IL CRISTALLO, 2010 LII 1 | [stampa] |
Due sezioni, ma che si integrano pienamente, anzi in certo modo si corrispondono (beninteso, nella diversità di ruoli e funzioni), in cui, alla luce dell'evoluzione legislativa (ma sottostante, nell'accezione semantica del termine, è quella pedagogica, chiaramente). Nulla a che vedere con un manuale, con un prontuario per l'uso di chi esercita le rispettive professioni, ma piuttosto un'ampia trattazione, oltre le secche di quella che altrimenti viene rubricata come "pedagogia speciale" (definizione ormai riservata a un ambito accademico, a una materia, ma decisamente in crisi se destinata a designare un qualcosa di "diverso", di "inferiore", ancora, nella testa di certi insegnanti, sperabilmente non di sostegno, preoccupati dell'esecuzione puntuale dei programmi, non di quanto implica il rapporto personale con gli allievi, ma anche di molti genitori e di persone preposte all'esercizio dell'autorità preposta al settore), per ristabilire, anche alla luce delle definizioni di intelligenza attuali (Gardner, soprattutto, con la sua teoria delle "intelligenze multiple", ma anche qui la dott. Collacchioni rileva attentamente come alcuni tipi ulteriori d'intelligenza non vengano rubricati-riconosciuti, ma anche Goleman, che, con la teoria dell'"intelligenza emotiva", ha aperto vie decisamene nuove), come oggi si possa fare l'insegnante di sostegno in maniera creativa (per dirla con Paulo Freire, indimenticato teorico della pedagogia quanto maestro) ma al tempo stesso rigorosa. Al tempo stesso l'educatore/educatrice di strada si delinea come figura dinamica che contribuisce ad estendere la rete dei servizi e a connetterli con i reali bisogni e risorse del territorio, approfittando di quel setting particolare che è appunto la strada... Deve essere il facilitatore nel processo esperienziale, in chiave socio-educativa e non terapeutica, mirando a realizzare progetti non condivisi con la gente, che apportino dei cambiamenti nella loro vita" (op. cit., p. 251-sezione scritta dal prof. Mannucci). Senza alcuna fuga in escapismi irrealistici, i due autori (dottoressa di ricerca la prima, docente il secondo, a "Scienze della formazione" ma anche a "Medicina e chirurgia", nell'ambito della "Pedagogia della comunità"e di "Attività motoria dell'età evolutiva", ci mostrano come ci si possa/debba rapportare ad ambiti fondamentali sia nella necessaria riforma dell'istruzione scolastica (che non corrisponde, però, ci dicono gli autori, al disegno prospettato dall'attuale ministro alla PI) sia in settori (ciò riguarda gli educatori quali infanzia e adolescenza ("le nuove sfide"), incontri "protetti", tossicodipendenza e alcolismo, dimensione culturale, l'educatore in carcere, la problematica del disagio psichico (oggi, come si sa, soffia un vento di controriforma, a trent'anni dall'approvazione della "legge Basaglia"), dell'Ospedale pediatrico, del "nido", del pianeta anziani. Altrettante sfide (challenges) che l'educatore/educatrice dovrà saper raccogliere e che non sarà neppure impresa ciclopica raccogliere, a patto che ad un'adeguata formazione si accompagnino capacità empatiche reali e non fittizie, non accampate per "giocare un ruolo". Un testo su cui riflettere, da parte di addetti ai lavori, ma non solo, anche da parte di chi si confronta o per motivi istituzionali o altri con tali problematiche, da parte di chi semplicemente sia interessato a leggere pedagogia oltre gli steccati tracciati e spesso ormai obsoleti.