IL CRISTALLO, 2010 LII 2-3 | [stampa] |
Lo stretto legame intercorrente tra pratica dello spettacolo e potere politico nell'Italia del Seicento costituisce un dato acquisito dalla storiografia, che negli ultimi anni ha offerto studi specifici di alto livello affinando via via metodi scientifici e strumenti di ricerca. tra gli ambiti più studiati una posizione di rilievo è occupata dalla dinastia Medici, alla quale Leonardo Spinelli dedica un prezioso e originale contributo con il volume Il principe in fuga e la principessa straniera. Vita e teatro alla corte di Ferdinando de' Medici e Violante di Baviera (1675-1731), edito da Le Lettere.
Esauriti i fasti rinascimentali, che avevano accompagnato e celebrato la solidità del governo fiorentino, si entra nell'ultima e turbolenta fase della storia del regno, precisamente quando la granduchessa Margherite Louise d'Orléans abbandona il marito Cosimo III e ritorna in Francia. Il granduca si impegna per il matrimonio del primogenito Ferdinando, ma incontra molte difficoltà in sede di diplomazia internazionale. Dopo fallimentari tentativi durati dieci anni si accordò per la sposa. Si trattava di Violante Beatrice Wittelsbach, principessa cattolica ed erudita (1673-1731), "che sin dall'arrivo a Firenze aveva preso l'abitudine di recitare commedie e inscenare balli nelle sue stanze private", ricorda lo stesso Spinelli. Facendo leva su una ricca e inedita documentazione ricavata da archivi e biblioteche di Firenze, Siena, Monaco di Baviera e Livorno, lo studioso ricostruisce con minuzia il contesto storico, politico e culturale entro il quale maturò la difficile esperienza italiana della principessa tedesca. Solitamente presentata come figura marginale nello scacchiere della corte medicea, si rivelò invece donna capace di sostenere il marito nelle funzioni diplomatiche e, soprattutto, di alimentare con nuovi impulsi la gloriosa tradizione dello spettacolo. Mancò a un compito delicato e importante: garantire un erede al marito.
La ricostruzione storica di Spinelli segue come un'ombra i passi di Violante, ne esplora la personalità, si addentra nel complesso mondo interiore, scava le passioni, racconta situazioni quotidiane segnate anche dai difficili rapporti affettivi con il marito, vissuti nella dimora di palazzo Pitti e nella villa di Pratolino, dove tra l'altro Ferdinando avvertì i sintomi che gli avrebbero causato la morte nel 1713. tuttavia la travagliata coppia sostenne attraverso un accorto mecenatismo, che garantì la presenza di artisti e letterati, cantanti e musici, e uomini deputati all'esercizio delle arti sceniche, un sistema culturale in grado di illuminare con il gioco dell'effimero la prossima decadenza del casato. La cultura dello spettacolo esercitò un ruolo primario, tanto nel consumo degli intrattenimenti privati quanto nell'ambito nella dimensione pubblica. Questo aspetto è il cuore pulsante del libro di Spinelli, attento e rigoroso nella ricostruzione e nell'analisi delle tante manifestazioni che si tennero in primo luogo a Firenze, ma anche a Pratolino e nel teatro delle Commedie di Livorno. Il periodo della vedovanza (1713-1731) fu altrettanto prolifico di iniziative nell'ambito della mondanità di corte. Intanto Violante era stata spostata a Siena per svolgere precisi incarichi politici. Si dimostrò abile e stimata governatrice, nonché promotrice delle arti e dello spettacolo. Nel pieno della sua maturità intellettuale, il suo mecenatismo si caratterizzò anche per l'attenzione, tutta moderna e "progressista", rivolta alle donne. Sostenne pittrici, cantanti e attrici.
Scritto con rigore metodologico, sostenuto da un uso ragionato delle fonti e della ricca bibliografia, arricchito da un interessante apparato iconografico, il libro di Spinelli costituisce un contributo fondamentale per inquadrare lo spettacolo mediceo a cavallo tra Sei e Settecento. Sviluppa inoltre con l'abilità del narratore l'intreccio tra vicende e sentimenti umani, finemente descritti con passione e delicatezza, come furono vissuti e sofferti nel labirinto della corte e dei suoi intrighi.