IL CRISTALLO, 1982 XXIV 3 [stampa]

LA «WIEDERERWACHSUNG» ITALIANA DI ALBRECHT DÜRER, UOMO DEL NORD (II°)

di ELDA TAPPARELLI


Adamo:1507

Eva: 1507

 

A Venezia il pittore-incisore ammira i capolavori del Mantegna e la famosa Pala d'Altare che Giovanni Bellini aveva dipinto per la Chiesa dei Frari. Resta profondamente turbato dalla dolce espressività degli angelici volti belliniani, dall'armonia e dalla grazia degli atteggiamenti... Ma come è possibile dipingere così? Come è possibile cogliere e fissare certe espressioni, che pur appartenendo a figurazioni terrene, hanno in sé il celestiale?

E Dürer si avvicinerà di più al Bellini durante il suo secondo soggiorno veneziano, perché commosso e attirato e quasi soggiogato da questo artista, il quale a sua volta subirà, inconsciamente, l'influenza dell'Uomo che era venuto dal Nord, come afferma il Luzzato nel suo breve e romantico studio su Dürer:

... Giovanni Bellini... che con la vastità di visione dei sommi, ha dato accanto ai quadri rosei, graziosi, sereni e classici delle Madonne alcune creazioni grandiose e gotiche di dolore immenso, sente subito l'arte di Dürer, e gli si avvicina con passione.60

Pure Vittore Carpaccio affascina Dürer. Marisa Paltrinieri, che ha curato diversi capitoli sull'artista tedesco in un'opera interessante, scrive:

... Non solo il Bellini, ma anche il Carpaccio fu in dimestichezza con Dürer, durante quel suo primo soggiorno veneziano. Probabilmente a giudicare dal carattere dei tre artisti, mentre il rapporto con il Bellini era un rapporto in nome dell'arte, poggiato più principalmente sulla reciproca stima, quello con Carpaccio fu assai più semplice, un'amicizia tra colleghi che avevano parecchio in comune nella maniera di vedere il mondo... 61

E questa maniera di vedere e «scoprire» ciò che lo circonda, l'antico e il nuovo, esplodono nell'amore per la natura perfetta e per la bellezza classica. L'umanista Pirckheimer, il grande amico e ammiratore di Dürer, e forse colui che per primo ha scoperto quali doti si nascondevano nel giovane Norimberghese, scrive di lui:

Egli ci disse come talvolta in sogno gli sembri di vivere in mezzo a cose così belle che, se soltanto esistessero nella realtà, egli sarebbe l'uomo più felice.62

Ma questo sogno che era proprio «suo» si sarebbe tramutato in realtà solo dopo aver preso piena coscienza dei problemi prospettici, proporzionali ed artistici che gli si sarebbero presentati alla mente in una forma ancora «indefinita» ed «amorfa»: problemi di cui Dürer parlerà nei trattati relativi alla prospettiva («Proportionslehre») e all'armonia dell'insieme.

... I pittori tedeschi - afferma Dürer - nell'uso dei colori non sono inferiori a nessuno, ma hanno mostrato lacune nell'arte delle proporzioni e nella prospettiva e in cose simili... Senza giuste proporzioni nessun quadro può essere perfetto, anche se la stesura rivela ogni accuratezza... È necessario perciò che chi voglia possedere quest'arte (della pittura) anzitutto impari bene l'arte delle proporzioni e sappia come le cose devono essere disegnate in piano e in prospettiva... Ciò che è assolutamente semplice non può essere davvero artistico; e ciò che è artistico richiede diligenza ed impegno e lavoro per poter essere compreso e appreso. Risulta sempre vano un lavoro dove il molto impegno e ogni diligenza siano dedicati a qualcosa di falso; invece ciò che presenta proporzioni esatte non potrà mai venire criticato da nessuno.63

Ma il viaggio in Italia non stato compiuto solamente per sfuggire alla peste e alla noia di un ambiente chiuso e ristretto. Dürer scende in Italia anche su consiglio dell'amico Willibald Pirckheimer (o: Pirkheimer)64 che ancora diciottenne, nel 1488, era venuto a Padova per studiare in quella famosa Università oltre al diritto civile anche il diritto canonico e che più tardi si sarebbe trasferito presso l'Università di Pavia, ove avrebbe conosciuto il Bramante e Leonardo da Vinci alla corte di Ludovico Sforza.

Nel frattempo in Germania era cessata la peste e nell'aprile del 1495 Dürer rientra a Norimberga, passando per Verona e perla sponda veronese del Lago di Garda: il che sembra accertato sia da un acquerello che rappresenta una veduta di Malcesine (purtroppo smarrita) sia da un particolare del grande quadro «Allerheiligenbild» (olio su tavola di pioppo). Alla base del dipinto

... si stende una striscia di paesaggio deserto (alcuni hanno voluto ravvisarvi una zona del Lago di Garda) nel quale campeggia la figura solitaria del pittore con un cartello che reca il suo nome e la data dell'opera.65

Ai primi di maggio Dürer è a Arco ove dipinge il castello «... in einem seiner grössten und sicher dem am sorfgältigsten ausgeführten Aquarell der ganzen Reise».66, denominato «fenedier klawsen»: acquerello famoso per le colorazioni sfumate del verde e del grigio-argenteo degli ulivi. Questo acquerello (conservato nel Museo del Louvre) è un pezzo di bravura unico: spiccano in ogni dettaglio lo sperone roccioso cui si aggrappa il castello e le torri che dominano il declivio cosparso di argentei ulivi e il villaggio col prospiciente vigneto sul terreno accidentato. La composizione è sapiente, di un realismo permeato di fantasia e su tutto domina la scelta dei colori caldi, armoniosamente combinati, che ne fanno un unicum indimenticabile.

A Trento (dove sosta qualche tempo, ricevendo anche molte commissioni da parte del patriziato) Dürer dipinge «Das Schloss von Trient» (British Museum, Londra), poi «Trient von Norden gesehen», meraviglioso acquerello che colpisce per la luminosità e l'armonica coerenza del paesaggio, tanto da far esclamare entusiasticamente ad Heinrich Wölfflin:

Wem unter allen deutschen Malern möchte man diesen beherrschenden Blick zutrauen? Wie gross dieses Trient gesehen ist... Dürer reizt es, wie die grossen Massen gegeneinander stehen und was für Räume von ihnen beschlossen werden... Die gotischen Zeichner hatten sonst die Neigung, die Berge zu überhöhen, Dürer aber hat der Landschaft durchaus ihr Mass vom Horizontalismus gewährt... 67

Infatti questo acquerello (già alla Kunsthalle di Brema) è un esemplare bellissimo dell'arte düreriana. Lo scorrere lento del fiume, con i suoi banchi sabbiosi e le rive alberate, le case e l'antico. castello cui la cerchia dei monti fa corona dà l'idea della prospettiva in profondità. Le acque dell'Adige sono trasparenti, gli edifici ed il greto hanno toni caldi, le montagne sembrano allontanarsi nello smorzar dei colori, il cielo soffuso di una luce tenue sembra trascolorare sul finire del giorno. Una pace idillica regna sul paesaggio, le barche scendono dolcemente la corrente, un gregge pascola su di uno spiazzo erboso e qualche personaggio si attarda davanti alle porte del castello.

Segue un altro acquerello, «Trintperg», scoperto solo nel 1932 (proprietà del Barone Hirsch, Basilea), una veduta del Doss Trento con l'antica Chiesa di Sant'Apollinare, che posta così ai piedi del monte sembra voler benedire la città ed ergersi ad angelo protettore.

Stando al Braunfels l'acquerello di Dürer su Trento è considerato dallo studioso Giuseppe Alberti come «la più antica veduta di Trento»:68 la stessa ammirazione dell'Alberti per l'artista tedesco la esprime Aldo Gorfer nella sua introduzione al saggio «Il Castello del Buonconsiglio, Vecchie Torri e Chiese del Concilio in Trento» corredato di bellissimi disegni di Iras Baldessari:

Verso la fine del XV secolo Alberto Dürer, nel suo viaggio di ritorno da Venezia, fu colpito dall'austera bellezza di Trento, irta di torri, stretta dall'Adige e le mura merlate, dominata dal singolarissimo scoglio fortificato della Verrucca. Il pittore ritrasse la città e alcuni fra i suoi più caratteristici particolari nei celebri acquerelli di Londra, Hannover e Brema. Stando ad essi, l'impressione che egli ebbe di Trento fu di potenza e di gentilezza...69

Sulla via del Brennero dipinge una «Passtrasse in den Alpen» (Escorial, Madrid): ancora una volta incontriamo il paesaggio di Chiusa. Secondo Antonino Rusconi - che ha attinto l'informazione da fonti diverse - sembra che l'immagine riprodotta nell'acquerello sia data alla sovrapposizione di due paesaggi diversi, sempre comunque nella zona fra Chiusa e Ponte all'Isarco: anche in questo dipinto c'è predominanza di colori solari e tonalità luminose, tutto sulla gamma del giallo chiaro e dell'ocra, che conferisce all'acquerello una particolare «Stimmung».

Gli acquerelli di questo periodo sono comunque bellissimi e innovatori per quanto riguarda le delicate sfumature tonali, di cui Dürer ha saputo servirsi:

Diese Aquarelle - scrive ancora il Grote - besitzen die Schönheit und den Zauber des Eintritts in die Vollendung, die alle Inkunabeln auszeichnet. Sie sind nicht vom Stil der Epoche geprägt, sondern sie sind zeitlos und nehmen die Entwicklung um Jahrhunderte vorweg. Sie stehen nicht nur im deutschen, sondern im gesamten europäischen Kunstbereich allein.70

Certamente i paesaggi a tempera e ad acquerello rappresentano una pietra miliare nel cammino artistico di Albrecht Dürer: ci sembra quindi giusto citare qui il giudizio espresso da Jean Wirth a tal proposito:

... (i paesaggi) non hanno precedenti conosciuti. Si tratta con ogni probabilità, dei primi paesaggi ((autonomi» dell'arte occidentale. La concezione empirica degli spazi, la naturalezza dei toni, l'attenzione prestata ai valori atmosferici sconvolgono la tradizionale, convenzionale minuzia ereditata dall'iconografia fiamminga.71

Nel 1495 Dürer è nella sua terra natale, nell'ambiente umanistico di Schedel, di Celtis e di Pirckheimer, con il cuore gonfio di nostalgia e di rimpianto, con il problema di armonizzare il rapporto con l'antico, la cui visione completamente errata domina a Norimberga, e con la mente colma di ricordi e sensazioni:

Alles, was sich Dürer während der Reise an neuen Eindrücken bot, nahm er auf: Menschen, Landschaften und Bauten, fremde Tiere...72

Ma della massima importanza è per lui lo studio dell'Uomo, anatomicamente parlando. Nella sua città lavora in proprio, mettendo in atto quanto appreso in Italia:

... und nun beginnt die Zeit, - così scrive il Lutterotti - in der das Aufsteigen zur Reife erfolgt, die Zeit zur zweiten Reise nach Venedig».73, ed il Braunfels sottolinea: «Diese Reise bezeichnet den Anfang eines neuen Zeitalters in der deutschen Kunst, den Beginn der deutschen Renaissance...74

Tutto ciò è vero e non lo si può negare: certo è che Dürer nei suoi primi acquerelli dimostra a volte una dissonanza di toni che verrà poi mitigata ed addolcita durante il suo secondo viaggio italiano, che sarà un viaggio di scoperta, una esplorazione nel regno dell'estetica e della forma. Ma «allora» Dürer non poteva dipingere altrimenti:

Die landschaftlichen Gründe auf den Bildern des 14. und 15. Jahrhunderts wurden nur so weit geduldet, als sie zur Klärung der für religiöse Handlung notwendiger Örtlichkeit dienten. Die in Gott versenkte Seele war das Ideal der Zeit. Stellt nun schon die Entwicklung der deutschen Kunst eine mähliche Befreiung aus diesen engen Fesseln dar, ein erwachsendes Interesse für die Umwelt, so ist es doch erst Dürer, der die Natur «entsündigt» und in einer Art pantheistischer Erweiterung in ihrer schönen Existenz eine jener zahllosen Wundertaten Gottes sieht, deren Lobpreisung zu einer selbstverständlichen Aufgabe eines frommen Menschen und Künstlers gehört.75

Dürer non ama più la staticità e l'immobilità delle figure e degli sfondi: ora è ricolmo di nuova vita, sente che qualcosa urge e preme in lui, sente una ispirazione nuova e capisce che la sua «Weltanschauung» di uomo del Nord sta per mutare: sente il desiderio di rinascita, di «Wiedererwachsung», avverte un bisogno prepotente, quasi violento, di luci e di spazi diversi... Ma per completare il senso della rinascita o per raggiungere quel qualcosa cui egli anela e che potrebbe essere definito un'identità artistico-esistenziale o una particolare forma di intuizione che lo aiuta anche a contemplare il mondo interiore dei suoi personaggi, l'artista dovrà scendere una seconda volta in Italia: e proprio allora la sua pittura e le sue incisioni, destinate a rimanere simboli di un efficace cromatismo e voce dominante per il futuro della pittura e dell'arte dell'incisione tedesche, suggelleranno la maturità artistica, culturale ed estetica e la perfezione della sua visione di tedesco italianizzato, dove linee e colori travalicano il contingente e lo proiettano nel mondo di una fantasia realistica o di un «magico realismo». Mondo, però, in cui le immagini della simbologia cristologica, cui Dürer ha attinto a piene mani, ci ricordano la imperante religiosità di Lutero76, di Erasmo da Rotterdam e di Melantone, la problematica etico-storica della sanguinosa guerra dei contadini77 e il «memento mori» di medievale memoria.

Non per nulla Lutero è stato Maestro di austerità e di passione, non per nulla Erasmo con il suo volume «Das Narrenschiff» lo ha messo in crisi: l'artista ha momenti di debolezza, che acuiscono in lui il contrasto fra fede e raziocinio. Anche le vicissitudini del mondo sembrano opprimerlo:

Gesellschaftliche Misstände, Seuchen und Naturereignisse, für die eine wissenschaftliche Erklärung fehlte, führten zur Existenzangst, der Erwartung von Weltuntergang und Weltgericht...78.

Ma in Dürer c'è sempre «... die Hoffnung auf eine neue, bessere Welt».79

Non si può comunque affermare che poco è rimasto in Dürer da questo primo rapido contatto con l'Italia: non si sarà notato in lui il classico improvviso mutamento, tipico di molti artisti che recepivano in modo assoluto, totale, la «italienische Stimmung» appena varcato il confine.

La sua sensibilità artistica si è certamente affinata, il colore è diventato meno violento e i tratti delle figure meno duri, la radice culturale si è sviluppata in modo diverso adeguandosi alle influenze della natura e dell'arte italiane. Dürer ha affrontato, uscendone vincitore, una grande battaglia, quella fra il gotico e il rinascimentale, a tutto vantaggio di quest'ultimo.

Memore degli insegnamenti di Jacopo de Barbari ed anche su consiglio di Willibald Pirckheimer, si mette a studiare i «10 libri sull'architettura» di Vitruvio, il grande architetto romano del periodo augusteo, opera ritrovata nel 1415:

Damit war Dürer der erste Künstler nördlich der Alpen, der sich mit kunsttheoretischen Problemen auseinandersetzte..., afferma lo Ullmann80;

e da questi studi sulla proporzionalità armonica fra le singole parti del tutto, nasceranno nel 1507 (ma sembrano abbozzate già prima, nel 1504), dopo il suo secondo soggiorno a Venezia, - le meravigliose figure di Adamo ed Eva (olio su tavola di pino - Madrid, El Prado), il cui nudo, di icastica bellezza, richiama i canoni della purezza e perfezione classica.

E bene scrive a questo proposito la Fossi-Todorow:

A questi che sono i primi nudi a grandezza naturale della pittura tedesca, il Dürer dava valore di un canone delle perfette proporzioni del corpo umano, e rispetto al più scoperto interesse anatomico classico dell'«Adamo e Eva» incisi nel 1504, queste tavole del 1507 rivelano l'addolcirsi della forma dovuta alla fusione cromatica veneta.81

È interessante conoscere anche l'opinione dei due studiosi Bongard e Mende, entusiasti ammiratori dei «nudi» düreriani:

Man geht übrigens kaum fehl in der Annahme, dass Dürer ein besonderes inniges Verhältnis zum schönen Geschlecht hatte, zumal da 'die Natur ihm einen in Bau und Gliederung ansehnlichen Körper verliehen (hatte) und nicht unwert des edlen Geistes, den er barg' - so der schon zitierte Rektor Camerarius...(...) In diesem sublimen Zusammenhang gehört die Erinnerung daran, dass Dürer besonders gern Aktstudien trieb. 'Dürer wagt das Ausserste', so heisst es bei Winkler, 'er will von seiner Beherrschung des Aktes, von der Schönheit des nackten menschlichen Körpers, die er in Italien kennengelernt hatte, die nordischen Landsleute, Künstler und Publikum, überzeugen'.82

A Norimberga Dürer mette in atto quanto appreso dai pittori italiani; al contempo si perfeziona in lui l'arte dell'orafo e dell'incisore (vedi le incisioni di «Sant'Eustachio» e la «Nemesi» o «Das grosse Glück» del 1501-1502): ma lo circonda un'atmosfera di incomprensione, quasi di dileggio.

Was ihm bewegt, und was seit Venedig noch viel beunruhigender und drängender geworden ist, verstehen die anderen nicht. Er braucht eine eigene Werkstatt, um diesen Problemen zeichnend, denkend, konstruierend und forschend nachgehen zu können. 'Aus der Masz', das heisst nach ewigen Gesetzen, ist die Natur erschaffen und muss auch die Kunst gemacht werden. Dürer sucht nach der umfassenden Formel, die die Wahrheit und Schönheit zugleich enthält.83

Viene influenzato anche dal Grünewald (pseudonimo di Mathis Gothardt Neidhardt, 1483-1528), da cui apprende l'uso del carboncino: si accorge che. con questo mezzo che richiede una nuova tecnica può ottenere effetti mai raggiunti. La sua fantasia ha così la possibilità di espandersi più che mai in un gioco di luci ed ombre, che possono dare il senso della vicinanza e della lontananza dell'oggetto se il carboncino è usato con gli accorgimenti da lui esperimentati.

Ma dal Grünewald il Dürer apprende anche sia a dominare la prorompente fantasia sia a sapersi destreggiare con la moltitudine di immagini che affollano la sua mente. È possibile quindi confrontare i due artisti, seppur ambedue grandi in campi distinti, nell'ambito della fantasia? Fino a che punto il Grünewald ha influenzato l'artista di Norimberga? E Renato Salvini nel suo importante saggio «La pittura tedesca» (Milano 1959) in cui mette a fuoco la personalità di diversi pittori tedeschi, la problematicità del loro mondo spirituale riversato su tele e pale d'altare, le latenti disarmonie cromatiche chiaramente riscontrabili in certi dipinti e soprattutto il loro «engagement» sociale, ribadisce quanto segue:

La fantasia di un Dürer non è meno alta di quella di un Grünewald, ma per spiccare il suo volo ha bisogno di una larga e solida piattaforma cementata di esperienza tecnica, di pensiero e di cultura. Mentre in Grünewald essa si lancia subito altissima come per accensione improvvisa, e le sue creazioni hanno sempre qualcosa di fulmineo e di folgorante. D'altronde Grünewald dovette pagare il tributo di questa sua genialità: gigantesca e solitaria, la sua arte non fu produttiva, nel senso che non ebbe dirette conseguenze storiche mentre l'inestimabile tesoro di osservazioni, di meditazioni e di studio raccolto da Dürer finì per creare un mondo così ricco di motivi formali e di implicite possibilità da poter fornire materia largamente utilizzabile ad almeno due generazioni di artisti.84

Di una certa importanza è l'anno 1503, anno che come scrive il Panofsky

... è una pietra miliare nello sviluppo dei rapporti di Dürer con Leonardo da Vinci. Fino a questo momento certi motivi leonardeschi avevano incontrato l'attenzione di Dürer attraverso l'opera di artisti minori come Lorenzo di Credi. Nel 1503 invece dovette avere la possibilità di avvicinare le invenzioni di Leonardo o negli originali o almeno in copie dirette.85

Fra il 1503 e il 1505 in Dürer subentra un periodo di stasi; periodo in cui egli vuole esaminare se stesso e la sua capacità di essere o di non essere l'artista che ambisce. Trascorre momenti di melanconia e di esaltazione, momenti in cui crede di poter ritrarre sulla tela o di incidere sulla tavoletta tutte le immagini e le figure che popolano la sua fervida fantasia, dando ad esse espressioni diverse, che rispecchiano il suo stato d'animo a volte abulico e triste, a volte ilare e sereno... Ma ancora una volta l'artista si sente pervaso da quell'inquietudine che si era impadronita di lui anni prima. Alcuni avvenimenti - giudicati premonitori di catastrofi e morte - spaventano le genti: si pensa alla fine del mondo, preannunciata, secondo le diffuse credenze non solo del volgo, dalla esplosione e diffusione di epidemie che spandono il terrore fra la popolazione. Anche Dürer ne è scosso ed esterna la sua angoscia in tragici e macabri ritratti e dipinti, in cui predominano le figurazioni della Morte. Per sottrarsi a quell'atmosfera di incubo e di disperazione gli rimane una sola cosa: la fuga. E verso la fine del 1505 (nel settembre) l'artista lascia Norimberga, affida la sua bottega ad un certo Baldung Grien e passando per Ausburg, dove è ospite dei ricchi Fugger, raggiunge Venezia, città piena di malia che esercita un misterioso incanto sui viaggiatori nordici. In Dürer avviene l'impatto del vecchio con il nuovo. Non ci sono né vinti né vincitori perché nell'artista tedesco tutto è un cammino di riflessione, di elaborazione e di introspezione: infatti Dürer ha innovato un atteggiamento, messo in rilievo una linea, accentuato motivi che prima erano di sottofondo, sottoponendo ogni immagine, che balenava davanti ai suoi occhi, alla sua vocazione e alla sua «voce» interiore. Critica il passato senza mai sottovalutarlo; ne conserverà gli insegnamenti da lui ritenuti validi tenendo conto con vivace sensibilità delle nuove suggestioni suscettibili di riscattare quanto di aleatorio si presenta nelle antiche componenti.

Soprattutto il secondo viaggio a Venezia serve ad Albrecht Dürer per aprire nuove vie pittoriche ed estrinsecare così la sua reazione ad un complesso di condizionamento medievale.

Anche in questo secondo viaggio l'Artista viene aiutato largamente dall'amico Pirckheimer:

Pirckheimer half dem Freunde mit einem beträchtlichen Geldbetrag - scrive Ludwig Grote - die Kosten der Reise zu bestreiten. Dürer nahm sechs kleinere auf Vorrat gemalte Bilder - wohl Mariendarstellungen - mit, die er bald in Venedig für durchschnittlich 9 Dukaten für das Stück verkaufen konnte. Ausserdem hatte er Abzüge seiner Druckgraphik bei sich. Seine Blätter waren in Italien schon bekannt...86

Siccome Dürer non è commerciante, non può quindi alloggiare nella «Deutsches Haus», (distrutta anche da un incendio nella notte fra il 27 e 28 gennaio). Ripiega quindi su una pensione di un certo Peter Pander, nei pressi della Chiesa di San Bartolomeo: «Unter den zahlreichen deutschen Gasthöfen Venedigs war der von Peter Pander der erste am Platze».87

Dal secondo soggiorno veneziano (1505-1506) ci rimangono le. nove lettere che Dürer invia a Pirckheimer, definito di volta in volta «lieber Herr Pirckheimer», «Vater» e «Anreger...», in cui parla del suo lavoro, delle sue amicizie e dell'ambiente veneziano; lettere che sono una simpatica testimonianza sia dell'estro descrittivo e narrativo sia dell'umorismo dell'artista:

Le...lettere esprimono il sollievo di un uomo che era stato diviso tra una moglie sempre scontenta - così registra il Panofsky - e una madre stanca ed eccessivamente devota; riflettono il calore e lo splendore di un ambiente in cui il 'povero pittore' poteva espandersi e diventare un 'gentiluomo'.88

Dürer trova Venezia cambiata: dopo l'incendio del Fondaco, si pensa poca a ricostruirlo, in quanto la Signoria non permette di usare il marmo per fare la facciata. Piccola guerriglia, che esaspera però gli animi: ma

... die Bauherren machen aus der Not eine Tugend; Venedigs junges Genie Giorgione wird die Fassade des Palazzo mit Fresken schmücken... Ein Baumeister aus Augsburg, Hieronymus mit Namen, baut den neuen Fondaco. Seine Augsburger Beziehungen hat Dürer es wohl zu verdanken, dass die deutsche Kaufmannschaft ihn bald nach seiner Ankunft mit dem Altar für San Bartolomeo beauftragt.89

Dürer è già soggetto, per così dire, alla «italienische Gefahr» e in un certo senso l'incontro con l'Italia e con Venezia in particolare, coincide con il periodo della sua maggiore creatività, se in questa espressione vogliamo contemplare anche la perfezione cromatica da lui tanto cercata in Germania e la compiutezza armonica da lui ormai raggiunta.

Nella prima lettera (Venedig, 6 Jänner 1506), considerata dai biografi la più importante in quanto enunciativa delle commissioni ricevute dai Veneziani, Dürer si dilunga a parlare, con garbo e arguzia, della vita che i tedeschi conducono a Venezia «auf der Riva», dei loro commerci (più o meno chiari) e dello loro amicizie. Fra le altre cose l'Artista tedesco ringrazia l'amico per il danaro prestatogli e ne annuncia la restituzione entro breve tempo,

...denn ich habe den Deutschen eine Tafel zu malen, für welche sie mir hundert und zehn Gulden Rheinisch geben... Die werde ich noch innerhalb acht Tagen fertig bringen mit Grundieren und Abziehen. Sodann will ich gleich anfangen sie zu malen, denn sie soll, so Gott will, einen Monat nach Ostern auf dem Altar stehen...»90.

Infatti sembra che questa pala d'Altare, denominata «Das Rosenkranzfest» (olio su tavola, Museo Nazionale, Praga)91, gli sia stata commissionata da Conrad Fuchs, amico del Pirckheimer, e dal dr. Conrad Peutinger per la chiesa dei tedeschi, che era appunto quella di San Bartolomeo.

Dürer si tuffa nel lavoro, ma è al contempo così preso dalla vita di società da non accorgersi che il tempo passa e che quindi non può consegnare il dipinto, come era stato stabilito in un primo tempo, per le Pentecoste:

Aber vor Pfingsten - confessa nuovamente al Pirckheimer - getraue ich mich nicht fertig zu werden...92

Ma poi con una certa vanità l'artista asserisce di aver condotto a termine l'opera in cinque mesi.

Certamente, quando dipinge questa tavola, Dürer sa di avere a Venezia - così afferma Sandro Sponza - giudici molto più attenti di quanti ne avesse avuti in Germania... L'opera doveva piacere a Venezia anche perché non doveva apparire avulsa del tutto dalla cultura figurativa di quella città.93

Le meravigliose giornate veneziane, le lunghe passeggiate in Piazza San Marco, in quel merlettato scenario, e attraverso le calli o lungo la Riva degli Schiavoni, la vista delle belle dame dalle prezione vesti colorate, rendono più aperto e più euforico l'artista. Egli si inorgoglisce di essere tenuto in grande considerazione dai nobili:

Und ich habe um mich ein solches Gedränge von Italienern, dass ich mich zu Zeiten verbergen muss. Die Edelleute wollen mir alle wohl, aber wenige Maler!94

Dürer sarebbe felice di avere presso di sé l'amico e consigliere Pirckheimer,

Ich wollte, dass Ihr hier in Venedig wäret! Es sind so viele artige Gesellen unter den Italienern, die sich je länger je mehr zu mir gesellen, dass es einem wohl ums Herz sein möchte; vernünftige, gute Lautenschläger und Pfeifer.95

Ma più il tempo passa, più Dürer conosce i Veneziani, e più li conosce, più si fa strada nel suo animo la disillusione:

...unter ihnen (i veneziani: n.d.a.) sind auch die untreuesten, verlogene, diebische Bösewichter, von denen ich nicht geglaubt hätte, dass sie auf dem Erdreich lebten...96.

(continua)




NOTE



60 G. L. LUZZATO, Dürer, A. F. Formiggini ed., Roma 1924, Profili nr. 72, pg. 13

61 M. PALTRINIERI, op. cit., pg. 25

62 F. DE POLI, Dürer, I Geni dell'arte, (cfr. M. Paltrinieri), pg. 82

63 Cit. da G. ZAMPA, op. cit., pg. 14

64 Willibald Pirckheimer era sceso ancora diciottenne in Italia ed aveva studiato a Padova e Pavia diritto civile e diritto canonico. Legato da profonda amicizia a Pico della Mirandola (di cui era anche un grande ammiratore) il Pirckheimer, nonostante presso l'Università patavina dominasse l'aristotelismo e lo stoicismo, era entrato nella sfera dell'influenza del circolo platonico fiorentino (fondato nel 1459 da Cosimo de' Medici e Marsilio Ficino), la cui dottrina rivendicava i diritti della personalità umana come opposizione al rigido formalismo medievale di stampo aristotelico.

65 F. DE POLI, op. cit., pg. 70.

Cfr. anche H. E. PAPPENHEIM, Dürer im Etschland, loc. cit., pg. 58

«Weitere Thesen betreffen die Landschaft des Wiener 'Allerheiligenbildes'. Schon die Vorzeichnung vor 1508 zeigt einen langen See mit einer Barke, hügeligen Ufern mit grünen buschigen Bäumen und an einer Einbuchtung ein Uferstädtchen. Auf dem Gemälde von 1511 ist das Ufer in der rechten Mitte felsig, links erheben sich Berge mit Gebäuden und am Ufer ein runder Turm. Die Bildbeschreibungen seit dem 17. Jahr-hundert sprechen hier von einem grossen See oder Meer. J. Heller fühlte sich an Italien erinnert (...) Stricker teilte nun im Jahre 1892 v. Terey mit, sie stelle den Teil des Gardasees mit Malcesine dar, woran auch Conway und Ottmann glaubten».

66 W. BRAUNFELS, loc. cit., pg. 11

«Dürer hat das Motiv als 'fenedier klawsen' beschriftet. Das ist missverständlich, doch im Grunde genau richtig. 1483 war der Ort von den Venetianern eingeäschert worden, indes bis 1509 bei dem Fürstentum Trient und unter der Oberherrschaft seines Bischofs geblieben. Die Grenze nach Venedig befand sich 2,5 km südlich von Arco beim Ponte del Ravanello, der Rettichbrücke. Die Burg konnte mit gutem Grund als Grenzfestung bezeichnet werden».

67 Cit. da O.v. LUTTEROTTI, loc. cit., pg. 56

68 Cit. da W. BRAUNFELS, loc. cit., pg. 7

69 A. GORFER, Il Castello del Buon Consiglio, Vecchie Torri, Chiese del Concilio in Trento, Manfrini ed., Rovereto 1964, pg. 7

70 L. GROTE, op. cit., pg. 14

71 J. WIRTH, Dürer Albrecht, in Enciclopedia Europea, Garzanti, Milano 1977 (79), vol. IV, pg. 309

72 E. ULLMANN, op. cit., pg. 30

73 O.v. LUTTEROTTI, op. cit., pg. 157

74 W. BRAUNFELS, op. cit., pg. 8

75 O. GOETZ (hersg.), A. Dürer, Landschaftsaquarelle, Andermann Verlag, Leipzig 1925, pg. 3-4

76 Con la Riforma e la Controriforma nasce un movimento iconoclastico. Se calvinisti e zwingliani distruggono e combattono le immagini che possono commuovere più delle parole ed essere quindi più perniciose, gli uomini della Controriforma si preoccupano di quanto di troppo profano può esibire l'arte sacra. Ci piace ricordare che il Cardinale Gabriele Paleotti, che fu anche al Concilio di Trento, e che possiamo ritenere ancorato ad un gusto serio, umano, se pur conformistico della vita, ammirò nel Dürer l'osservanza della «santità et honestà».

77 R. F. TIMKEN - ZINKANN, Ein Mensch namens Dürer: Des Künstlers Leben, Ideen, Umwelt, Gebr. Mann Verlag, Berrlin 1972, pg. 63-65

«Seine (di Dürer: n.d.a.) Darstellungen der Landleute zeigen weder Verachtung noch Hass, - scrive il Timken-Zinkann - aber ein gutmütiger Spott ist nicht zu verkennen... Diese wohlgenährten, etwas tölpelhaften Gestalten werden mit Dürerschem Realismus und Witz gezeichnet».

Dürer non parteggia certamente per i ribelli: ma un senso di pietà e di compassione davanti ad una tragedia così grande riempie il suo cuore. L'artista esegue il lavoro con la perizia di sempre: «Doch kann mit Sicherheit angenommen werden, - continua il critico - dass er mit dem Entwurf für das Monument sein Mitgefühl für die Besiegten und Verfolgten ausgedrückt hat».

78 E ULLMANN, op. cit., pg. 32

79 Ibidem

80 Ibidem, pg. 42

81 M. FOSSI TODOROW, op.cit., pg. 5

82 W. BONGARD-M. MENDE, Dürer heute, H. Moos Verlag, München 1971, pg. 13 Sembra che la figura di Eva per quei tempi fosse stata «ganz schön sexy»,

83 M. STECK, op. cit., pg. 46

84 cit. da G. ARGENTIERI, op. cit., pg. 25

85 E. PANOFSKY, op. cit., pg. 120

86 L. GROTE, op. cit., pg. 50

87 Ibidem, pg. 51

88 E. PANOFSKY, op. cit., pg. 44

89 M. STECK, op. cit., pg. 44

90 A. DÜRER, op. cit., pg. 112 (Venedig, 6. Jänner 1506)

91 Per quanto riguarda il significato della denominazione data alla pala, «Das Rosenkranzfest», vedi E. PANOFSKY, op. cit., pg. 145 e segg.

92 A. DÜRER, op. cit., pg. 116 (Venedig, 28. Februar 1506)

93 S. SPONZA, La pala di San Bartolomeo, in Catalogo della Mostra del Giorgione a Venezia, Electa, Milano 1978, pg. 86

94 A. DÜRER, op. cit., pg. 117

95 Ibidem, pg. 114 (Venedig, 7. Februar 1506)

96 Ibidem