IL CRISTALLO, 2011 LIII 1 | [stampa] |
Molte volte mi è stato chiesto come è nato il mio amore, anzi il mio entusiasmo per l'Alto Adige. Il mio primo incontro con questa regione risale agli anni 60, quando venni per seguire degli scavi archeologici in Val Pusteria, nell'ambito dei miei studi in lettere classiche all'Istituto di archeologia dell'Università di Padova. In Alto Adige venni poi a vivere stabilmente nel 1967 perché sposai Franco Kettmeir. Con lui e i miei figli, per dieci anni abitammo a Caldaro e ci trasferimmo quindi a Bolzano, nella casa dove abito tuttora e che amo molto. Forse il fatto di non essere nata qui è stato uno stimolo in più.
Fin da quando venni a vivere in Alto Adige, sentivo il bisogno di conoscere a fondo questo territorio. Di volta in volta mi prefiggevo una meta e, ancora con i figli piccoli, andavo alla scoperta dei tanti tesori artistici e naturali che costellano la nostra provincia. Non avrei accettato di vivere qui e di comportarmi come una turista, che spesso si accontenta di notizie superficiali sul luogo visitato.
La mia passione per l'arte, la curiosità per i monumenti storico-artistici racchiusi anche in queste valli alpine, dura ormai da più di quarant'anni ed è per me diventata una seconda natura.
Lo stretto rapporto che mi lega al FAI, il Fondo per l'Ambiente Italiano, dura da circa tre decenni ed è nato in modo del tutto naturale. Quando negli anni Ottanta mi suggerirono di dar vita a una delegazione del FAI a Bolzano, accettai con entusiasmo. La fatica e l'impegno che il volontariato comporta, mi hanno dato anche delle grosse soddisfazioni, vedendo il cammino positivo tracciato in questi anni e decenni. Prima, dal 1981, come capo delegazione di Bolzano e poi come presidente regionale responsabile per l'Alto Adige, ho visto crescere il numero degli aderenti, l'entusiasmo dei tanti collaboratori - che voglio ringraziare uno per uno per il loro sostegno - ed anche la risposta nettamente positiva dei cittadini alle nostre iniziative.
Tutto ciò lo interpreto come una conferma di aver scelto a suo tempo la strada giusta.
«Si ama ciò che si conosce e si difende ciò che si ama». Questa frase di Giulia Maria Mozzoni Crespi, attualmente Presidente Onorario e che è stata una dei fondatori del Fondo per l'Ambiente Italiano insieme a Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli, oltre che veritiera, è particolarmente illuminante per capire la filosofia del FAI. La missione di questo Fondo, nato nel 1975 sull'esempio del National trust inglese, è quella di cercare di preservare il patrimonio artistico nazionale, ma anche di promuovere la sensibilità dei cittadini in favore della tutela e del rispetto della bellezza, della storia e delle sue tracce concrete sedimentate nel territorio. Collaborando con il FAI e sostenendo i suoi obiettivi ho trovato il modo ideale di continuare a coltivare l'educazione alla bellezza, che avevo appreso fin da bambina nel Veronese nella mia famiglia d'origine, completandola in Alto Adige con un saldo rispetto per l'ambiente che ci circonda. Esso deve partire dalla quotidianità, dal luogo in cui viviamo e lavoriamo, dove i nostri figli vanno a scuola. Com'è del tutto evidente, il carattere delle persone viene plasmato dal luogo e dal territorio dove vivono. Se impariamo a conoscerlo e ad amarlo, impariamo anche a difenderlo dalle brutture, dal degrado, legato spesso alla speculazione. Non si tratta solo di un'esigenza estetica; penso che l'educazione alla tutela e al rispetto della bellezza abbia influenze positive anche sui rapporti tra le persone. Quando si vive nel bello, ci si abitua al bello e nel contempo ad un rapporto armonioso ed equilibrato con le persone.
In Alto Adige dove tutto è così curato, dove persino la viticoltura dà un'impronta inconfondibile al paesaggio e impreziosisce come un ricamo i pendii delle sue colline, a prima vista la missione del FAI potrebbe sembrare superflua. Invece proprio qui spesso la gente, pur essendo interessata alla cultura, non conosce a fondo la storia e di conseguenza i beni artistici presenti sul territorio. Molti sono disposti a fare lunghi viaggi in altre regioni per scoprire tesori artistici d'indubbio valore, trascurando però il patrimonio locale. Il nostro lavoro come delegazione del FAI ha contribuito a far crescere la conoscenza dei gioielli artistici che identificano questa provincia, perché discendono dalla sua storia, facendola diventare anche nostra. Con questo spirito abbiamo aperto al pubblico, anche se per uno spazio di tempo limitato, cappelle preziose, palazzi e castelli normalmente non visitabili. Inoltre, con grande successo, abbiamo motivato schiere di giovani "ciceroni in erba" a riconoscersi promotori di queste bellezze.
Non m'illudo di aver fatto nulla di rivoluzionario, ma semplicemente di aver contribuito, con il mio entusiasmo e le modeste forze che una persona normale può mettere in campo, alla costruzione di una società pacificata, più sensibile ai valori fondanti che costituiscono l'essenza stessa della nostra provincia.