IL CRISTALLO, 2009 LI 1 | [stampa] |
La pubblicazione del primo libro "Fatalità" di Ada Negri, avvenuta nel 1892, ebbe un successo che pochi libri di poesia ebbero, con venti edizioni successive per l'Editore Treves di Milano e oltre duecento recensioni. Accanto al numeroso pubblico di lettori, ottenne subito l'interesse della critica più qualificata. Fu insomma una vera apoteosi per la sconosciuta maestrina lodigiana e ciò fu dovuto al fatto che trattava con autentica partecipazione i problemi sociali dei poveri sfruttati dalla borghesia e la vita grama che erano costretti a condurre. Lei stessa era figlia di un'operaia che doveva lavorare tredici ore al giorno, accudita dalla nonna portinaia, così che si definì "Io sono la rozza figlia dell'umida stamberga". Per la sua iniziale adesione al partito e alle idee socialiste fu chiamata la "vergine rossa". Oltre al pubblico dei numerosi lettori, anche il mondo della critica fu suggestionato dal suo modo di fare poesia e dalle tematiche assunte, tanto da avere degli ammiratori come D'Ancona, Serra, Piovene, ma anche dei detrattori con Pirandello e poi Croce che vedeva in questa poesia "missionaria" una mancata adesione al suo criterio di poesia pura (non direttamente interessata ai problemi pratici), pur ammettendo entrambi che aveva alcune "belle poesie". Osserva l'Autore del saggio, Zovatto: "In questa processione di ritratti di poveri, di sofferenti, di perdenti, di vecchi costretti in solitudine già nella fanciullezza abbandonati, "Fatalità" fa pur emergere una vocazione religiosa…"
Vocazione che non venne allora riconosciuta, parlando di un suo panismo e panteismo, tanto che la Chiesa cattolica per questa ambivalenza mise l'opera all'Indice. Considerando però che aveva messo all'Indice quasi tutti i capolavori dell'umanità, il giudizio perde peso. Si pensò così a dividere la sua opera in due fasi, la prima socialista, ribelle, vitalista, agnostica; la seconda religiosa e mistica. Pietro Zovatto, noto studioso di tematiche religiose e docente universitario, contesta questa impostazione, osservando: "Si tratta piuttosto di un lungo e complesso cammino, di lenta presa di coscienza che va verso una maggiore consapevolezza nei riguardi delle cose divine. " Una vita segnata da disgrazie familiari, da un matrimonio sbagliato, anche se allietata dalla figlia Bianca che canterà in "Maternità". La trilogia "Vesperina", "Il dono", "Fons amoris" degli ultimi quindici anni comporta un affinamento del suo sentimento religioso come in "Pensiero d'autunno": "Fammi uguale, Signore, a quelle foglie/ moribonde che vedo oggi nel sole/ tremar dell'olmo sul più alto ramo… Fa ch'io mi stacchi dal più alto ramo/ di mia vita, così, senza lamento, / penetrata di Te come del Sole. " Molte delle sue ultime poesie sfociano, anche per la familiarità con le mistiche italiane e spagnole, in accensioni mistiche, ma non si tratta di un cambiamento improvviso, simile a quello di Papini, bensì di un lento e progressivo cammino di fede che non manca dell'aspetto sociale, fornito questa volta dalla sofferenza della popolazione civile sotto i bombardamenti dell'ultimo conflitto a Milano.
Frequenti sono i passi religiosi riportati nel saggio a testimoniare il percorso spirituale di questa poetessa, tanto amata dagli Italiani e oggi quasi dimenticata. Il saggio termina con un appendice di lettere che la poetessa inviava ad amici, in particolare al fratello spirituale don Barsotti. Pietro Zovatto ha voluto richiamare con questo suo saggio l'attenzione su una poetessa che aveva sfiorato il Premio Nobel, poi andato a Grazia Deledda, di cui oggi pochi ne parlano e gli siamo grati di questa rivalutazione. ·