IL CRISTALLO, 2008 L 1 | [stampa] |
L'"immortale"(?) autore di tanti"Don Camillo e Peppone", monarchico, fautore per taluni del "compromesso storico" ante litteram (il sindaco "iper-sovietico" Peppone e il muscoloso parroco DC Don Camillo), autore dichiarato dello slogan elettorale che nel 1948 contribuì a far vincere la DC contro il raggruppamento legato al PCI (il "Mondo Libero"contro l'"Impero del Male", ma, al di là della retorica dei termini, vorrei sapere chi, anche dello schieramento più vicino al comunismo, potrebbe dolersi dell'esito di quelle elezioni) "Nel segreto dell'urna Dio ti vede, Stalin no!", viene ora eternato in una serie di libri che ne ricordano il quarantennale della morte (il da lui non certo amato 1968). In questo "Guareschi, uno scrittore coi baffi", Carlo Stagnaro, giovane studioso, direttore dell'Istituto ricerche dell'Istituto Bruno Leoni, che cita a più riprese un economista, sociologo, "pensatore" come Murray Rothbard, teorico dell'"anarco-capitalismo"e altri autori iper-liberisti à la Antonio Martino, fa un'analisi, dal punto di vista letterario magari non troppo rigorosa, ma sicuramente efficace nel risultato finale, dei temi fondamentali di questo significativo scrittore "padano", emiliano, comunque. Ne emerge non già l'apologeta del compromesso storico, al contrario una sorta di anarchico-conservatore, cattolico a 360 gradi, che, per es., "avversa ogni pretesa pedagogica da parte dello Stato", che "fa risaltare la differenza sostanziale che esiste tra la "massa comunista" e l' "apparato comunista" (da una lettera di Guareschi ad Angelo Rizzoli, citata nel volume). Un tema, questo, che, qui declinato in chiave conservatore, vale comunque anche dopo e in altro senso; se Guareschi avesse potuto vivere il dramma del 1989/1990, con la débacle del "popolo" e del "partito comunista" (solo in questo accomunati, peraltro), non tanto e non solo il crollo dei regimi dell'Est ma la svolta occhettiana della Bolognina, quando il PCI divenne PDS, avrebbe potuto constatare la validità almeno di questa sua tesi, con l'incomprensione prima da parte della "massa comunista", poi con la sua sostanziale accettazione della svolta. Che poi Occhetto non fosse né D'Alema né Veltroni è un altro problema (né Occhetto avallò le svolte successive) può essere vero, anzi quasi certamente lo è (cfr. le sue dissociazioni ma anche esclusioni, da anni ormai, dai vertici DS, per non dire della svolta PD...), ma qui non ci interessa più di tanto. Forse è meglio rilevare il carattere nettamente anti- (ma anche pre) conciliare dei "Don Camillo" di Guareschi, scrittore profondamente convinto dell'autorità assoluta, in ogni campo del sapere (fede, morale, vita attiva, orientamenti teorici, pur se non era un teorico...) del Papa e della curia, ma al tempo stesso feroce critico dello statalismo d'origine sovietista, più che "sovietico" (i Soviet, all'inizio, erano organi di democrazia diretta, non di potere statuale). Se Guareschi, con il suo-i suoi romanzi-racconti su Don Camillo e Peppone, più che con altri scritti, rimane popolarissimo anche all'estero (Germania, Francia, ma anche all'Est e non solo in Europa) ciò non è dovuto solo ai film - quasi tutti diretti dal francese Julian Duvivier, regista intelligente e autore di ben altre opere cinematografiche - ma anche allo stile guareschiano, alieno (lo si voglia o no, peraltro) da metafore, ellissi, allegorie e simbolismi, diretto, dialogato, "popolare" (anche se l'aggettivo lo uso a malincuore, non capendo dove stia lo stile "popolare"). Un aspetto che il non-studioso di letteratura Stagnaro mette comunque in evidenza con grande efficacia, specie nella prima parte del piccolo volume.