IL CRISTALLO, 2008 L 1 | [stampa] |
Genovese di nascita e fiorentino di adozione, Piero Jahier (1884-1966) fu uno degli scrittori italiani del primo Novecento che meglio contribuirono al rinnovamento delle nostre Lettere, con un'intelligenza ed un gusto che lo rendono tuttora attuale.
Sua palestra fu "La Voce", la rivista di Prezzolini, Papini, De Robertis, sulla quale egli compì il suo apprendistato e della quale ebbe la responsabilità amministrativa (ma non bisogna dimenticare la collaborazione da lui tenuta con altre riviste dell'epoca, come "La Riviera Ligure" e "Lacerba").
Certo è che ciò che più lo contraddistingue è il frammentismo vociano, con il suo rifiuto della metrica tradizionale e con la sua rottura dei confini tra poesia e prosa, che in Jahier diede luogo alla creazione di un verso di stampo biblico, dove largo spazio ha l'iterazione e dove rime interne ed assonanze sovente s'incontrano, a rendere più armonioso il periodare, dominato peraltro da un ritmo molto evidente, che lo conduce.
È quanto si rileva sin dai suoi primi testi, quali Quartiere povero, che ha questo incipit: "Per carità non vi lasciate persuadere dal tristo quartiere, colle sue stradine-budelli viscide e nere - Soffocate le ondate di mestizia premicuore - credete nelle colline rinfrescanti - nelle quiete case pulite credete - non vi fermate"; o quali Mi hanno prestato una villa, che così termina: "E noi sposa, ogni giorno, crearci nell'amore, risollevare il segnale della nostra casa, riascoltarci, diversi, nella verità del dolore. Bambini nostri, vi offriamo questi ghiaccioli canditi, la mano nella mano, i nostri cuori uniti".
Quello che sperimenta Jahier è pertanto la tecnica del poemetto in prosa, già adoperata da Baudelaire con Le Spleen de Paris e da Rimbaud con Illuminations e Une Saison en Enfer, arricchendola e impreziosendola peraltro di immagini cariche di un forte impressionismo, che talvolta assumono connotazioni marcatamente espressionistiche. Si veda dall'ultimo testo citato: "Ma di quassù com'era viva la notte invernale! Tranvai operosi tra casa e casa tessono pallottolieri di lumi; - e il treno che ansimava là dietro scrollando tra le buie muraglie di case, eccolo, sportellato di fuoco, conquistare via libera nel suo rettilineo binario campagna, stendere le sue bielle nervose, elasticamente doppiare la curva coi tre rubini della coda snodata".
Un tale tipo di scrittura comporta un continuo adeguamento dello scrivente al proprio ritmo interno ed un suo reiterato sforzo inventivo, per raggiungere la rappresentazione più efficace e immediata dell'idea o dell'emozione che deve esprimere, facendo talora anche ricorso a neologismi o ad inusitati accostamenti verbali, come ad esempio: "strada ariacorrente"; "gugliata di respiro"; "polvere che dà il tossicone"; "bambino ... rinnovato dalla lavata di viso cancellapianto"; "albero derelitto schiantamuro"; "pigra vita chiacchierativa"; "occhio tracciasentieri"; "coleottero ronzato via"; "fratellevoli barili di vino"; "brunita piana acquarellata"; ecc.
Ma la caratteristica che più contraddistingue Jahier sta nel profondo sentimento morale che - come qualcuno ha osservato - lo accosta più a Boine e a Slataper che agli altri vociani e accompagna, con la nobiltà del sentire, l'intera sua opera, contenuta fondamentalmente in Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi (1915), Ragazzo e Con me e con gli alpini (entrambi del 1919). Tale aspetto della sua personalità certamente deriva da consolidate tradizioni familiari, dato che per parte paterna egli discendeva da un'antica famiglia valdese ed il padre era stato un Pastore Evangelico.
Significativa è, a tale proposito, dal suo primo libro, la Canzone per arrivare alla fine del mese, nella quale, parlando delle ristrettezze della vita impiegatizia (Jahier visse lavorando come impiegato delle Ferrovie dello Stato), egli ricorda l'episodio del non sollecito pagamento da parte sua al "ciabattino nero" di una risolatura di scarpe; mancanza che generò subito in lui un sentimento di forte autocondanna: "Ho rimorso di non averlo pagato, mentre avevo stanziato la somma. Ho rimorso di aver preferito alla risolatura le poesie di Verlaine". Si legga inoltre, per meglio comprendere il tono e il significato del libro, permeato anche da un marcato intento satirico nei confronti dei piccoli travet e dei loro sfruttatori, Domani l'ufficiale pagatore....
Legati a un sentimento di profonda umanità, che esclude ogni intento polemico o satirico, sono invece Ragazzo e Con me e con gli alpini, libri nei quali prevale l'ispirazione lirica, anche se un sano realismo entrambi li attraversa e li regge.
Schiettezza ed autenticità sono alla base di queste pagine, nelle quali l'autore riesce a dire tutto di sé senza nulla concedere alla retorica, esprimendosi sempre con originalità ed estrema naturalezza, oltre che sovente con quel modo tutto suo di raccontare in terza persona le proprie esperienze di vita, come avviene in Ragazzo, che così inizia: "Il ragazzo di ginnasio che era al suo banco e si commoveva al destino di Milziade: sed in Miltiade... tum mira communitas, ut nemo tam humilis esset cui non ad eum aditum pateret, quando chiamarono il suo nome trasalì come uno che aspetta sempre: «Una donna lo cerca». Allora diventò smorto e volava pei corridoi stringendo sempre la sua penna nel pugno" (La morte del padre).
I moti più segreti dell'animo sono espressi in questo libro con la massima semplicità e con grande finezza d'intuito psicologico, attraverso una prosa lirica agile e mossa, caratterizzata da un alternarsi di passi dai toni alti con altri dai toni più propriamente narrativi; di momenti di tesa riflessione morale con momenti nei quali l'autore perviene, sempre sotto il lucido sguardo della mente, a sorridenti compromessi con la propria coscienza (si veda, ad esempio, Il guadagno).
È questa comunque una prosa che ha sempre un suo ritmo, una sua musica interna che trascina e che affascina. Tipici sono certi periodi de Il paese delle vacanze: "Dei miei parenti io non voglio bene alle cugine che vanno alla fabbrica ... Voglio bene invece alla mia cugina Octavie che mi conduce a badare le vacche. Le vacche vanno avanti una per una sventagliandosi colla nappa della coda. Qualche volta si soffermano a soffiar nella polvere o alzano il muso che pare annusin le nuvole. Quando sono arrivate al prato attaccano subito l'erba, e con la lingua s'ingegnano ad agguantar le rame più basse degli alberi".
Vi è senza dubbio in Jahier un profondo amore per la natura, che traspare dal suo modo estatico e commosso di contemplarla ("mi apparvero allo sbocco, in corona, pulite nel contrasto dei venti, le grandi montagne centovisi"), così come vi è in lui un sincero amore per la gente semplice e franca dei monti, di cui ci parla nel suo terzo libro, Con me e con gli alpini. "O nostra patria pura tra i venti e i geli! Veniva appena dal Cordevole la romba del cannone remoto, come un avvertimento a godere il bene oggi che è giorno di bene. Il cielo miosotide ritagliava le cento torri, amoroso. Allora la lunga fila fraterna ha sentito bisogno di dire qualcosa. A un tratto si è aperta l'armonica delle quattro voci e ha aggiunto alla terra serenata. (...) Ero indietro, quando il canto si è alzato così improvviso. Ho visto sollevarsi al suo tempo e riabbassarsi tutte le schiene e tutti i bastoni, man mano che l'ondata prendeva la fila in salita. Mi son trovato gli occhi pieni di lacrime, e tra le lacrime a balbettare parole" (La bella giornata che mi hanno parlato).
Chi vorrà comprendere il clima e la tensione spirituale in cui vissero i nostri alpini durante la Prima Guerra Mondiale non potrà omettere di immergersi in queste pagine, dove la parola sgorga dal profondo ed è detta con assoluta sincerità. Qui la prosa sconfina naturalmente nella poesia, di cui contiene lo slancio, come accade in Prima marcia alpina, Canto di marcia, Attacco e abbandono della posizione di S. Osvaldo, che sono tra le cose più alte di Jahier, insieme a Canto della sposa: certo tra quelle per le quali anche in futuro egli sarà ricordato. Jahier infatti qui è andato ben oltre la pura satira politica di Parola d'ordine e di Wir müssen o la sperimentazione un po' futurista di Allegri italiani!, di Finalmente e di Pane Primo-Ultimo avviso, per raggiungere la vera universalità, toccando con slancio e verità le corde più profonde del cuore umano. Ed è ciò che rende tuttora viva la sua lezione di stile e sempre attuale la sua parola.