IL CRISTALLO, 2009 LI 2-3 | [stampa] |
Sergio Artini faceva di professione il medico condotto. La sua era una condotta pesante che lo impegnava non soltanto professionalmente ma umanamente, per cui - come lui dice - doveva rubare le ore al sonno per dare forma a ciò che gli urgeva dentro: "sono uno scrittore notturno, sempre in lotta col tempo. "
Il suo primo libro in prosa s'intitola "Diario d'un medico" ed è uscito nel 1960. È stata scelta dall'Autore la forma diaristica perché meglio si adegua all'esperienza diretta e interiore, anche se trasposta in altro personaggio, il dottor Alberti che ha accettato una condotta in un villaggio di montagna. Il diario attacca con questa notazione assai incisiva: "È trascorsa la prima giornata. Ma fino a quando resisterò? Mi sento ormai prigioniero di queste case sperdute tra i monti coperti di neve. Il mio pensiero corre alla città, che ho lasciato: alle care abitudini, agli amici, alle soddisfazioni professionali. Invano cerco di allontanare l'impressione che mi ha suscitato il paese, appena arrivato: tutta questa neve; le case di pietra disposte ad anfiteatro attorno alla piazza; la chiesa senza finestre; sul limitare delle abitazioni le donne, ricoperte dei loro scialli neri; e presso il fontanone il gruppo degli uomini ad attendere l'arrivo del nuovo medico, io."
Ciò che continuamente condiziona e ambienta la duplice vicenda esteriore e interiore è il paesaggio di montagna con le case arroccate e sparse, con gli abitanti che giornalmente lottano con una terra avara per strapparle il nutrimento, senza mai intravvedere una soluzione al loro duro destino di nascere, lottare e morire. Né il medico dal canto suo può migliorare questa condizione - alleviarla semmai - per cui il racconto finisce con una dichiarazione di fallimento e sconfitta. "Mi è riservata una vita meschina: perché non so amare, perché non so odiare. "
Il secondo libro di Artini è un romanzo "I Cirenei" e narra una vicenda fosca e drammatica: il vecchio Malvin, capofamiglia, appicca le fiamme a un fienile e vi si butta dentro, concludendo così la sua stentata esistenza terrena; dei figli, uno è il ritratto dell'avarizia, l'altro dell'invidia, la terza dell'erotismo sfrenato. "Un inferno, - osserva il critico Carmeni - rappresentato a tagli nudi e spigolosi, con un espressionistico sovrappiù di crudezza nel taglio della psicologia elementare e rozza dei personaggi…" Per averne un'idea ascoltiamo questa scena, naturale epilogo di una storia di passioni incontrollate in cui culmina il pathos tragico del romanzo: "Dopo aver a lungo annaspato con le mani nel fieno, il vecchio raccolse la lucerna che aveva deposta sull'assito e con una mossa brusca ne staccò la campana. Avvicinò il lume vivo al fieno e di lì a poco fiammelle fumose incominciarono a salire crepitando lungo i fianchi del cumulo. Poco a poco, serpeggiando per il fieno in fermentazione, il fuoco diventò violento: un fremere di falde che s'alzavano sino a corrodere le travi del tetto. Lo sfavillare delle mille scintille; un calore dal letto di bracie. Padron Malvin non s'era mosso dal suo posto; mirava cupamente la fiamma ed il suo volto s'era acceso come se fosse divorato da quel fuoco.
Si avvicinò di più al rogo; la sua figura avvampata sembrava confondersi in quell'incendio, tranne la sagoma scura del dorso."
Dinanzi a tanta perversione che sfocia nella tragedia e nel suicidio, l'unico personaggio che riscatta quella vita grama e perversa, perché portatore di un messaggio cristiano, è Daniele, il famiglio che s'inserisce negli animati dialoghi degli altri protagonisti con parole di consolazione e di salvezza ma offrendo nel contempo nell'azione un esempio di integrità morale incorrotta.
La visione cristiana e cristologica dell'Autore rappresenta la soluzione del problema del vivere, il suo ottimismo metafisico entro l'orizzonte della speranza contro il cupo pessimismo della registrazione cronachistica.
La stessa prospettiva intesa a interpretare la vita oltre che a descriverla entra in maniera ancora più pregnante e palese nel "Giorni del cercare", dove vi è un radicale spostamento di ambiente e una diversa caratterizzazione dei personaggi. Il libro è ambientato nella Pavia universitaria, i protagonisti sono studenti, la problematica è quella dei giovani, che con un certo anticipo, esprime la scontentezza per il sistema non solo degli studi ma dell'intera società. Libro quindi pieno di attualità in cui, tra la folla dei personaggi, emergono due protagonisti Alberti e Franchi; il primo che porta il messaggio di un cristianesimo dinamico, attento ai tempi e ai mutamenti, il secondo che manifesta una sua concezione scettica e insieme contestativa. Alberti si colloca come specchio rifrangente di una generazione che sta per uscire da un tipo di vita goliardica, priva d'impegno politico, e agisce come frusta dell'immagine corrente proponendo un nuovo impegno rinnovatore. Franchi nella sua carica dissacrante distrugge senza proporre possibili modelli risolutivi. La personalità del primo, in cui s'identifica lo scrittore, si può riconoscere da questo breve scorcio di dialogo: "Te l'ho detto… anche la religione sta evolvendosi: da una religione ristoratrice e consolatrice si passerà ad una concezione pura, dinamica, aperta… non ci si aspetterà doni dal cielo… scomparirà il potere gerarchico e l'istruzione dall'alto…"
L'insistente presenza di un'ideologia nell'interno della narrazione nel fitto intrecciarsi dei dialoghi, ci dice come Sergio Artini sia contemporaneamente soggetto a due forze: l'estro narrativo, da un lato, la necessità della ricerca teoretica, dall'altro. Pare prevalere la seconda dato che la successiva opera "Cristianesimo, religione possibile", apre una parentesi di ricerca filosofica e storica.
NOTA
Sergio Artini è nato a Trento nel 1931. Ha studiato Medicina a Pavia, dove ha partecipato agli Organismi Rappresentativi Universitari. Esercitò la professione di medico a Tione in provincia di Trento. Ha pubblicato nel 1960 il romanzo "Diario di un medico" e nel 1962 una raccolta di liriche "Mito dal gregge" (editi da Rebellato). Una selezione delle sue poesie 1963 fa parte dell'antologia "Medici Poeti Contemporanei". Nel 1965 la casa editrice Massimo ha stampato "I cirenei", una storia di montagna violenta e disperata, in cui si intravede alla fine una speranza di salvezza. "I giorni del cercare" del 1969 è un romanzo che tenta la simbiosi tra tendenze lirico-narrative e ricerca filosofico-scientifica. Da anni è impegnato in una ricerca sui rapporti tra religione e forme della cultura, che ha portato alla pubblicazione del saggio "Cristianesimo religione possibile?" (coedizione Dehoniane-Massimo, 1975). Scritti recenti: L'ultimo nemico (2003) , Aquiloni sul golfo (2005).