IL CRISTALLO, 2009 LI 2-3 | [stampa] |
La raccolta poetica-Carovana della sete- è formata da testi e calligrafie tifinagh con una prefazione di Hélène Claudot etnologa e ricercatrice al C N R S. Hawad e la Claudot hanno tradotto il testo dal tuareg (tamajaq) adattandolo alla lingua francese. Hawad- uomo blu - dalla educazione tuareg tradizionale nella tenda della madre, legato fortemente ai ricordi nostalgici e alla sua crescita, incontra, tramite lo zio paterno, gruppi di sufi itineranti. Ne abbraccia i contenuti dedicandosi all'approfondimento delle sue conoscenze. La formazione dal punto di vista ideologico-culturale, avviene all'interno dei monasteri sufisti tra Egitto e Libia e negli accampamenti sufisti a Bagdad.
Andrè Gide parla della esaltazione e dell'angoscia delle carovane che ignorano la meta del proprio andare interminabile; Victor Hugo vede nel nomade e nella sua apparente libertà un essere perduto. Nel trarre spunto dai concetti espressi, affrontiamo l'esame della poetica di Hawad la cui visione cosmogonica passa attraverso due punti fissi: le puits e l'abri (i pozzi e il riparo). Le componenti del suo universo sono tappe di viaggi in cui ogni punto di arrivo è partenza per un nuovo cammino.
Cicli progressivi che conducono a quell'attimo privilegiato di equilibrio e di armonia che segue alla fine di una azione e precede l'inizio di un'altra. Estasi sufista e transe tuareg vengono usate per raggiungere attraverso l'oceano dell'annientamento, la quiete assoluta. Notiamo una simbologia ricorrente che fonda tra loro macrocosmo e microcosmo: i sentieri della sete sono atomi di uno stesso universo artefice di vita e di morte.
Sulla sabbia i primi segni della scrittura tifinagh, sempre sulla sabbia, i passi interminabili del popolo nomade, della sua sete, del suo correre verso l'acqua - prima quella dei pozzi-, poi quella simbolica dell'oceano-universo che li ha generati e in cui annientarsi. Ogni tappa è fuga dalla sofferenza e dall'annientamento per poi giungere, con l'aiuto dell'immaginazione, alla soluzione degli enigmi legati all'esistenza. L'uomo tuareg, prima fanciullo, poi cavaliere su giumente legate alle stelle filanti va oltre l'io e lo spazio definito delle parole. Come è stato già evidenziato nella poesia francofona in cui si fondono due culture: quella negra dalla terminologia esaltante e immediata e quella francese dalla consumata eleganza e consequenzialità, anche nella poesia berbera di Hawad notiamo la convivenza di due elementi, ovvero il congiungersi di due grafie, "quella classica, assimilabile ai caratteri incisi sulla roccia, sul cuoio, sul legno… che riflette un decoro geometrico presente negli utensili berberi, e, l'altra, definita, aerea, stravagante, inventata per superare lo spazio delle parole o per allontanarsi dal loro significato primario; insegnamento esoterico di un pensiero volto all'immagine, alla divinazione, allo svago…"
(da Caravane de la soif- pag. 7 rigo 26/32).
Si delineano dunque, pensiero, traccia, disegno, parole definite in significati che debordano da ogni compiutezza assumendo parvenza di immutabilità. "Questi gemiti, parole di febbre incendiate/ davanti la sorgente asciutta, io li dedico a Tellent/ a miraggi vaghi di duna, al vagare del vento, al concerto/ del silenzio e alle orecchie dell'oblio, sola/ stella della mia carovana farneticante attraverso/ le tempeste che hanno spezzato la struttura/ costellata dalle tende nomadi" (Ces gémissements, paroles de fièvre/ embrasées devant le source tarie, je les/ dédie à Tellent, aux mirages vagues de/ dune, à l'errance du vent, au concert du/ silence et aux oreilles de l'oubli, seule/ étoile de ma caravane divagant à travers/ les tempêtes qui ont brisè la charpente constellée des tentes nomades.)
Il poeta non ha altra destinazione se non la stella della sua follia. Oltre il velo della stanchezza cadrà nella sabbia e la sua mano interpreterà i sogni venuti prima del suo esistere. Accanto, il silenzio che raccoglie ogni gemito. Ma, chi sono i nomadi?
La loro essenza è segnata dalla sabbia e quindi precaria perché ogni brezza cancella tracce di vita. La realtà è scarna: il rifugio è la volta celeste e la morte è solo la transizione per oceani incustoditi. È lungo il cammino che porta lontano da ogni punto di riferimento. Il nomade, nel suo esilio, si sente strozzato da corde invisibili dove tenebre, vapori, separano dagli accampamenti dell'infanzia. Ogni uomo diviene traccia dei suoi sogni nello scorrere senza tregua di notti all'addiaccio. È amaro ma vitale l'esilio perché costituirà la molla per la conquista delle galassie e dell'infinito. Fortissima la descrizione: "…Pianta la tua tenda negli orizzonti/ dove nessuno struzzo ha pensato/ di nascondere le sue uova/ Se vuoi risvegliarti libero come un falco che plana nei cieli/ l'esistere e il nulla sospesi/ alle sue ali/ la vita e la morte." (pag. 16 del testo- versi 22/28- Plante ta tente dans les horizons/ où aucune autruche n'a songé à cacher ses oeufs/ Si tu veux te réveiller libre/ comme un faucon qui plane dans le cieux/ l'exsistence et le néant suspendus/ à ses ailes/ la vie la mort).
Ogni ombra sradicata dal suo riparo racchiude nella gestualità delle braccia le melodie dell'Eterno; il suo cammino è verso Inta- tappa d'armonia e unità assoluta.
Il pensiero di Hawad racchiuso tra cielo e terra così come l'albero, le cui radici sono infisse nelle viscere della terra, ha i rami aggrappati nell'azzurro dei cieli. Il cammino del nomade "è segnato dalla sete/ come il lancio scomposto della stella filante/ Al di là degli abissi/ il suo sostegno mormora senza tregua/ Tu cresta dell'Universo/ sii perno/ e testa della piramide…" (pag. 20 del testo- versi 9/15- …est tracé par la soif/ comme le jet ébloui de l'étoile filante/ Au delà des abîmes/ son appui murmure sans trêve/ Toi crête de l'univers/ sois cheville/ et tête de la pyramide). Ancora, in un crescendo tragico: "... La sua donna è al pozzo/ drappeggiata di cenci grigi/ ammiccante sinistra/ sul volto patinato di cenere/ trecce sciolte/ per la vedovanza fantasma…" (pag. 20 versi 17/22 Sa femme est au puits/ drapée de chiffons gris/ grimaçante sinistre/ visage enduit de cendres/ tresses dénouées/ veuve fantôme). Ma il nomade "entra nella città/ per comperare tre staia di grano/ Quelli che venerano il cemento/ gli sputano sul viso/ gli gettano nel dorso le ossa dei suoi montoni... Tu sia maledetto nomade/ volpe ladro saccheggiatore traditore/ selvaggio compagno del ragno/ fratello del cammello/ Lui lascia il mercato/ per le stelle…" (idem pag. 21 versi 12/24- …entre dans le cité/ pour acheter trois mesures de blé/ Ceux qui vénèrent le beton/lui crachent au visage/ lui jettent dans le dos/ les os des ses moutons/ Hurlements de la ville/ Sois maudit nomade/ renard voleur pillard traître/ sauvage compagnon de l'araignée/ frère du chameau/ Il quitte le marché/ pour les étoiles...)
Le donne lo spettano e intrecciano stuoie di pazienza coi bimbi incrostati sul dorso e, la speranza, divenuta una seconda pelle, non basta a sciogliere l'intrico dei dolori. Chiusura vigile e attenta negli occhi che bucano. Cosa resta al cavaliere del deserto se non giocare coi seni della morte?
Ha guidato "la carovana dei sogni/ dai porti delle oasi a quelli dell'oceano/… pesatore di pensiero/ nel santuario lunare…/
risciacquato d'arcobaleno/ Ha interrogato gli uccelli migratori…
oltre il tempo"… Lui cade in stato di ebbrezza dentro il tempo ma fuori di esso per vivere solamente "questo preciso istante".
(pag. 29- Tra i seni della morte versi 14/23 e poi a fine poesia-
... la caravane des rêves/ des ports de l'oasis à ceux de l'océan/
... peseur de pensée dans le sanctuaire lunaire/ rincé d'arc-en-ciel/ J'ai interrogé les oiseaux migrateurs/... au-delà du temps/... Vivre seulement cet instant-là). Nel dolore che porta smarrimento e perdita della coscienza, anche il poeta si disorienta "trascinato dai campi attorcigliati/ della metafora..." sempre lui "quando fuoriesce dal suo annientamento/ scandaglia il suo sacco/ ne prende il fiore/ aspira il suo profumo/ e tremante lo pianta/ ai piedi della donna duna" (da Silenzio - pag. 47- versi 2/18-… emporté par les crampes entortillées/ de la métaphore/... Quand l'évanuissement l'a recraché/ il sonde son sac/ en retire la fleur/ hume son parfum/ et la plante tremblant/ aux piedes de la femme dune). Il testo poetico è simile alla corsa tormentata di chiunque persegua il suo sogno. La donna è madre, amante, divinità ultraterrena; la donna è canto e il canto ha le sue parvenze. La voce potrà galoppare oltre pianori e voragini; il silenzio si farà voce congiungendo l'ombra alla sua sagoma e, nella contemplazione del saggio, il connubio col mistero. Ma cosa è e dove porta la vita errante? È la matrice del nomade sotto gli orizzonti stellati; è superamento di ogni desiderio in quanto ogni desiderio è fuoco che la sete inappagata ravviva. È una scuola dura dove l'esame è vivere ad ogni costo, dove è essenziale seguire il vento fino alle valli del nulla. L'acqua è vita: nel superamento della sua mancanza l'annientamento e con l'annientamento il ritorno di ciò che al nomade viene negato da sempre. Nel flusso del silenzio riposeranno le ombre dei morti; nel sogno acquisteranno corpo i fantasmi che alitano intorno a lui e nel loro alitare un nuovo viaggio prima dello spuntare dall'aurora per andare verso un altro rifugio coperto come un fennec.
Sembrerebbe allora esser giunti alla fine della lunga lotta ma solo quando l'uomo si sarà alleggerito totalmente di ogni gravame, potrà imboccare il sentiero che porta ai pozzi. "Il bracciale è curvo/ Non credere/ che arrivando sulla sua cresta/ tu sia arrivato/ Il bracciale è arco-essere/ Oggi domani ieri" (da Vita errante pag. 56 ultimi versi-Le bracelet est courbe/ Ne crois pas/ qu'en montant sur sa crête/ tu es arrivé/ Le bracelet est arc-etre au jourdui demain hier)
Premier pas de l'équilibre
O vie femme
puits profond vertigineux
en feuillets de glaise
et cercles d'eau superposés
Maillon qui se mêlent
se nouent et s'allient
Noeuds du filet des voyageurs
sans retour
Chaque anneau accroché à un autre chaînon
est roue saison
arc du cercle qui turne sur lui-même
et poursuit sa course
en se nouant et se mêlant
eux bracelets d'autres horizons
dont il se détachera
pour un nouvel enchaînement
Dans ce vertigineux abîme sans fond
le tronc d'un vieil arbre debout
tend ses deux branches fourchues
chacune rongée par un rat
Rat blanc, rat noir
Jour et nuit
Pas de la vie et de la mort
Au printemps de l'arbre immense
dans les branches bourgeonnantes
dont volé deux tourterelles
dont le frémissement n'a jamais plus bruissé
Ailes de la balance du temps
Quel rêve
même s'il chavauche la cavale
des étoiles filantes
saurait atteindre
par les pas de la nuit et du jour
le bout de ce qui tourne et tournoie
Sur soi-même?
L'univers
Univers bulle tente corps
Onde bouillonnante
d'où jaillit l'image des songes
reflétée dans les miroirs multiplés
des mirages
Galop déferlant des vagues
harcelées par le vent de la nostalgie
Formes perpétuées
où naissent le mousses d'écume
qui boucheront les fentes
de l'infini
dans lequel l'univers est un grain
de beauté
Sur les genoux du désert
Quel enfant ignore
le chaudron de nos grands-mères
qui bout par les flammes larmes
de la naissance et de la mort
et repose sur trois pierres
suspendu à un trépied
Six piliers plus lui-même
primitive charpente
L'universo
Universo bolla tenda corpo
onda gorgogliante
da cui sgorga l'immagine dei sogni
riflessa negli specchi moltiplicati
dei miraggi
Galoppo che infrange le onde
incalzate dal vento della nostalgia
Forme perpetuate
da cui nascono le condense di spuma
che chiuderanno le crepe dell'infinito
nel cui interno l'universo è un granello
di beltà
sulle ginocchia del deserto
Quale fanciullo non conosce (creatura)
il paiolo delle nostre nonne
che riversa dalle fiamme lacrime
del nascere e del morire
e riposa su tre pietre
sospeso a un tripode
Sei pilastri più lui stesso
primitiva struttura
della tenda universo
Primo passo dell'equilibrio
Oh vita donna
pozzo profondo vertigine
in strati di creta e cerchi d'acqua sovrapposti
Maglie combinate tra loro
si annodano e si legano
Nodi della rete dei viaggiatori
senza ritorno
Ogni anno agganciato a un anello
è ruota stagione
arco del cerchio che ruota su se stesso
e prosegue la sua corsa
annodandosi e mescolandosi
ai bracciali di orizzonti diversi
dai quali si distaccherà
per un nuovo intreccio
In questo vertiginoso baratro
il tronco di un vecchio albero ancora in piedi
tende le sue due branche biforcute
ognuna rosicchiata da un topo
Topo bianco, topo nero
Giorno e notte
(che non sono)
né la vita e né la morte
Agli albori dell'albero immenso (primavera)
nelle fronde germoglianti
hanno volato due tortore
quel loro fremere non ha mai più echeggiato
Ali della bilancia del tempo
Quale sogno
anche se cavalcasse la giumenta
delle stelle filanti
saprebbe raggiungere
con i passi della notte e del giorno
la punta di ciò che gira e turbina (l'estremità)
proprio sopra di lui?
NOTA BIOGRAFICA DI HAWAD
Nato nel 1950 nella sabbia fine di un uadi (letto di fiume, d'estate sempre asciutto) al Nord di Agadez. Appartiene alla tribù degli Ikazha/zen, popolo nomade tra i contrafforti dell'Air e il Tamesana. Come molti suoi connazionali ha lasciato la sua terra e vive ad Aix en Provence in Francia. Ha sposato una antropologa francese e, nella Provenza, un nucleo di ricercatori berberi è impegnato nello studio della società tuareg.
Sull'argomento: Uomini blu - Il dramma dei tuareg- a cura dell'Associazione transafrica e Edizioni Cultura della pace- Archivio-
In particolare sull'autore in esame da pag. 286 a pag. 289.
OPERE POETICHE DI HAWAD
Caravane de la soif (Carovana della sete- Edisud 1985)
Chants de la soif e de l'égarement- (Canti della sete e dello smarrimento- Edisud 1987)
Testament nomade (Testamento nomade- Sillages, Paris 1987)
RACCONTI E ROMANZI:
L'Anneau sentier- (L'anello sentiero, Aphelie 1989)
Un saggio del 1990 sulla Teshumara (lo stato attuale della società nomade)
Froissement (Fruscio del vento, Blandin 1991)
Yashida (Blandin 1991)