IL CRISTALLO, 2010 LII 1 [stampa]

IL MONDO DELLA FIABA: LE LEGGENDE DELL'ARCO ALPINO DI GIOVANNA BORZAGA

di SILVANO DEMARCHI

La vena narrativa innata e genuina di Giovanna Borzaga conferisce sempre al testo una nota di viva e immediata comunicatività. La scrittrice trentina si è dedicata dapprima alla raccolta di un materiale prezioso: quello della tradizione popolare trentina in tema di leggende che ha compendiato in un celebre volume "Le più belle leggende del Trentino". In esso è presente tutta la mappa topografica del Trentino, dalle zone di confine alle valli più remote, cosicché il lettore attento o lo studioso potrebbero rintracciare le connotazioni tipiche e i possibili influssi, che variano ovviamente da zona a zona, per trarne interessanti conclusioni sulla cultura e le tradizioni delle varie vallate.

Ciò che balza subito all'occhio, leggendo le sue suggestive leggende, è la capacità della Scrittrice di sviluppare il germe di folclore ampliandolo in un vero e proprio racconto autonomo in cui non si sa sempre chiaramente distinguere quanto appartiene alla nuda tradizione orale e quanto invece è frutto della sua capacità di trasfigurare ed elaborare il dato che è stato occasione di così articolata e vivace narrazione. Accanto alla immancabile pennellata di colore che ci riporta subito all'ambiente naturale della vicenda, vi è una tale vivacità e articolazione del dialogo tra i personaggi da porre d'un balzo il racconto su un piano d'arte, che ha lasciato dietro di sé la semplice e fredda documentazione. Così nella leggenda "L'aquila di Trento" che spiega l'origine, ovviamente fantasiosa, di un'aquila di pietra che si trova in un vicolo poco distante da piazza Duomo: Gian Giorgio Scanda aveva una moglie insopportabile, una specie di Santippe, aveva poi fatto amicizia con un'aquila che abitava sopra Sardagna e con lei passava delle ore a chiacchierare sfogando l'amarezza della triste convivenza coniugale. Un giorno dinanzi alla scenata della moglie che lo rimproverava di sottrarle il cibo per portarlo a quello stupido uccello, dopo aver invano cercato rifugio in vari posti della casa, sempre inseguito da quella specie di arpia, alzò la mannaia che teneva in mano e senza volerlo, la uccise. Fu condotto allora nella buia e squallida prigione di Torre Verde a Trento e la sera, mentre dalla finestrella entrava il raggio lunare, ebbe una visita e un messaggio insolito da parte di un usignolo che gli disse: "L'aquila ti manda a dire di sostenere sempre la tua innocenza. Cerca di far tirare per le lunghe il processo. Penserà lei a salvarti. Ma non giurare il falso. Ti ricorderai di non fare nessun giuramento?"

"D'accordo, d'accordo, - rispose Scanda - salutami l'aquila."

L'epilogo di questa vicenda fu che Scanda venne processato e condannato ma, mentre stava per piegare il capo sul ceppo, vide l'aquila che veniva in suo soccorso volando in grandi giri concentrici, e anziché tacere egli si mise a gridare e inveire: "Sono innocente, lo giuro! La vera colpevole è quell'aquila ingrata. E se mento: che tu maledetta diventi di sasso!" Questo spiega l'origine dell'aquila di pietra che si trova sopra una fontanella vicino a piazza Duomo.

Il mondo allusivo della favola cerca sempre delle immagini per esprimersi e il regno animale è una risorsa classica: tutta la favolistica è piena di animali parlanti, ma non solo, anche la Bibbia inizia con l'immagine di un animale che parla insidiando.

Nella leggenda ricreata dalla Borzaga sono dunque presenti gli immancabili elementi animali (l'aquila, l'usignolo) ma è presente anche la morale come epilogo d'obbligo, in questo caso: la punizione del protagonista per non aver mantenuto la promessa anche se il fatto di sostenere la propria innocenza esula per altro verso dalla morale.

Ogni valle del Trentino ha le sue leggende e attraverso esse si potrebbe risalire al carattere della popolazione che l'ha inventata in sintonia col paesaggio, con le vicende storiche o con il modo di vita da esso condotto e i rapporti avuti con altre genti.

 

Il regno della leggenda è certamente quello delle Dolomiti, dove l'elemento della saga nordica si unisce a quello della cultura ladina autoctona su una trama che non ha molte varianti, ma in compenso è dominata dal senso magico della natura e della vita.

Tale è la "Leggenda dell'arnica", il fiore giallo che cresce sui pascoli alpini, dalle molteplici virtù medicamentose. In questo racconto la Scrittrice ha saputo creare un tale clima di suspense da non aver nulla a invidiare a quello creato nelle sue leggende da Wolf, il grande poeta delle Dolomiti, risuscitatore di leggende che hanno avuto eco in tutto il mondo.

Generalmente Giovanna Borzaga non indugia nelle descrizioni del paesaggio che potrebbero attediare qualche categoria di lettori (i ragazzi ad esempio) perché tende ad agganciare subito l'interesse entrando nell'azione. Ne viene dunque che la sottolineatura dell'ambiente e quindi del paesaggio guadagna in frequenza quello che perde in estensione perché le sue narrazioni sono tutte e continuamente costellate da rapide e sicure pennellate, da connotazioni ambientali atteggiate alle variazioni tematiche.

È quasi un'eccezione l'apertura di paesaggio delle "Streghe di Civezzano" che riportiamo, perché ci dà un'idea della forza descrittiva, sempre robusta ed essenziale, della scrittrice trentina: "Era un afoso mattino d'estate. Il sole, baldanzoso, dardeggiava i suoi raggi infuocati per il cielo limpido come cristallo, sulle verdi chiome degli alberi che invano tentavano di donare refrigerio alla frutta, presto matura, chiusa nel loro abbraccio sui prati stanchi dalla lunga arsura, sul capo di due giovanotti…"

Il dialogo è però la grande arma della Borzaga, perché con esso conferisce vivacità, immediatezza, sapore di parlata popolare alla narrazione e caratterizzazione in atto dei personaggi. Se si pensa che la leggenda tramandata per via orale si riduce quasi sempre a un povero spunto, si rimane colpiti nel constatare di quali sviluppi e narrativi e psicologici sia stato fatto oggetto, in virtù di un'arte insieme scaltrita e spontanea che si è posta sulla scia di quella dei grandi maestri.

 

NOTE BIBLIOGRAFICHE

 

Giovanna Borzaga è nata a Trento nel 1931. Scrittrice feconda, ha pubblicato "Nano Pen" 1965, "Nel bosco verde" 1967, "Candida e spazzola" 1968, "Pic e Tomsolo" 1970, "Nella valle di Genova" 1971, "Leggende del Trentino" e "Noi fantasmi" 1975, "Le più belle leggende del Trentino" in elegante veste tipografica dovuta all'Editrice Manfrini di Calliano (Trento) nel 1978.