IL CRISTALLO, 2008 L 1 | [stampa] |
Un viaggio attraverso due secoli della nostra letteratura condotto sui generi letterari della novella e del teatro, ricco di riferimenti ai testi, spesso riportati negli scorci essenziali.
Nel primo capitolo il critico mostra come la descrizione lucreziana di Venere e Marte sia stata elaborata da Poliziano, Tasso e Marino con dovizia di particolari e con la presenza di una carica erotica che non compariva nel poeta latino. Venere rappresenta la pace e la prosecuzione della specie, Marte la guerra e la distruzione, ma alla fine Venere trionfa. In un poema intenzionalmente epico come quello del Tasso, l'episodio doveva rappresentare un'eccezione. Nel successivo capitolo parlando de La Cortegiana dell'Aretino, l'Autore rileva come nello scrittore toscano era viva "l'intenzione di opporsi alle forme elevate della cultura umanistica e classicista e, naturalmente, alla moda petrarchista". Nella descrizione del giardino di Nanna, a conclusione del Dialogo, definito affettuosamente "paradisetto" o "l'orto degli orti", ma lontano dai giardini edenici di Dante e del Boccaccio, l'autore osserva: "vi è qualcosa che manca e che non vi è perfetto": manca la classica fontana zampillante e c'è il susino che si sta seccando e quindi viene denominato dal critico "giardino ambiguo", anche per un suo riferimento sessuale. Nell'opera Il filosofo, in cui vengono sceneggiate due novelle, di cui una, la boccaccesca Andreuccio da Perugia, l'Aretino si rivela più abile nella conversazione che nella sceneggiatura e il filosofo di tutti i tempi è visto come uno che dà sentenze poco praticabili ed anche poco veritiere.
Dopo aver esaminato Gli Straccioni di Annibal Caro, le due commedie di Franco Belo Il pedante e Il Beco, oltre a L'Altilia di Raineri, che per il ridotto spazio di una recensione non possiamo far altro che citare, Bárberi Squarotti perviene a Della Porta, "uno dei più proliferi autori della commedia del Cinquecento".
Contrario ad ogni innovazione, s'impegna a "ripetere le strutture comiche più tradizionali, e a riproporle poi, con minime variazioni" per cui "il teatro dallaportiano fornisce il repertorio meglio confezionato e definito degli schemi e delle forme del medioteatro cinquecentesco".
Diversa, per la genialità del suo autore, la commedia di beffa Il Candelaio di Giordano Bruno, più noto come filosofo, dalla stesura molto complicata. Il Boccaccio non mancò di esercitare il suo influsso sulla novellistica del 500, come nelle Cene del Grazzini nel topos del novellare comune e a turno, anche se diversa è la cornice, anche se i personaggi si risolvono tutti nell'azione, senza "agganci e determinazioni precise nell'ambito di una società". Di finzione si può parlare anche per le giovani donne e gli uomini che si riunivano "nelle sere di carnevale a raccontare fino all'alba" nelle Piacevoli notti di Gian Francesco Straparola. La novellistica di quell'epoca ricalca le orme boccaccesche con poche variazioni come gli Ecatommiti di Gianbattista Giraldi, detto Cintio, per l'irrompere dell'evento clamoroso del sacco di Roma, per cui "gli svolgimenti successivi dipendono tutti dalla prima rievocazione, mantenendo la stessa tensione etica e di condanna dei comportamenti irragionevoli e colpevoli".
Il confronto con il Grandi avviene anche nel Guarini riguardo al suo predecessore, il Tasso, col quale nel Pastor Fido in parte concorda e in parte discorda, come viene analiticamente dimostrato nel capitolo a lui dedicato. Si arriva così al Barocco letterario che esprime un nuovo gusto e ha investito le varie letterature europee, che attesta "una straordinaria apertura della positività della lingua a invenzioni verbali e sintattiche" e l'assunzione di nuovi contenuti, come "i temi del fuggire del tempo, del carattere di breve apparenza della bellezza, della precarietà del piacere, dell'appressarsi della morte, della vittoria dell'oblio sulla fama…"
Infine "lo scrittore barocco tende a creare un mondo fantastico che si sostituisce a quello storico". Così nella tragedia Judith di Federigo Della Valle, dove Oloferne viene decapitato dalla donna ebrea, dopo essere stato ubriacato "è la visionarietà che sostituisce la realtà".
Con gli ultimi due capitoli dedicati alla novellistica che trasforma le strutture tradizionali,
si conclude la monumentale opera di Giorgio Bárberi Squarotti che, attraverso sottili analisi e illuminanti sintesi, ci ha dato un quadro completo della novella e del teatro nel Cinque e Seicento della nostra letteratura. Un'opera per gli addetti ai lavori, prevalentemente, ma anche per coloro che desiderano conoscere a fondo un'epoca letteraria spesso dimenticata per il prevalere degli interessi sull'attualità.