IL CRISTALLO, 2011 LIII 1 | [stampa] |
"Sgradevoli" questi racconti lo sono perché le storie che racconta la scrittrice triestina Jole Zanetti sono tutt'altro che edificanti e piacevoli.
Sembra quasi un partito preso quello di raccontare storie dure, dolorose, intinte nel color seppia di una visione cupa e pessimistica della realtà. In questo universo borghese di coppie sposate, di matrimoni e di unioni malriuscite, protagonista assoluta è la donna. Si tratti di racconti scritti in prima o in terza persona queste donne hanno sempre di che recriminare contro i loro compagni, accuse da lanciare, vessazioni da denunciare.
La maturità della scrittrice credo sia dimostrata dal fatto che il taglio asciutto e realistico delle vicende, anche quando sono tremende, resta piano, privo di enfasi, quasi sussurrato, benché non di rado il plot si sviluppi fino al diapason del sadomasochismo e raggiunga toni drammatici e disperati. Il male denunciato fa certo parte delle persone e della realtà in cui vivono ma travalica il piano del contingente, si configura come qualcosa di fatale e di metafisico, si iscrive nei foschi disegni del destino. In queste tranches de vie di persone comuni, per motivi quasi sempre inspiegabili o assurdi tutto finisce per tramutarsi in scatti di odio, in gesti laceranti di dispetto, in abbandoni violenti. E ciò riguarda la vita di coppia, unioni di cui l'attore principale è sempre una donna. È una donna che racconta ed è sempre un punto di vista femminile che guida la narrazione fino all'inevitabile dolorosa conclusione.
La casistica che questi 21 racconti abbracciano è assai varia, le storie sono molto diversificate, la tastiera della Zanetti è ampia e duttile. Sono, questi raccontini, degli exempla - o almeno così possono anche venire interpretati - dei casi esemplari e paradigmatici della condizione femminile nel mondo d'oggi, in cui il destino della donna è, quando le va bene, di essere ignorata, o peggio di essere tormentata a causa dell'indifferenza e dell'egoismo dei maschi, della prevaricazione che essi praticano come un'abitudine, come la conseguenza di normali consuetudini di vita. Quasi come se esistesse nel maschio un'attitudine spontanea alla sopraffazione sociale e familiare che le donne - obbedienti e passive per vocazione - subiscono. Così va la vita, nel mondo della Zanetti, e certo il pensiero del lettore va al femminismo, alle mille rivendicazioni che le donne occidentali hanno avanzato nei decenni trascorsi per opporsi in qualche modo a questo stato di cose.
Spesso in questi racconti le donne si ribellano, abbandonano gli uomini distratti e sopraffattori, essi che quando sono con le loro compagne pare passino la maggior parte del tempo a parlare al cellulare. Normalmente vivono fuori casa e quando rientrano lo fanno col cellulare acceso, e magari si spostano in altre parti della casa per non farsi sentire da loro.
Dunque le donne sono capaci di ribellarsi, rivendicano i loro diritti ma lo fanno senza gioia, senza ottenere, si direbbe, niente che le possa riscattare veramente dallo stato di minorità. Restano, pare di capire, ferite e inappagate e la loro vita, anche se cambierà, nulla ci assicura che diventerà una vita accettabile.
Il linguaggio della Zanetti è teso, ricco, vario: una scrittura di buona scuola e di gusto sapiente senza mai scadere nel troppo letterario. "Ieri ho provato un attimo di quella dimenticata voglia di vivere, un'energica bolla d'aria riemersa dal fango: vibravo per l'eccitazione e mi sono illusa di poter dirigere la mia e le nostre sorti verso vite nuove. Annaspavo in spiegazioni contraddittorie, sbattendo contro un muro di gomma che mi respingeva. Invalicabile, indistruttibile" (p. 88).
Le brevi o brevissime storie scorrono in una concisa e icastica secchezza. Sì, la Zanetti è del tutto anticonformista, non concede nulla al buonismo e alle soluzioni simpatiche e promettenti. Il lettore stanco della melassa televisiva ha di che rifarsi la bocca. Il quadro dell'esistenza che gli si para davanti non è mai scontato. Ma l'amarezza e diciamo pure la cattiveria non mollano mai la presa e una sensazione di disagio pervade ogni pagina, provocando, appunto, quelle sgradevolezze anticipate dal titolo. Il sistema narrativo dominante, nelle fiction letterarie e soprattutto in quelle televisive, ha creato un sistema di attese che questi racconti del disamore spiazzano e smentiscono continuamente. E oltretutto non ci sono risarcimenti, alternative ideologiche, nuovi sistemi di ménage familiare che si profilino all'orizzonte. Le coppie si separano e le donne si ribellano. Qualcuna anche uccide. E poi?
La Zanetti si rivela scrittrice vera, capace di padroneggiare sulla pagina gli incubi, gli attacchi di follia, le ossessioni delle sue eroine. E questo è forse tutto quello che si riprometteva. se è così ci è pienamente riuscita.