IL CRISTALLO, 2008 L 1 [stampa]

MANIFESTA 7 NEL TRENTINO-ALTO ADIGE SÜDTIROL

        
Carla Cardinaletti

 

Manifesta 2, la Biennale di arte contemporanea, è ospitata dalla Regione Trentino–Alto Adige /Südtirol dal 19 luglio al 2 novembre di quest'anno. Per la prima volta realizzata in Italia e nell'ambito di un intero territorio regionale, crocevia di culture e tradizioni diverse, ricca di monumenti storici e di siti di archeologia industriale, coinvolge quattro città, che costituiscono un percorso unitario di collegamento tra Nord e Sud europeo lungo l'asse del Brennero: Fortezza (Bressanone), ex Alumix a Bolzano, il Palazzo delle Poste a Trento, Manifattura Tabacchi e ex Peterlini a Rovereto. I curatori, nominati dal consiglio dell'International Foundation Manifesta e selezionati tra oltre una ventina di candidati, operano nelle singole città come tre unità coordinate ma autonome. Adam Budak a Rovereto sviluppa la sua mostra tra l'edificio industriale novecentensco ex Peterlini e l'ottocentesca Manifattura Tabacchi; Anselm Franke e Hila Peleg a Trento lavorano nel Palazzo delle Poste, edificio razionalista degli anni Trenta Raqs Media Collective, formato da Jeebesh Bagchi, Monica Narula & Shuddhabrata Sengupta, a Bolzano opera in un altro edificio industriale del primo Novecento, l'ex Alumix. Sul progetto della quarta sede espositiva, il grande forte austriaco di Fortezza, converge l'intero team curatoriale con un progetto che esplora la dimensione immateriale. Accanto alle esposizioni di Manifesta 7 si svolgeranno le attività dei Parallel Event in tutto il territorio regionale: un programma selezionato che presenterà circa un centinaio tra mostre, eventi, performance e concerti, realizzati dalle numerose istituzioni e associazioni che già rendono il Trentino-Alto Adige/Südtirol una delle regioni più dinamiche sul versante dell'arte contemporanea.

 

Aspettando "Manifesta"

 

L'Ufficio Cultura Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano ha espresso la volontà di costruire un percorso per coinvolgere i cittadini sui temi dell'arte contemporanea, predisponendo così all'accoglienza, nel territorio dell'Alto Adige, di Manifesta 7, biennale europea di arte contemporanea.

Ho immaginato allora il progetto delle "Serate a tema" un po' come se si dovesse tracciare una mappa e percorrere un territorio di giorno in giorno diverso. Ogni volta con la stessa sensazione di "viaggio" e con la voglia di capire come l'arte sia parte della nostra vita.

Un viaggio senza valigia, nelle discipline del contemporaneo, condiviso e aperto al dialogo, che facesse del confronto un sistema di interazione individuando nelle diverse esperienze una traccia privilegiata per orientarsi. Da queste premesse sono nate le "Serate a tema" articolate in un ciclo di sei incontri mensili, cinque serali più un workshop pomeridiano, tutte aperte ad un pubblico allargato. L'intento è stato quello di individuare nelle serate una struttura agile ma cadenzata come strumento per riflettere e dialogare sul sistema arte. Una mappa di impressioni e spunti, senza sovrapposizione di immagini o aspettative, alle molte sensazioni che Manifesta 7 porterà con sé.

Che cos'è l'arte contemporanea, a che cosa serve? Dove si sviluppa e perché, quale è il suo valore economico, culturale e sociale? Quali le principali manifestazioni internazionali, quali i suoi operatori, chi sono gli artisti e infine… siamo noi gli utenti dell'arte? Queste le principali tematiche affrontate in un format specifico che ha visto per ogni serata la presenza di sei relatori diversi per età, geografia e professione, tutti disposti a raccontare in presa diretta la propria opinione riguardo a tematiche specifiche, secondo un andamento che ha offerto in contemporanea punti di vista diversi, a volte asimmetrici o anche opposti.

Chiamando un vasto team di relatori qualificati e competenti, ho cercato infatti di privilegiare non certo la possibile contrapposizione televisiva ma invece una molteplicità di approccio che lasciasse trasparire, contro la consuetudine di una "voce unica" l'ampio margine di libertà (fattiva, interpretativa e valutativa) che l'arte porta con sé.

Tra i relatori di Aspettando Manifesta ecco allora artisti ma anche ideatori, organizzatori e curatori di mostre, manager e collezionisti, editori ed economisti, appassionati e professori universitari, direttori di istituzioni e coordinatori di spazi alternativi, giornalisti e scrittori, mecenati e sognatori, industriali e galleristi…. un sistema a più voci esente da linguaggi precostituiti.

Paola Tognon

 

 

Gli interventi in queste serate sono stati raccolti e pubblicati in un "Magazin" edito dall'Assessorato provinciale alla cultura italiana di Bolzano. Riproduciamo qui, seguendo le indicazioni della direttrice dell'Ufficio cultura dott. Marisa Giurdanella uno o più interventi per serata.

La prima serata si è domandata come leggere e interpretare il rapporto tra arte comunità contemporanea Giorgio Verzotti, storico e critico d'arte, ideatore e curatore di mostre, docente di Fenomenologia degli stili alla Cattolica di Brescia, è intervenuto domandandosi "Che cos'è l'arte contemporanea? Si intende per arte contemporanea la produzione artistica svolta nell'arco temporale che, secondo la definizione accademica, si apre con la Rivoluzione Francese e continua fino ad oggi. Per definire il nostro ambito di lavoro dobbiamo basarci su pure convenzioni culturali, altrimenti il nostro specifico si perde: pittura o scultura? E allora la decorazione, le arti applicate, l'architettura stessa, il design, come li classifichiamo?La videoarte? Allora il cinema di ricerca? I videoclip musicali? Non sono arte? Non lo sono perché le convenzioni ci impediscono di includere quegli specifici diversi linguaggi in quello più generale dell'arte visiva. Naturalmente gli artisti sono i primi a infrangere le convenzioni, o anche semplicemente a superarle per via dia arricchimento del loro ambito di interesse. Ma noi possiamo venire solo dopo di loro, asserendo che è arte tutto ciò che gli artisti decidono che rientri in questa definizione. A cosa serve l'arte? A cosa serve la decima sinfonia di Mahler? A niente credo, però da quando ho letto sul giornale la recensione di una nuova incisione l'ho comprata, non passa sera che non l'ascolti, a casa mia. Si è creato in me dal nulla un bisogno. Non voglio essere retorico e parlare della spiritualità e cose simili, dirò allora che l'arte come tutta la cultura in generale, funziona come una grande consolazione, proprio nel senso della "consolatione philosophiae" di scolastica memoria L'arte ci consente di superare la nostra finitezza di mortali. A chi si rivolge l'arte? Verrebbe da dire a tutti, ma non lo dirò. L'arte si rivolge a tutti che hanno la disponibilità e la curiosità di ascoltarne le ragioni. A chi accetta di mettere in discussione il proprio universo di valori, e che non teme il confronto con ciò che è nuovo e inaudito. A chi accetta magari di fare fatica per capire, per assimilare strumenti culturali nuovi. L'arte non si rivolge ai dogmatici e agli intolleranti di ogni risma. Per esempio non chi predica contro il "relativismo culturale" e fesserie del genere: Come si inserisce l'arte nella vita della comunità? Si dice che l'arte contemporanea sia ermetica e cerebrale, comprensibile solo a pochi conoscitori. In parte è vero, sarà che la nostra è un'epoca tragica e l'arte manifesta la contraddizione il negativo. Esistono le istituzioni artistiche ed è loro compito divulgare la conoscenza dell'arte contemporanea che non è mai così ostica alla comprensione. Basta formulare i giusti strumenti interpretativi, senza banalizzare, e renderli disponibili alla collettività. Certo ci vogliono musei, università, case editrici, in Italia siamo ancora indietro in questo campo. E poi. Gli artisti non si sono mai sottratti alla loro responsabilità sociopolitica, a fare opere per la collettività, ben al di là del semplice monumento. L'opera pubblica è andato molto più avanti. Ogni volta che l'epoca ne ha espresso il bisogno, l'arte si è mescolata direttamente con il sociale per rispondere alle sue domande, e oggi viviamo in un'altra epoca bisognosa.

Dove si fa arte e con che cosa? Qui si dovrebbe rispondere che si fa dappertutto e con qualsiasi cosa, e in effetti è così, con l'avvertenza che spetta solo agli artisti decidere il modus operandi. Il "dove", poi chiama in causa la questione delle istituzioni, l'altro polo della dialettica, il primo essendo l'artista, il cui rapporto con l'istituzione stessa (galleria, museo, biennale, quadriennale, per non parlare del mercato in quanto tale…) nella storia non è mai stato senza problemi.

L'arte non si fa in uno spazio libero, ma in un campo di forze e controforze dove ognuno articola un ruolo determinato. Trasgredibile finché si vuole. Ma determinato. "

 

Nella seconda serata, dedicata al tema "Dove si fa arte e con che cosa?", Mario Gorni, che si dedica allo studio ed alla promozione della ricerca artistica emergente, fondatore di Careof, curatore di numerose rassegne in Italia e all'estero, docente di videoarte, catalogazione e archiviazione nei corsi Stars presso l'università di Brescia, ha detto che "l'arte contemporanea è tutto quello che fanno gli artisti. L'arte contemporanea è tutto quello che questa mattina fanno gli artisti dell'ultima generazione. Chiaro che questa affermazione lapidaria ha bisogno di approfondimenti, di precisazioni e di sfumature necessarie. I dibattiti servono a questo, no? L'arte serve alla vita, in primo luogo a quella degli artisti, ma poi a quella di tutti gli altri. È anche quello che resta della vita. L'opera è una sintesi potentissima del contesto culturale che l'ha prodotta, lo contiene, lo conserva nel tempo e ce lo restituisce. È memoria reale di quello che è successo poco fa e di quello che è successo anche a noi. È un codice e quindi va decodificato, dobbiamo ogni volta imparare a leggere per capire e trarne vantaggio. Capire l'arte del secolo scorso è imprescindibile se vogliamo capire e sentire cosa è successo davvero nel secolo scorso. L'arte contemporanea è lo specchio dio quello che sta succedendo questa mattina. È il prodotto delle riflessioni e dei riflessi della cultura contemporanea giù fino alla cronaca. Consolida e ci restituisce quello di cui si nutre: lo stare qui questa mattina, in mezzo a quello che ci sta succedendo intorno.

Ci parla dunque do tutti i problemi che abbiamo, dei precari equilibri ecologici, delle migrazioni epocali degli uomini dal sud verso il nord, del mescolamento delle razze, dei problemi di identità, delle guerre etniche, dello scontro fra le attuali supremazie economiche e non, dei nuovi modelli culturali che ci vengono proposti, della comunicazione e di tutto il resto. È un patrimonio enorme che viene prodotto per tutti noi e che si rivolge a ciascuno di noi. Purtroppo però viene tesaurizzato, cioè sottratto alla comunità e stipato in grandi magazzini in grosse casse di legno. Solo qualche volta ricompare dopo molti anni a piccole dosi in grandi mostre e in grandi musei. Venendo alla mia specifica domanda: Dove si fa arte e con che cosa? Le vostre testimonianze e prospettive fra luoghi istituzionali e spazi alternativi: musei, centri di ricerca, accademie, chiese luoghi di culto, ospedali, gallerie, aeroporti, aziende, ma anche festival, riviste e libri…. . L'arte si fa negli studi degli artisti, e si fa con tutto quello che serve. Più gli artisti hanno disponibilità di denaro, più loro studi sono grandi e belli. Se sono ricchi di famiglia lo studio ce l'hanno subito, sennò aspettano di avere successo. Qualche volta accade che chi è ricco di famiglia riesca anche ad avere subito il successo, ma questa non è una regola fissa. Più gli artisti hanno successo, più il loro lavoro diventa imprenditoriale, assumono operai, usano laboratori, depositi e officine di aziende specializzate, con l'aumento dei costi di produzione e parallelamente dei prezzi di mercato delle opere. Gli artisti giovani che iniziano, di solito non hanno il denaro necessario per la produzione e tanto meno per lo studio, e quindi pensano solamente, fanno progetti sognando ad occhi aperti, e cercano di produrre a proprie spese solo quando riescono a trovarsi un occasione professionale. Quando l'arte esce dallo studio dell'artista può andare ovunque, nelle strade, nelle piazze, nei negozi, nei negozi specializzati che sono gallerie d'arte, nelle fiere, negli ospedali, persino nelle camere mortuarie e poi anche nei musei, ma quello è un punto di arrivo. I musei di solito hanno il ruolo di celebrazione e di riconoscimento dell'importanza dell'artista. Una sorta di certificato di qualità molto caro alle gallerie, che possono così aumentare i loro prezzi sul mercato. Sempre di più gli artisti cercano di coinvolgere il pubblico più ampio, anche rischiando gravi contraddizioni, perché il loro lavoro non resti isolato in una nicchia per il godimento di pochi privilegiati. Ecco, rispetto alla domanda che porrai nella prossima serata: Esiste una nuova economia? L'economia dell'arte secondo la vostra esperienza: il suo rapporto con il Pil nazionale e con lo stipendio mensile…. No, in un'economia di mercato esiste solo l'economia di mercato, la legge della domanda e dell'offerta. Poi esistono i trucchi. Ma di questo noi non siamo esperti e quindi ci conviene tacere".

Proprio di economia parla Andrea Zeppa, vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, mettendo in evidenza come in Italia le fondazioni bancarie rappresentino il maggior contributore privato alla cultura. La Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano destina circa il 42% del suo budget annuo al settore arte e cultura, mostrando una crescente attenzione all'arte contemporanea. "Gli elementi più visibili di questo investimento sono il ruolo di principale investitore privato di Manifesta 7, il rafforzamento della partnership con il nuovo Museion, il progetto Kunst Merano arte". Egli sostiene poi che "è necessario che, accanto ai grandi eventi, cresca un'attenzione per i giovani talenti del territorio".

Sempre sullo stesso argomento Walter Guadagnini, docente all'Accademia di Belle Arti di Bologna, autore di numerose pubblicazioni, con un lungo curriculum di curatore di importanti mostre d'arte e presidente della Commissione scientifica del progetto Unicredit Group per l'arte contemporanea, osserva che " se si pensa che ancora oggi i termini maggiormente utilizzati dalla stampa quando si citano casi di intervento dell'impresa privata sono quelli di mecenatismo e sponsorship, si capisce bene come la percezione comune di queste tematiche sia ancorata a modelli storicamente definiti, ma ormai ampiamente superati dai fatti. Per l'impresa privata l'impegno in ambito culturale è divenuto un nodo strategico, che investe tanto l'ambito della responsabilità sociale, quanto la vita interna dell'impresa stessa. Gli esempi che provengono soprattutto dall'estero ci insegnano che l'arte e nello specifico caso l'arte figurativa nella sua più ampia accezione – può essere uno straordinario strumento di comunicazione interna, che attraverso il collezionismo e il sostegno della creatività contemporanea si possono veicolare una serie di messaggi che incidono nella vita quotidiana dell'impresa, e non solo dal punto di vista delle singole sensibilità estetiche o culturali. A maggior ragione, tale impegno assume senso nei confronti dei territori, delle persone con le quali l'impresa si confronta nel corso della propria attività primaria: la partnership con istituzioni museali attive nel territorio, il sostegno concreto di realizzazioni di opere, la creazione di borse di studio, residenze, favoriscono la crescita complessiva di queste realtà, una presa di coscienza della contemporaneità che può divenire anche motivo identitario centrale.

Su tali basi si è mosso sin dall'inizio il progetto "Unicredit & l'Arte", non casualmente oggi citato in diverse occasioni come modello virtuoso per il nostro paese, e non a caso l'intervento di Unicredit nell'ambito di Manifesta si presenta sotto una definizione, quella di production partner, che evidenzia la scelta di intervenire dove la creatività nasce, nel momento in cui le idee di un'artista si vogliono rendere pienamente operative. Il rapporto tra arte, economia e impresa è dunque da analizzare e studiare al di là degli schemi del passato, all'interno di un panorama culturale ed economico estremamente articolato, che necessita di strumenti altrettanto articolati. "

Ma chi sono gli artisti? Dove studiano? Come vivono? Cosa vogliono raccontarci? Nella serata del 15 maggio sono intervenuti Mario Airò, Claudio Rocchetti, Massimo Bertolini, Moira Ricci, Carla Cardinaletti e Liliana Dozza.

Carla Cardinaletti si è raccontata così: " Scoprirsi "artista" è stato per me un percorso lento e graduale. Appassionata dapprima di letteratura, ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Lettere a Trento. Mi sono creata un percorso di studi che spaziasse dalla letteratura alla sociologia della comunicazione attraverso la filosofia, la storia dell'arte. Così quando la mia relatrice di storia e critica del cinema mi ha proposto una tesi multimediale ho accettato la sfida. Era la fine degli anni Novanta e la multimedialità – che oggi fa parte della nostra vita e dei nostri consumi – era materia di avanguardia per una letterata. Da lì mi sono appassionata ai vari linguaggi visivi della video arte, alla web fiction fino alla regia cinematografica. . Nel frattempo ogni occasione era buona per "scappare" da Bolzano – viaggi, una borsa di studio all'estero, lavori saltuari - fino a quando ho deciso di trasferirmi a Milano e frequentare un master in produzione audiovisiva alla Cattolica a Milano. Video, musica, scrittura creativa e vari esercizi di stile attraverso strumenti e forme per me nuovi, mi hanno dato molti stimoli per continuare la mia ricerca artistica. Anche lavorare in uno studio di progettazione di moda a Milano come creativa mi ha permesso di crescere molto. Vivere in una città come Milano mi "obbliga" confrontarmi – in ambito sia professionale sia artistico – con moltissimi altri, capaci, che hanno voglia di emergere. Questo sicuramente è stimolante, ma è pure molto faticoso. E così notti trascorse a ideare progetti nuovi, a cercare un modo per esprimere pubblicamente le mie opere, concorsi, bandi, occasioni. Tra i primi progetti che ho ideato il più fortunato è stato quello per il Dieselwall di Milano, che mi ha permesso di farmi conoscere e mi ha dato la voglia e la carica di continuare a studiare e sperimentare. Ho trascorso molto tempo al muro della Diesel quando era esposta la mia opera perché avevo ideato un'installazione interattiva e mi interessava vedere la reazione della gente: Era come stare dietro le quinte e affidare al pubblico la paternità dell'opera. Coinvolgere lo spettatore direttamente in un'installazione artistica apre le porte all'inatteso, creare una tensione tra oggetto e pubblico è una dinamica che ricerco e che mi affascina molto perché questa relazione può generare forme via nuove. Così è stato anche per l'installazione agli ex caselli daziari di Porta Nuova a Milano, finanziata dall'Ufficio cultura della Provincia di Bolzano. Sono intervenuta sull'arco cerando un'installazione che facesse rivivere al pubblico il rito del passaggio riflettendo sul concetto di frontiera, su chi è l'altro. Mi rendo conto che il luogo diventa per me uno spunto primario per passare dalla spazialità all'emozionalità, lo vivo come contenitore di esperienze, depositario di memorie collettive o private. Anche per l'installazione alla Torre dell'Eurac a Bolzano il punto di partenza è stato il giroscale della torre, che sale, sale e non porta a nulla. Dall'idea iniziale alla realizzazione pratica passano molti giorni e molte notti. Oltre al tempo occorrono energia, denari e competenze tecniche. Questo significa impegnarsi nella ricerca e nello studio per trovare contributi, sponsor, location, materiali, professionisti. Col tempo e grazie al supporti di Massimo Moavero, che si occupa della progettazione, sto creando un valido staff tecnico disposto ad affrontare le varie sfide. Nel mio caso l'artista deve vestire anche i panni del manager di se stesso, promuovere il proprio lavoro, cercando i mezzi economici e tecnici per poter realizzare quello in cui crede".