizzarla. Solo il secondo scopo è quello di stanare la predisposizione, la capacità di scrivere in poesia in chi se ne senta vocato. è così accaduto che sei frequentanti dei corsi, due maschi (Walter Vettori e Gianni Nicolini) e quattro femmine (Silvana Tabarelli Cova, Maddalena Primo Carrozzini, Michela Rigotti e la nostra Kaisermann) abbiano esordito col loro primo libro di liriche e magari abbiano raddoppiato con un secondo. Parecchi sono stati anche premiati e segnalati in concorsi di poesia in italiano e in dialetto (nei corsi si mettono i due linguaggi sullo stesso piano). Tutto questo è successo anche a Clara Kaisermann.

Nel suo primo libro di versi in cui lo stesso titolo era un po' anonimo c'erano precisi limiti: la Kaisermann non aveva maturato ancora una sua voce riconoscibile, un suo linguaggio, non si era sottoposta al rigore di un esercizio all'insegna del rigore, della sintesi della ricerca d'immagini nuove e, in certi casi, folgoranti. In questi quattro anni Clara ha lavorato sodo, ha imparato a "leggere" la poesia, ha fatto importanti scoperte letterarie, linguistiche, prosodiche, stilistiche. è così che questa seconda raccolta segna un salto di qualità sorprendente, matura una personalità nuova, originale. A cominciare dal titolo che muove dalla citazione di un brano di Fernando Pessoa, riportato in apertura del libro, che così inizia: «considero la vita una locanda dove fermarmi fino all'arrivo della diligenza dell'abisso...» Oltre che da Pessoa filtrano nel libro di versi suggestioni da Saffo e dai lirici geci; dalla lirica antica cinese ad esempio di un Po Chu I; dalla poesia giapponese della poetessa Okiko Yosano. Ma si tratta di riferimenti, di modelli, di suggestioni che non hanno sapore cartaceo, sono tutti perfettamente assimilati, personalizzati, fatti propri.

La prima metà delle 45 liriche di questo Voci d'amore da una locanda è la rappresentazione di una storia d'amore tra una donna e un uomo. è l'eterno tormentoso gioco della seduzione e della negazione, dell'inseguimento e della fuga, della presenza e dell'assenza, della gioia e dello sconforto, dell'orgoglio e della vergogna, dell'illusione e della delusione, dell'apice e della caduta, della pienezza di vita e della paura di morte: il miele e il fiele dell'amore come nella lirica Mielefièle. La Kaisermann irrompe nella poesia trentina al femminile (espressione di una terra conservatrice, fitta di censure e autocensure) con una voce del tutto nuova e coraggiosa, con un eros caldo, avvolgente, trepidante, esplicito ma mai morboso, scrivendo versi come questi: «quando verrai abbracciami da dietro / fai come il vento con le foglie / la brezza che piega l'erba alta al suo piacere»; oppure «è straripante il capriccio / di mangiare le tue lebbra per colazione»; o ancora «tu che devasti il mio grembo di desiderio / affami la mia bocca dei tuoi baci». Quando la storia d'amore finisce Clara scrive versi come questi: «è un prato incenerito / il cielo. // In quest'ora puttana / che si vende ai migliori ricordi / mi disfo di nostalgia. // Rotolerò come un ciottolo / in un angolo buio della mente.» Poi ci sono le poesie sulla natura (ma anche nelle poesie d'amore per un uomo, la natura è sempre presente come nella lirica L'albicocco («corriamo fuori Amore / l'albicocco / è ubriaco di fiori (...) / non verrà forse / altra stagione in fiore come questa / molto di donna e un po' di eternità»). Alla fine, dopo alcune "fotoliriche" di viaggi (Parigi, Madrid, Cotignac) due poesie dedicato al padre, che questa poetessa di Mezzolombardo ha perso da ragazzina (un trauma mai rimarginato): un papà che Clara coglie nel modo più umano, più familiare: «Dopo l'innesto / accarezzavi sempre le foglioline nuove / ti radevi in cucina / in un rettangolo di specchio»). Con questo suo libro di liriche Clara Kaisermann si unisce al mazzo delle più significative poetesse del Trentino (e non solo), con versi che - a mio avviso - saranno per tutti un'autentica rivelazione.